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    Michele (in arte Mikelangelo) Loconte si racconta in esclusiva a lanotiziaweb.it

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    In un caldo pomeriggio d’estate, sabato 28 Agosto, incontriamo Michele (in arte Mikelangelo) Loconte nella sua casa a Cerignola. Un momento davvero speciale ed emozionante poiché l’artista, oggi ai vertici delle classifiche mondiali, si racconta in esclusiva e con un tono assai amichevole al pubblico italiano. Quasi un’ora ininterrotta di risposte con un inizio assai particolare: infatti, siamo partiti con un breve giro di accordi improvvisati con una chitarra acustica, e poi via con l’intervista…

    1. Ciao come stai? Ciao a tutti, mi chiamo Michele Loconte e sono un bravo ragazzo che fa musica e sto bene.
    2. Ci racconti un po’ questa tua esperienza nel musical francese Mozart l’opera rock? Nel periodo in cui tutto è cominciato, facevo dei concerti un po’ in tutte le nazioni che costeggiano il Belgio in Europa, e poi ho cominciato a viaggiare di più e, invece di andare in Germania o in Olanda, sono andato in Brasile a fare concerti in tournèe con un gruppo tedesco rock. Si cominciò così a conoscere il mio essere pazzerello, perché era quella l’impressione che volevo dare in quel tour rock. Mi lasciavo proprio andare durante i live, anche più di quello che facevo in passato a Cerignola, e tutti parlavano di me. In quel periodo ho conosciuto molti artisti con i quali ho collaborato, ed erano tutti importanti; io ci suonavo con gente importante, non so se meritatamente o meno, però ci suonavo. Ho conosciuto Jean Pierre Pilot, che senza sentirmi ancora aveva pensato a me per il musical, solo per quel che si diceva su di me, e mi ha invitato all’audizione. All’inizio non ho risposto perché non mi andava di far parte di una commedia musicale, non erano le mie intenzioni; preferivo fare un disco, partire dal basso, e metterci tanti anni per diventare qualcuno, e non m’interessava il successo lampo, tipo reality show o accademie della musica. Dopo due mesi dal mio rifiuto, mi hanno ritelefonato e mi hanno detto passa da noi perché abbiamo visto delle tue cose su internet e ci interessi. Sono andato e quando ho capito che era una cosa seria ci sono rimasto. Quando ho capito che era il musical col budget più importante d’Europa, e poi soprattutto un musical che avrebbe venduto molti di dischi, che sarebbe stato fertile per delle carriere solo, ho accettato.
    3. Quanto credi abbia contato il talento e quanto la fortuna nella tua esperienza? Ci sono persone che ho costeggiato che dicono che la fortuna non esiste né il caso. Invece esistono il destino e il talento. E’ importante trovarsi nel posto giusto al momento giusto. Anche io, ad esempio, faccio cose in Francia e vivo lì, però ora sto parlando con te che fai musica a Cerignola  e stai a Cerignola, ecco che un giorno tu potresti fare cose importanti e collaboriamo insieme perché ci siamo trovati qui in questo preciso momento, anche se comunque ci conosciamo da anni e siamo amici. A me hanno detto una frase, cioè prima non ero pronto per una carriera ed è per questo che ci sono arrivato a 34 anni al successo, perché dicono che quando sei pronto accade sempre qualcosa. Almeno qualcuno ti nota e accade qualcosa, parla di te. Io più vado avanti e più noto che la fortuna e il caso non c’entrano molto in questo mestiere.
