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    Dalla Terra dei Fuochi a Cerignola: “Qui la situazione è grave”. Il monito della vedova Mancini | Foto

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    “Tutti gli uomini sognano: ma non tutti allo stesso modo. Coloro che sognano di notte, nei recessi polverosi delle loro menti, si svegliano per scoprire la vanità di quelle immagini. Coloro che sognano di giorno, invece, sono uomini pericolosi perché possono mettere in pratica i loro sogni a occhi aperti, per renderli possibili”. Senza dubbio, Roberto Mancini, il poliziotto che scoperchiò la Terra dei Fuochi, era un uomo vero che, con un’enorme dose quotidiana di coraggio, ha combattuto il male fino alla fine per realizzare un sogno di veritàì e di giustizia. A ricordarlo, a Cerignola, lo scorso sabato, è stata sua moglie, Monika Dobrowolska, insieme al giornalista di Avvenire Pino Ciociola, in una conferenza promossa, presso il Polo Museale Civico, da Lions e Leo Club sul tema: legalità, ambiente e salute. Questioni attuali anche nel nostro territorio, all’indomani della maxi operazione “Black Land”, coordinata dalla Dda di Bari, che ha sgominato nel foggiano un’organizzazione criminale dedita al traffico illecito di rifiuti su scala nazionale. Un giro d’affari stimato in 10 milioni di euro e circa 12 tonnellate di rifiuti speciali non trattati che, da impianti di compostaggio e di stoccaggio delle province di Salerno, Caserta e Avellino, venivano smaltiti illecitamente in un’enorme voragine in un terreno agricolo di Ordona. “Black Land” ha dimostrato che la Terra dei Fuochi è anche nelle nostre campagne visto che il nome di uno dei 14 arrestati figurava nella lista di persone che il pentito Carmine Schiavone (“il Cazzaro” come lo chiamava Mancini ndr) consegnò alla commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti il 7 ottobre del ’97. Ma di ambiente e salute, a Cerignola, si continua a discutere con un certo allarmismo anche in questi mesi. Risale al febbraio scorso la scoperta tra La Moschella e Pozzo Monaco, di rifiuti tossici: guaine, vernici e solventi depositati su un terreno poco distante da campi coltivati e da un canale di scolo della Diga Capacciotti. Sempre nel mese di febbraio, una coltre di fumo – le cui cause non sono state accertate – ha inondato il centro e le periferie e da settimane si denuncia il propagarsi di olezzi di varia natura che, verosimilmente, potrebbero provenire sia dalla combustione di rifiuti e materiali in gomma e plastica, che dal cattivo funzionamento dell’impianto di depurazione dove – come denuncia Acquedotto Pugliese – “ci sono continui scarichi industriali illegali”. Un intreccio di drammatici eventi che portano sempre più spesso ad associare la Terra dei Fuochi alla Capitanata e, inevitabilmente, a ricordare l’operato di un “servitore della gente” come Roberto Mancini, la cui storia di passione, impegno e coraggio, dopo anni di silenzio è stata raccontata a quattro mani da Luca Ferrari e Nello Trocchia nel libro “Io, morto per dovere”, edito da Chiarelettere, e rappresentata nella fiction di Rai 1 “Io non mi arrendo, l’eroe della Terra di Fuochi”, interpretata da Beppe Fiorello.

    IL RICORDO

    Mancini, agente della Criminalpol, fu tra i primi, agli inizi degli anni ’90, insieme ad una squadra di pochi uomini, ad indagare sui traffici illegali di rifiuti speciali e tossici che hanno avvelenato quel lembo di terra campano che va dal Garigliano al Vesuvio e sulle attività della Camorra collegate. Per primo intuì che quelli non erano solo rifiuti ma soldi intorno ai quali ruotavano i loschi affari di una cricca imprenditoriale in combutta con le organizzazioni criminali che garantivano controllo territoriale e un intervento manu militari all’occorrenza, intascando in cambio le percentuali sui chili di rifiuti smaltiti. Un lavoro di indagine complesso, quello di Mancini, iniziato nel ’94 che lo porterà a depositare due anni più tardi alla Dda di Napoli, una preziosa informativa di 237 pagine, contenenti nomi di magistrati, avvocati e grandi aziende coinvolti nei traffici illeciti dei rifiuti in Campania. Un’informativa sepolta nei cassetti per 14 anni. “Roberto diceva che se fosse stata presa prima in considerazione forse non avremmo avuto Gomorra – dichiara la vedova Mancini-. E’ evidente che il dossier è stato nascosto per coprire grandi imprenditori, politici e professionisti come l’Avv. Cipriano Chianese, (‘il broker dei rifiuti’ ndr), rilasciato dopo un mese dagli arresti per candidarsi con Forza Italia”. Ma Monika ricorda anche un episodio che – a quanto dichiara- rivelerebbe la responsabilità delle Istituzioni nello scandalo rifiuti in Campania. “Roberto fu tra i primi ad accompagnare Carmine Schiavone in elicottero per farsi indicare i luoghi in cui erano stati tombati i rifiuti – racconta-. Schiavone fu chiamato dalla Commissione parlamentare sul traffico dei rifiuti in un’audizione con il Presidente della Repubblica Napolitano ma a Roberto fu chiesto di uscire. Quell’audizione fu segretata e non sapremo mai quello che si sono detti”.

