L’ultima competizione elettorale per le europee ha scritto una pagina importante di storia politica del nostro paese. Ad una seria vittoria del centrosinistra si oppone, soprattutto in rete, un comico tam tam in direzione Grillo. Proprio a casa sua – in rete – l’hashtag #vinciamopoi spopola, ridicolizzando il comico del “te la do io”, che ammette la vittoria, non definitiva, nella battaglia europea.
«Adesso ci state prendendo in giro. Vi capisco – ammette Grillo -. Mettete proprio il coltello nella piaga. Abbiamo perso. Non è una sconfitta, siamo andati oltre la sconfitta. #vinciamopoi, sì #VinciamoPoi. Abbiamo il tempo dalla nostra, è ancora presto. Quest’Italia è formata da generazioni di pensionati che forse non hanno voglia di cambiare, di pensare un po’ ai loro nipoti, ai loro figli, ma preferiscono stare così. Son dei numeri che non si aspettava nessuno, però noi siamo lì, siamo il primo movimento italiano, il secondo partito».
La colpa della mancata vittoria, a quanto pare, è dei pensionati. Ma attenzione a parlare di colpe. In genere in un movimento “orizzontale con il leader” quando si perdono quasi 3 milioni di voti la colpa a qualcuno si deve dare. E quel qualcuno potrebbe anche essere il capo, la guida, il Grillo. Per restare sul comico, come nel cult “Attila, il flagello di Dio” qualcuno potrebbe domattina dire a Grillo “perché devi esser sempre tu lo re?”. A quel punto la dissoluzione sarebbe certa. Senza il collante Grillo e in mancanza di consensi la disgregazione è sicura. Dopo la meraviglia e il Maloox sarà necessario trovare una via di fuga, prima che il Grillo canti tre volte.