    4. Quindi anche come consiglio da dare ai nuovi talenti tu non credi troppo alla fortuna? Quello che io ho da consigliare ai nuovi talenti è una cosa abbastanza originale; ragazzi che fate musica, che fate danza, audio visuale e che fate tutto questo, c’è una cosa che dovete capire e che è molto importante, l’artista deve progettare il suo messaggio, da solo e non attraverso la televisione. Se le zie ti dicono che sei bravo e piangono e si commuovono quando canti, non vuol dire che tu puoi andare in televisione. Saper cantare non è sufficiente, così come saper suonare non è sufficiente, ci sono tanti cantanti più bravi di me e non sono famosi. Si sceglie una persona per l’attitudine e per il messaggio che da; quindi, invece di andare nei programmi come “X factor”, a dire io so cantare quindi canto Whitney Houston, Califano, i Ricchi e poveri, che non c’entrano niente l’uno con l’altro, si deve preparare un messaggio, preparare la canzone che si vuole eseguire, e si deve avere un universo e un’identità o un’attitudine importante. Renato Zero ha un’attitudine per quello che fa. Voglio dire che ci sono persone che riempiono un vuoto che c’è, quindi è importante essere qualcuno quando ci si presenta. Non lo si è mai presto qualcuno, e questa è una cosa che va attraverso gli anni, io sono bravo e basta, faccio le canzoni e sono bravo, però ci vuole qualcosa di più, un messaggio forte. Non puoi fare UP di Walt Disney solo perché sai fare un cartone animato, devi avere un messaggio.
    5. Ci parli delle tue influenze musicali. Io ho cominciato con quello che chiamavamo all’epoca, negli anni 80, il Dark. Quindi sono un figlio della New Wave, sono nato con gruppi come i Bauhaus, Cure, ascoltavo molto un gruppo che si chiamava Cristian Death, perché era quello che io all’epoca chiamavo Speed Dark, cioè mi interessava una musica triste, con ritmi rock più veloci. Secondo me è un ramo della musica che è stato tagliato il Dark, che era vero rock, ma è stato fatto apposta perché era una musica libera. Il Trash non è sempre libero oggi, per questo i “trasharoli” si sono messi i pantaloni corti del Rap, perché le case discografiche hanno inventato che si potevano unire i due pubblici, anche perché la protesta era la stessa. Quelle sono cose che si decidono a tavolino. Invece esistono musiche libere, i Led Zeppelin erano liberi, si sono battuti tanto quando hanno fatto Whole lotta love, come tu ricordi sicuramente avendo suonato i Led Zeppelin, per allungare il Single nella parte psichedelica a metà canzone, contro il volere della casa discografica lo hanno lasciato sul disco. Quindi, una volta i gruppi erano liberi, oggi non lo sono più. E’ importante la protesta nell’arte ed è importante la libertà e l’innovazione nell’arte. Le mie influenze sono state il rock dei Led Zeppelin, che suoni anche tu, e il Dark con tutta la tendenza degli anni 80, ecco perché facevo parte del gruppo Art Decade che ripercorreva proprio quella strada, il primo a far conoscere all’epoca questo tipo di musica ai ragazzini. Ai nostri tempi non c’era internet, quindi i dischi si andavano a comprare a Foggia oppure a un negozio di Cerignola che però non li aveva mai e doveva ordinarli, e quando vedevamo un gruppo le cose ce le inventavamo dalle immagini dei vinili. Tipo hai presente i Litfiba, guardando la foto dietro il disco ci immaginavamo i movimenti e gli atteggiamenti. Sai che il cantante si muove strano e ha la gonna, no davvero, e quindi provavamo a immaginare. Era complicato per noi all’epoca perché non avevamo alcun mezzo per vedere tutto questo. Tante leggende su false morti, chi mangiava pipistrelli e quant’altro. Telefonate anonime in cerchio ascoltando 17 Re dei Litfiba. Cose proprio assurde, eravamo degli “scoppiati” all’epoca perché non avevamo nulla e quindi ci immaginavamo tutto. I giovani di adesso invece sanno tutto e forse non sanno immaginare.
