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    Amarcord 2015: suggestioni, illuminazioni, elezioni

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    Era sinceramente stupito, se non proprio addolorato, Monsignor Felice di Molfetta, per la posizione tenuta fino all’ultimo da Franco Metta sul Piano di Lottizzazione di Santa Barbara, poi adottato dal Consiglio Comunale, quello che tra l’altro avrebbe consentito, ad uno dei quartieri più dimenticati di Cerignola, di poter finalmente avere una chiesa. Il Sindaco Antonio Giannatempo, da lui ricevuto negli uffici della Curia – fanno sapere i ben informati -, ricavò dal colloquio con il prelato una sensazione ambivalente: notò nei suoi occhi, da una parte, la soddisfazione per aver portato a casa un risultato importante, appunto l’ufficializzazione della costruzione di un luogo di culto degno di tale nome in un’area priva di tutti i servizi essenziali. Dall’altra, lo sconcerto rispetto alla strumentalità dell’opposizione del “movimento civico” al progetto. Erano ormai passati diversi mesi da quella triste serata di venerdì 23 luglio 2010, giorno in cui si tenne, e durò pochissimi minuti, la riunione del Consiglio Comunale organizzata proprio nel cuore del quartiere per annunciare l’adozione del Piano di Lottizzazione. Un incontro con la gente di Santa Barbara voluto dall’Amministrazione Comunale uscente per spiegare le ragioni dei ritardi circa l’avvio dei lavori di riqualificazione del quartiere. Ma la riunione durò poco a causa delle intemperanze di alcuni residenti, scientificamente sobillati nei giorni precedenti dalla Cicogna. Urla, aggressioni subite da esponenti della maggioranza costretti ad allontanarsi a tutta velocità dal palco, protetti dalla forze dell’ordine, mentre il “tribuno del popolo” Metta, continuava ad arringare la folla, con la Polizia ed i Carabinieri impegnati a raffreddare i bollenti spiriti di qualcuno.

    Sembra passata un’era geologica, e invece tutto succedeva solo meno di cinque anni fa. Nessuno poteva immaginare, allora, che l’irriducibile nemico di Giannatempo, trasformatosi per l’occasione un mangiapreti per far dispetto al suo vecchio compagno di scuola, potesse, pochi anni dopo, convertirsi in un fervente paladino della fede cristiana. Tanto da includere nella sua “Coalizione del Cambiamento” una lista il cui altisonante nome, “I-Cattolici”, presuppone evidentemente l’ambizioso obiettivo, da parte di chi l’ha partorita, di rappresentare un intero mondo, suscitando però la corrosiva ironia di chi non vuole che qualcuno “Metta” il cappello su un mondo variegato e complesso come quello dei credenti cattolici. E chi avrebbe potuto immaginare che dietro alla gestazione di questa creatura, i cui difetti genetici si sono palesati con il clamoroso flop elettorale del 31 maggio, ci sarebbe stata la Curia? Monsignor di Molfetta – lo diciamo senza concedere nulla ad una sterile ossequiosità nei confronti del prelato che offenderebbe il diretto interessato – non passerà alla storia come uno dei Vescovi più amati dai cerignolani. Questo, sostanzialmente per due motivi. Il primo è la scarsa incisività, secondo molti, della sua azione pastorale in merito a temi come il degrado sociale e la criminalità che hanno ridotto ai minimi termini la qualità della vita a Cerignola. Il secondo è rappresentato dai contestatissimi lavori al Duomo: più di 7000 firme furono raccolte contro la riqualificazione funzionale del presbiterio del Duomo Tonti, ma non servirono a far cambiare idea al Vescovo. Furono invece solo la miccia di scontri memorabili tra figure istituzionali, degenerati nell’episodio che vide contrapposti il Vicario Episcopale, Monsignor Ladogana, e l’allora assessore Michele Romano. Anche in quella travagliatissima vicenda, tra i più accesi sostenitori del “no” al progetto curiale figurava Franco Metta, che arrivò addirittura a commissionare vignette in cui il Vescovo, chiamato in causa da La Cicogna come “ideatore della tomba del faraone”, veniva ritratto in mutande. Anche questo succedeva poco tempo fa.

    Sembra però essere trascorso un secolo dal momento in cui quelle irriverenti vignette venivano pubblicate. Quando, infatti, qualche settimana fa, lo scontro Romano-Diocesi ha fatto irruzione nella campagna elettorale, quando cioè è comparso il 6X3  “Non Votare MD”, ovvero “Metta-Vescovo di Molfetta”, definita dall’ex assessore una “S.p.a-società per (cattive) azioni”, l’avvocato Metta si è subito proposto come difensore d’ufficio del religioso. Il suo commento fu: «Ancora una ignobile aggressione vile e diffamatoria. Ingiuriato anche il nostro Vescovo. Da un amministratore di Giannatempo, che si firma assessore. Sono letteralmente impazziti. Vergogna!». Una metamorfosi, quella di Metta rispetto ai rapporti con i vertici della Chiesa locale, la cui spiegazione richiederebbe l’intervento di una task force di luminari della psicoanalisi se non fosse motivata dalle tristi contingenze della campagna elettorale 2015. In quella del 2010, rivolgendosi alla nostra patrona, le ricordava, in una sorta di estasi mistica davanti a centinaia di persone – la chiamò “Ripaltì” – quanto anche lui fosse “sfregiato”. Domenica scorsa, nel comizio di Piazza Duomo, ha invece detto di non essere nemmeno degno di pronunciare il nome del Vescovo. Si è però rifatto abbondantemente inveendo contro un numero non indifferente di persone la cui imperdonabile colpa è di non aver capito il suo “Verbo”. E di non aver compreso che lui, quando offende, per esempio storpiando un cognome, “scherza”. “Faccio ironia”, la spiegazione di chi diceva di “fare politica in Consiglio Comunale e propaganda per strada”. Una sottile distinzione tra i suoi comportamenti, della cui differenza solo cervelli superiori si sono accorti in questi anni disgraziati, gli anni dell’opposizione con la bava alla bocca.

