L’annoso tema delle liste d’attesa continua a tenere sotto scasso la sanità italiana, riproponendosi ciclicamente e mostrando limpide tutte le criticità del sistema, quelle che i piani riorganizzativi non riescono ancora a risolvere. Ritorna sul problema il quotidiano LaRepubblica con un’indagine pubblicata oggi: «mammografie, che possono richiedere più di un anno, ma pure di visite oculistiche (anche 164 giorni) e ortopediche (189). Sempre che l’ospedale non abbia proprio chiuso le prenotazioni». Questi alcuni dei dati raccolti «tra il 12 e il 15 marzo prenotando due visite e tre esami in tre strutture di dieci città. Il risultato? La sanità italiana – afferma Repubblica – non si libera delle liste di attesa. Tagli, organizzazione carente, macchinari utilizzati poco, impediscono alla risposta del servizio pubblico di stare dietro alla domanda. Che ci mette del suo a far allungare ancora di più le liste, tra richieste inappropriate e medicina difensiva. Se si aggiunge il ticket, talvolta molto alto, il gioco è fatto: tanti preferiscono i privati. Che sanno di essere appetibili e abbassano pure i prezzi. Loro, tanto, attese non ne hanno».
Il record è in capo alle mammografie asintomatiche: 478 giorni del Cardarelli di Napoli, 441 delle Molinette di Torino. E vanno male anche Roma e Bari. Per la risonanza alla colonna, cioè alla schiena, 180 giorni al Civico di Palermo o 289 al Galliera di Genova. Poi gli 87 giorni per un’ecografia all’addome al San Paolo di Milano. Ci vogliono 330 giorni per una tac addominale a Lecce o 196 giorni per una eco ginecologica a Palermo. «Quando ci sono Centri di prenotazione unici come in Emilia e Toscana – precisa Repubblica -, gli ambulatori della Asl sono in grado di rispondere rapidamente. Nei policlinici, e vale per tutta Italia, invece i tempi sono più lunghi. Questo avviene perché queste strutture lavorano soprattutto per pazienti interni, magari già operati, o persone che hanno già problemi. Gli altri aspettano». Ma c’è dell’altro. «La capitale spicca per una caratteristica: i tre ospedali presi in considerazione spesso non sono in grado di dare un appuntamento. I dati di Milano invece sono inaspettatamente alti. Le strutture cittadine infatti sono in grado di rispondere rapidamente a chi sulla ricetta ha indicata una priorità, perché il medico ritiene che l’esame vada fatto entro 72 ore o 10 giorni». Il sistema delle priorità, reso obbligatorio dal ministero alla Sanità, è considerato uno degli strumenti chiave per risolvere il problema attese ma ancora non funziona ovunque.
«La regione che negli ultimi mesi è migliorata di più in fatto di liste di attesa è l’Emilia-Romagna – argomenta Repubblica -. Appena eletto il governatore Stefano Bonacini ha chiesto di investire per risollevare il sistema. “Meno della metà delle prestazioni veniva erogata nei tempi richiesti dalle priorità, adesso siamo al 97% – dice l’assessore alla Sanità Sergio Venturi – Come abbiamo fatto? Abbiamo riorganizzato il settore nelle Asl e investito 10 milioni per assumere 150 professionisti nei settori che erano in difficoltà”. Venturi risponde a chi dice che in sanità le liste di attesa sono comunque ingovernabili, ad esempio perché l’offerta genera la domanda. “È una posizione snob. Noi abbiamo investito, unificato i sistemi informativi delle aziende, detto ai direttori generali che vengono valutati in base a come vanno le liste, e disposto nei momenti di crisi aperture serali e al sabato e alla domenica. E le cose ora vanno bene”». Un sistema, quello delle aperture serali e nei giorni festivi, sperimentato anche in Puglia qualche anno fa per abbattere le liste d’attesa. All’epoca la delega alla Sanità era nelle mani di Elena Gentile, che portò a casa risultati in tal senso, nonostante qualche addetto ai lavori storcesse il naso. Oggi quella sperimentazione è un ricordo e lo rimarrà almeno fin quando “la buona pratica” non sarà replicata dalla Puglia di Emiliano.
ELENA
come tutti i grandi sarà apprezzata quando si cominceranno a percepire gli effetti della sua assenza. Questo lo sanno tutti e pure il Sindaco.
Ha mille difetti ma si fa rispettare.
#pochiannolepalle