    6. E cosa era meglio prima o oggi? Prima rientravi a casa con una patacca, il vinile, che ti dava una certa soddisfazione che oggi non c’è più col cd, che magari metti in tasca e perdi pure la custodia. Invece prima se ti lasciavano la carta velina intorno al disco la curavi, il disco era una cosa sacra, le canzoni erano sacre le ascoltavi tutte, tutti i testi. Prima c’era qualcosa di più magico, adesso il cd si smercia dappertutto.
    7. Chi ti ha aiutato in passato nella crescita musicale, visto che si può dire che tu sia vicino alla musica da quando sei nato? In centri abitati come questo, a volte incontri gente per strada che ti dice io t’ho cresciuto, in realtà non è mai vero. Una persona si cresce da sola, cioè nel senso che incontra delle persone importanti che ti fanno conosce un disco o qualcosa e tu dopo, prendi quello che devi prendere. Per me è stato molto importante il mio amico Daniele Russo perché aveva tutti i dischi, un ragazzo che suonava il basso e aveva la fortuna e l’intelligenza di avere tutti i dischi. Quando un ragazzo ha la collezione dei Beatles e si è adolescenti, in un’epoca nella quale non si comprano facilmente i dischi, è importante per la formazione musicale. Il mio primo disco ascoltato è stato di Fred Buscaglione, e che tutte le mie amicizie musicali e tutti i dischi che ho comprato mi sono serviti, tipo Just One Tree degli U2 mi ha aiutato molto, anche un disco di David Bowie che mi ha aperto gli occhi. Dischi che mi hanno aiutato a fare musica perché all’epoca sapevo ascoltarli. Le persone molto importanti sono stati gli amici del gruppo Art Decade, come Francesco Carnevale, Daniele Russo, ecc., che avevano già fatto dei live e sapevano ascoltare i dischi. Mi hanno insegnato a fare musica, l’importanza degli stacchi in un brano e così via. Anche i locali di quel periodo hanno segnato la mia vita, tipo Il Caffè del Conte di Mario. Ci sono state delle persone che sono state fondamentali per me, grazie a loro abbiamo ascoltato musica dal vivo, però una persona si fa da sola, nell’ascolto soprattutto si fa da sola.
    8. Sei partito con la valigia piena di sogni e sei tornato con una realtà, il successo: come rivedi la tua città di origine adesso? Io ricordo la mia città di origine come un posto dove c’erano parecchi sogni, sogni frustrati, sogni che non potrai mai realizzare, per questo è bello poi quando uno di noi fa carriera. Qui ci sono stati molti ragazzi che sono usciti come Savino, Michele Lastella, anche Rosario, perché noi avevamo davvero dei sogni, e invece poi quando vedi un sacco di pizzerie che si aprono, ragazzini cicciottelli che pensano alle macchine e ai cellulari, ti accorgi che è un peccato perché finchè ci sono i sogni c’è materia e puoi andare da qualche parte. Invece, quando i sogni sono i soldi, e noi non sognavamo soldi, noi sognavamo la gloria e il rispetto di tutto il resto della cittadina, io ho sempre sognato di tornare un giorno qui e la gente mi facesse i complimenti “madù mk’ che a cumbn’t”  complimenti. Ci davamo forza tra di noi: ricordo un amico, Pasquale, che diceva “mk’ tu non devi stare qua, tu devi andare a Firenze perché hai una faccia da Firenze”, e tutte ste cose qua. Tra amici ci siamo sempre supportati e consigliati di andare fuori. Oggi invece vedo che qui ci stanno bene i cerignolani, non vogliono andare via. Non vogliono fare carriera in niente, non vogliono studiare, nulla! Non vogliono suonare, capire…o in pizzeria o nulla. Macchina, pomiciata con la ragazza e basta, sogni zero! E questo mi dispiace.