    Questa campagna elettorale verrà ricordata per tanti motivi: la comparsa sulla scena di Gerardo Bevilacqua, che ha sottratto per lungo tempo a Metta lo scettro di capopopolo; l’infame intimidazione ad Elena Gentile e alla sua famiglia; l’attivismo di alcuni preti che, invece di guidare le nostre anime perse per cercare di salvarle, si sforzano di orientarci e consigliarci – magari durante l’omelia – in vista del voto, possibilmente “un voto di cambiamento”, improvvisandosi come epigoni di Luigi Gedda che, con i suoi Comitati Civici, nel 1948 mobilitò le ”truppe” cattoliche per arginare il Fronte Popolare. Rimarrà ben impressa nelle nostre menti la lotta di qualche spaurito pastore di anime contro il “pericolosissimo” barbudo. Così come le minacce, più o meno velate, più o meno esplicite, ai giornalisti locali. Non si dimenticherà delle elezioni comunali 2015 a Cerignola neanche la Polizia Postale, oberata da un insostenibile carico di lavoro. Ma, forse, ciò che ricorderemo più nitidamente, sarà il sottile filo rosso che accomuna la parabola discendente di due protagonisti della vita pubblica degli ultimi anni a Cerignola. Per il primo, ci sembra che valga un autentico detto locale: “O’ v’nout cu’cavadd’ bianc e s’no sciout cu’ ciucc”. L’altro, invece, sta accendendo gli ultimi fuochi, temendo il vento della dimenticanza.

    10 COMMENTS

    1. Da premettere non sono di parte,ma se il ragazzino non ha rispetto di una persona più grande di lui,mi chiedo avrà rispetto del nostro paese?Chiede il confronto è tardi cerchiamo di non confondere nessuno il popolo di Cerignola è intelligente Basta non diciamo cavolate.

      • Enza, da che pianeta vieni? Chi è che non rispetta chi?!?! Hai assistito ai comizi della persona che stai difendendo? Solo cattive offese da parte di Metta, insulti… E tu parli di Tommaso Sgarro che non rispetta Metta? O hai problemi di udito o problemi di memoria! Oppure semplicemente confondi l’uno con l’altro! Metta, vista la sua età, dovrebbe dare esempio ai più giovani… Invece, qui, è il giovane che sta dando un esempio di buona educazione e rispetto! Non mischiamo scarpe e scarponi…

    2. Definire “ragazzino” un ricercatore universitario con un bagaglio culturale di tutto rispetto mi sembra riduttivo e anche esagerato.
      Penso anche che tutto ruoti intorno alle fantasie di un pensionato o prossimo a tale stato che cerca disperatamente di farsi ricordare dalla storia di questo nostro povero paese di essere diventato sindaco per poi ritirarsi definitivamente dalla politica tra cinque anni.
      Queste cose succedevano tanti ma tanti anni fa quando appartenere al partito fascista era in maniera sbagliata uno status.
      Signor Metta lasci stare tutto e si ritiri o meglio lasci gia da ora la possibilita alle nuove generazioni o truppe cammellate da lei opportunamente organizzate a tentare di fare qualcosa per questo nostro sfortunato paese.
      Aver anche aiutato un’altro tatarella alla regione ha fatto cadere la maschera. Lei fascista era e tale è rimasto e noi ne facciamo veramente a meno di gente come lei.

      • Ho anticipato non sono di parte chiedo solo rispetto ed educazione nel modo di esprimersi nei confronti delle persone

      • Bravo, bene!!!!! Ti sei sfogato, ti sei rilassato, ora puoi andare da Mamma tua e dire che sei un perfetto IM………!!!!! La playstation non ti funziona????? Aggiustala, invece di scrivere cog……. su questo Pseudo-giornale!!!!!

        • Sei solo un vile capace solo di offendere le persone in modo anonimo o con nickname fasullo.Ognuno di noi a torto o a ragione a il diritto di esprimere le proprie opinioni senza che ci sia qualcuno come te che lo possa offendere in modo anonimo . Dal sig.Metta fatevi dare insengnamenti civili e non come insultare la gente tramite web . Se hai coraggio firmati con nome e cognome .

          • Elena Unico zia di Tommaso. Le opinioni vanno espresse, ma le cretinaggini preferirei che ognuno le tenga per sé!!!!! Arrivederci!!!!

    3. ai signori di questa testata:mi fa piacere che scrivete a favore di sgarro e denigrate Metta….complimenti ottimo giornalismo…….veramente imparziali

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