    9. Negli ultimi 4 o 5 anni c’è stato un bel fermento di giovani musicisti qui a Cerignola, forse grazie alle scuole musicali o alla mentalità: cosa senti di poter consigliare ai tanti giovani che si avvicinano a questo mondo artistico?Io ho ritrovato qualche tempo fa un block notes di matematica che avevo all’istituto d’arte, dove c’era un messaggio scritto, cioè io mi ero dedicato un messaggio per quando sarei diventato qualcuno, e c’era scritto: adesso che sei diventato qualcuno ricordati che c’era qualcosa qui in questa città e dentro di te che stai perdendo…e che se non ce l’hai più la devi ritrovare perché sennò non puoi fare quello che vuoi fare davvero, e non potrai mai farlo bene. Io consiglio innanzi tutto sviluppare una buona creatività, fare un progetto personale, inventarsi una musica personale, inventarsi un modo di esprimere gli accordi, di scrivere i testi, per quanto riguarda la musica. E poi dopo avere il coraggio di proporlo non in modo volgare, ma di mirare la gente che ci interessa davvero, dal produttore preciso per quel genere. Cioè avere un progetto importante, proprio, è un elemento essenziale in tutte le arti. Se non si ha niente da dire è inutile intraprendere una carriera.
    10. Come ti ha aiutato, se ti ha aiutato, la tua famiglia e cosa sarebbe successo diversamente? Ci sono molte famiglie che aiutano i propri figli all’estero, soprattutto per le famiglie del sud. Io sono stato aiutato molto dai miei genitori, anche economicamente; non chiedevo soldi e loro comunque me li mandavano per sostenermi. Ma la mia vera fortuna non è che i miei genitori mi hanno aiutato, è come mi hanno aiutato. Cioè tu un ragazzo puoi aiutarlo e dire però sai adesso hai trent’anni, trovati un lavoro, ecc. Questo è un modo di aiutare. Loro hanno aiutato nella buona e nella cattiva sorte, cioè mi avrebbero aiutato anche se andava male, perché era una cosa che dovevo provare. I miei genitori sono persone di sinistra, e chi è di sinistra è abituato a sognare, perché comunque la sinistra all’epoca era un ideale, che poi è stato anche tradito da alcuni politici, però la povera gente ha creato la sinistra come risposta al potere economico di certe persone. Una forma di riscatto. Avevano dei sogni e pensavano a gente che poteva aiutarli un giorno, eroi con i baffi che potevano salvarli un giorno, non importa in quale generazione. Queste sono state persone che hanno sognato parecchio e i miei genitori hanno fatto lo stesso con me. Hanno capito che era una cosa seria per me e mi hanno lasciato fare. Quando andava male mi dicevano hai bisogno di soldi, io dicevo no e loro me li mandavano lo stesso. E’ stato importante questo, altrimenti avrei avuto distrazioni e non mi sarei concentrato su quello che volevo fare realmente. Però mettiamo che non mi avessero aiutato: fare il cameriere da qualche parte mi avrebbe distolto dalla musica, forse sarei riuscito perché noi del sud abbiamo una grande forza, siamo gente che non si arrende mai. Nei sogni, nella rabbia e nell’amore siamo gente estrema. Questa rabbia estrema ci fa arrivare sempre, anche se voi siete ragazzi con genitori che non vi aiutano sappiate che la forza che viene dall’essere persone di queste terre del sud, vi farà arrivare ugualmente a realizzare i sogni. Vi può portare molto lontano con delle riuscite pazzesche, con o senza i genitori. Ricordate però che fare il cameriere in un teatro dell’opera non è la stessa cosa del cameriere in un luogo balneare, cioè avvicinarsi il più possibile al proprio mestiere e non perdere il punto di vista.
    11. Il musical ha spopolato in Francia: come mai non siete venuti in Italia, magari anche con una tournèe? Ti dico la vera ragione politica. Allora un uomo che si chiama Berlusconi, che governa l’Italia, ha dimezzato i fondi per l’arte, lo dico proprio in maniera semplice così tutti lo capiscono. Questa è una cosa che normalmente non è stata quasi mai fatta, nemmeno dai dittatori; per me è una grandissima stronzata perché una nazione si fa conoscere all’estero soprattutto attraverso l’arte. Quando abiti in Francia o in Inghilterra e vedi che non arriva nessun film italiano, nessun disco italiano, l’Italia poi non t’interessa più. Non t’interessa più andare a vedere cosa succede in Italia perché credi non succeda niente. Quando metti gli attori italiani nelle condizioni di fare un film con pochissimi soldi, il film non può essere esportato, perché non ha né la pellicola adatta né le installazioni adatte per fare un film quindi, per finire, voglio dire che una grande produzione non puoi farla in Italia, un effetto speciale non lo puoi realizzare. Quindi, si fanno soprattutto i film sulle famiglie, temi italiani sulla famiglia italiana. E questo è un grave problema. Il motivo per cui noi non siamo venuti in Italia e gli incontri che abbiamo avuto con gli italiani sono stati due: il primo, è venuta una delegazione dal Nord Italia a parlare con la mia produzione e voleva realizzare uno spettacolo vecchio che aveva fatto il mio produttore, sempre perché gli italiani ci arrivano dopo 10 anni nelle cose, come è successo per “Notre Dame de Paris” oltre tutto realizzato in piccolo, chiedevano di fare questa cosa in nero. Cioè all’insaputa delle tasse. Ed è una vergogna dire all’italiana ma è vero. I francesi non potranno mai capire una cosa così perché dicono voi mettete in televisione una cosa senza pagare le tasse, non avete paura delle conseguenze, cioè siete dei pazzi, e non è proseguita la trattativa. Secondo incontro: ho incontrato io David Zard, il più grande produttore italiano se vogliamo, che mi ha fatto molti complimenti dicendo io non ho mai visto una tale energia sulla scena, una rabbia così forte. E mi ha detto non posso portare in Italia lo spettacolo perché questi mi rovinano, non hanno ancora capito che non ci sta più una lira in Italia per l’arte. Cioè Berlusconi ha dimezzato i soldi e adesso li sta riducendo ancora di più, quindi l’Italia non può più parlare con nessuno, non si può fare più niente. Se voglio distribuire il mio album in Italia, la pubblicità sarà minima e la distribuzione anche, rispetto ad altre nazioni. Noi abbiamo vinto un disco di Diamante perché c’è stata una grande promozione…in Italia nessuno riesce a vendere ottocento mila copie perché non ci sono i soldi per la promozione. Non è colpa delle persone che stanno all’estero e non è neanche colpa mia, è l’Italia che si sta devastando dal punto di vista artistico culturale. Al limite sarà colpa di Berlusconi e del governo Berlusconi che ha fatto una cosa che non si fa mai, per il bene del nome italiano all’estero. Forse arriverà tra 10 anni e in piccolo (con una controfigura tua magari)…e si. Ma a me non interessa venire con Mozart qui, a me interessa che si faccia qualcosa per il paese.
    12. Si dice che la musica, soprattutto il rock, finisca all’ombra delle alpi e riprenda oltre manica. Tu, alla luce della tua esperienza, cosa senti di poter dire? E’ vero che il centro Europa è più arretrato musicalmente? Siamo noi gli arretrati e non nel talento. Qualsiasi gruppetto di qui ha un arrangiamento nella musica che fa e la fa bene. Siamo arretrati dal punto di vista delle relazioni, cioè non è vero che i francesi sono arretrati perché stanno d’accordo con gli americani. Sai che i francesi ogni tanto fanno uscire un singolo che va dappertutto e colmano la scena. E’ vero che i francesi non hanno mai avuto una cultura e una rivoluzione del rock…però hanno avuto quello che si chiama Yèyè o degli artisti interessanti come Serge Gainsbourg, provocatori che noi non abbiamo avuto, artisti che noi abbiamo anche imitato come Jack Brel, guarda Giorgio Gaber, o anche uno come Brassens richiama molto De Andrè, seppure quest’ultimo sia stato più artistico e musicale rispetto al francese cantastorie. Non è vero che all’estero sono arretrati, è un modo di dire che abbiamo noi qui. Io ho avuto anche contatti con gli americani grazie al successo in Francia, e mi hanno chiesto di fare una canzone per il film “Twilight”, cosa che non mi sarebbe mai successa stando qui in Italia.
    13. Qual è oggi la situazione della discografia e della musica in Italia e nel Mondo oggi? E’ una domanda larga. La discografia è messa in pericolo da internet e dall’evoluzione della cultura. Spero che sparisca questa cultura sempliciotta di oggi, questa tendenza a voler spiegare qualcosa al pubblico. Invece la cultura deve essere più ermetica, quando il messaggio è onesto, è più ermetico. Io vedo una malattia nella musica italiana, ma anche ad altri livelli, tipo l’America, cioè l’imitazione di ciò che ha successo. Una cosa fa successo e tu la imiti, uno col ciuffo fa successo e tu fai il ciuffo e devi fare successo forse minore ma devi. Questa è una cosa che non fa bene alla cultura. L’imitazione toglie il dinamismo culturale, che è quello che fa proliferare le idee.
    14. Siamo alla fine dell’intervista e abbiamo analizzato il passato e il presente. Ora che sei riuscito a estrapolare il singolo dall’intero gruppo che ha lavorato al musical, quali sono i tuoi progetti futuri? Cosa farà adesso Michele o Michelangelo Loconte (questo poi lo concorderai con la Warner Music) nell’immediato futuro? Come tutte le persone che sono riuscite a diventare famose, io ho questo problema, cioè dovrei installare la mia carriera con i chiodi. Devo determinare la durata della mia carriera, cioè invece di farla durare 3 o 5 anni, sto facendo in modo di farla durare molti anni. Sto componendo un mio album solo, e sto cercando di farlo con la mia casa discografica, nella più completa libertà. Poi dopo ci saranno rettifiche per chiarire il messaggio al pubblico. Però sto cercando di fare un album originale che sia apprezzato sia dal pubblico alternativo, sia da quelli che hanno voglia di musica commerciale. Questo è il challenge difficile della mia casa, fare un disco che piaccia a tutti ma che lasci un segno della mia immagine pazzerella che voglio dare. E’ difficile mantenere la carriera e sto chiedendo molti consigli a tanti colleghi francesi. I miei progetti futuri sono un album solo, e poi siccome sono anche un disegnatore vorrei realizzare un libro di poesie e disegni. Non per essere presente però solo nello spettacolo, perché io ho detto già in un’intervista in Francia abbastanza rilevante, io non faccio tutto questo per vivere meglio, come tanti altri artisti, faccio tutto questo per morire meglio. Cioè è lì la differenza tra me e gli altri. Per questo quando farò un disco o un libro non sarà per andare a bere il cocktail nel locale prestigioso o per avere i soldi che arrivano dalle royalty e dai diritti d’autore, ma sarà soprattutto per alzare la testa e dire io ho fatto questo, è un modo di morire che mi sono inventato eroicamente e molto originale e onesto.
    15. In questi tuoi progetti futuri hai intenzione di collaborare con artisti italiani o con vecchi amici (talenti) cerignolani, o anche con nuove conoscenze del tuo paese, visto che adesso sei tornato da vincitore? Ovviamente io adesso non è che necessiti di talenti, perché ne ho parecchi intorno. Poi ho il problema che molto spesso in questi mestieri il talento a un certo punto non basta, serve un po’ di carattere e di esperienza. Quindi è sempre più facile chiamare le persone che sai che hanno il carattere, che sai che hanno l’esperienza, e che vanno d’accordo con tutto il resto dei tuoi collaboratori. E’ chiaro che anche io ho dei sogni , per esempio ho sempre voluto, quando ascolti le registrazioni di Piero Monterisi, che ha lavorato con persone e produttori importanti, non solo in Italia, ti accorgi che è un originale, cioè ha una certa follia, quindi quando fai rock pensi cazzo volevo sentire su questa canzone la versione di Piero Monterisi, che cosa ne faceva e come mi metteva la batteria. E’ chiaro che hai delle voglie poi. Io per esempio una volta mi sono tolto uno sfizio, abbiamo chiamato Dedè Ceccarelli e gli abbiamo fatto registrare delle cose. Quelle registrazioni non mi serviranno forse a nulla, nel senso che non sono commerciabili, perché sono un’interpretazione della mia voce e della mia musica da parte sua. Sono cose talmente originali che non suonano come un single, però lui ne ha fatto un opera d’arte ed è una storia che metto da parte  e mi da dei bei ricordi. Una collaborazione di cui sono molto fiero e che un giorno forse farò uscire da qualche parte, in un Bootleg o anche in una cosa seria, è chiaro che io ho sempre avuto voglia di suonare con Piero. Quando ho lasciato Enzo Vigorita all’epoca che suonavo con lui ero un po’ triste, perché volevo continuare a fare delle cose con lui. Forse un giorno potrò togliermi gli sfizi. C’è una canzone che mi piace molto di De Gregori  e vorrei farla in francese, ma questo da molti anni, perché è un peccato vederla solo in Italia, perché è una canzone che parla di un tema sociale che mi interessa molto.  Un testo splendido. Ci vuole una certa fama per poter fare tutto quello che si vuole, quindi dobbiamo aspettare un po’ di tempo. Però ci sono delle persone con cui collaborerò perché mi sono preso questa libertà con la mia casa discografica: aspettatevi di tutto, anche magari vedere una canzone di Gianni Trotta messa a quei livelli perché a me non me ne frega niente. Ho chiesto alla mia casa discografica posso fare quello che voglio, e loro mi hanno detto se la canzone è valida e il testo è incredibile, allora sì. L’importante è la qualità, anche se la canzone l’ha fatta Vito Balzano e sfascia tutto, va bene. Quindi, sappiate che io ho avuto questo permesso dalla mia casa discografica. Diciamo sullo stile di Aria che feci tempo fa che, seppur un brano ermetico, piace a tutti. Vengo a caricarmi qui a Cerignola per fare qualcosa di speciale, perché qui c’è qualcosa d’importante e speciale, anche fra di voi.
    16. Ci lasci con un saluto. Un bacione a Lanotiziaweb e a Vito Balzano che ha fatto l’intervista con me. E’ stata molto dura per lui perché ero sfuggente, però è anche perché mi vergognavo un po’ e un grande saluto e ancora grazie a tutti i ragazzi. Un saluto a Lanotiziaweb da Michele Loconte Cerignola con Vito Balzano, Grazie!

    1 COMMENT

    1. Grazie a Vito Balzano e ad Michele per questa intervista così sincera e completa.
      Ci sono tante interviste che si può trovare su Internet in francese parlano piuttosto del suo lavoro in “Mozart” e così poco sulla sua personalità come artista o come persona. A maggior ragione era interessante leggere questa particolare intervista “amichevole” dove Michele poteva parlare di cosa pensa a proposito della situazione in Italia o racconta le sue esperienze musicali.
      Ammiro le persone come lui per la sua determinazione ad realizzare un sogno e credo che il suo successo è assai meritato.
      Grandissimo “in boca al lupo” per lui per i suoi progetti.
      Spero tanto che qualche progetto riguarderà anche l’Italia (qualsiasi – canzoni, show, poesie).
      P.S. Sono proprietaria della libreria indipendente a Firenze. Sarei lieta di poter vendere o esporre qualsiasi opera d’arte (libri di poesie, presentazioni o disegni) Michele decidessi a creare

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