    Solo dopo 14 anni, anni in cui le indagini vengono ostacolate e lo stesso Mancini trasferito, un giovane Pm, Alessandro Milita, ritrova quelle carte e chiede a Mancini la trascrizione delle registrazioni contenute in quell’informativa per portare a giudizio una trentina di imputati per reati che vanno dall’associazione mafiosa al disastro ambientale. Processo aperto nel 2011, tuttora in corso davanti alla Corte d’Assise di Napoli e che vede tra i principali imputati Chianese, l’intermediario tra le aziende e i Casalesi nello smaltimento illecito di rifiuti nelle discariche abusive tra Caserta e Napoli. Le persone che, secondo la magistratura di Napoli, compongono l’organigramma criminale che ha devastato diverse aree della Campania non hanno ancora pagato il conto con la giustizia, mentre “Roberto ha pagato con la vita le conseguenze di quell’inchiesta”, dichiara Monika. Infatti, dopo essersi esposto per anni ai rifiuti tossici e alle loro esalazioni (dal 1997 al 2001 collabora con la Commissione rifiuti della Camera tra missioni e sopralluoghi in Italia e all’estero ndr), Mancini nel 2002 si ammala di linfoma e il 30 aprile del 2014 muore, lasciando la moglie e la figlia Alessia, di appena 15 anni. Nel 2010 il Comitato di verifica del Ministero delle Finanze mette nero su bianco che la sua malattia viene da una “causa di servizio” ma l’indennizzo, 5.000 euro, è poca cosa. La richiesta di risarcimento danni alla Camera per “malattia professionale” si scontra con la burocrazia ma Mancini non si arrende e neppure i suoi amici. Nel novembre 2013 Fiore Santimone, lancia una petizione su Change.org che raggiunge le 75.000 firme. Solo allora la Presidente della Camera dà mandato perché parta l’istruttoria sulla vicenda e nel settembre 2014 a Roberto Mancini viene riconosciuto lo status di “vittima del dovere” che non solo certifica la connessione tra la malattia e il servizio prestato ma riconosce alla sua famiglia il diritto al sostegno previsto dalla legge. Intanto, altri due colleghi di Mancini sono morti e un altro si è gravemente ammalato. “La cosa che più mi addolora – confessa Monika – è che se non fosse uscito il libro, Roberto sarebbe stato dimenticato. Vi rinnovo l’appello che feci il giorno dei suoi funerali: non dimentichiamo Roberto e il suo lavoro. Incazziamoci e proseguiamo la sua battaglia”. Un invito che, non a caso, la vedova di Roberto Mancini rivolge ai cerignolani.

    La situazione qua a Cerignola, e nei dintorni, è grave come in Campania – denuncia -. Non avete la raccolta differenziata, avete tantissime discariche abusive che, segnalate dalla Guardia Ambientale, vengono sequestrate ma non bonificate. Avete tantissimo amianto a cielo aperto. Lo stesso che si trova nella frutta e nella verdura che uccide i bambini nella Terra dei Fuochi. Avete un fiume che è una discarica. Anche qui non c’è un registro tumori – aggiunge – mentre il numero delle malattie tumorali e dei decessi continua a crescere in maniera esponenziale. Eppure, non fate nulla – osserva con sdegno-. Fin quando non vedrete anche voi bambini che continuano a morire dai 6 mesi di vita in poi, qui non succederà mai niente. Ribellatevi!”.

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    IL DIBATTITO

    A seguire la preziosa e toccante testimonianza della Sig.ra Monica Dobrowolska, si è tenuta una discussione sui temi della legalità, dell’ambiente e della salute, alla presenza di Francesco Bonito, Consigliere 1° Sezione Penale Suprema della Corte di Cassazione; Aldo Menduni, Presidente Lions Club di Cerignola; Michele Romano, medico e già assessore alle Politiche Sociali nella giunta Giannatempo e Pio Gallicchio, 1° vice Governatore Lions Club distretto 108 AB Puglia. Una discussione di scottante attualità alla luce dei recenti fatti di cronaca e dei dati del rapporto “Ecomafie 2015”, stilato da Legambiente, che ha consegnato alla Puglia la maglia nera d’Italia. Nel ciclo illegale dei rifiuti, infatti, la Puglia è la regione con il più alto numero di infrazioni accertate, ben 2.081, quasi il 29% di quanto registrato nelle 20 regioni, un numero 4 volte più grande rispetto all’anno scorso. Record anche per persone denunciate e sequestri effettuati. La maggior parte delle infrazioni accertate si concentra nelle province di Bari, 1.641, e Foggia184, mentre ben 48 sono le inchieste contro attività organizzate per il traffico illecito dei rifiuti, dal 2002 al giugno 2015, circa il 16,8% delle inchieste su tutto il territorio nazionale. Dati da cui non è esclusa nemmeno Cerignola. “Da Assessore – ricorda Romano- avevo proposto, per scongiurare gli eco-reati, un servizio di guardiania moderno che sostituisse un sistema di vigilanza campestre arcaico, come il nostro, che si serve di guardiani che si trasmettono questa ‘carica’ di padre in figlio, senza nessun requisito. Una proposta che, ahimè, è rimasta inascoltata”.

    I DANNI DELL’INQUINAMENTO AMBIENTALE SULLA SALUTE UMANA

    Secondo Agostino Di Ciaula, presidente Isde Puglia, intervistato da Pino Ciociola, migliaia di persone hanno il destino segnato da rifiuti tossici fin qui versati illegalmente e dall’inquinamento industriale. “Gli inquinanti ambientali – ha dichiarato il dott. Ciaula – non agiscono immediatamente negli esposti ma agiscono sull’epigenoma e questo significa modificare la modalità di espressione del patrimonio genetico. Quando queste alterazioni colpiscono donne in gravidanza, il feto viene programmato per sviluppare malattie in età adulta. C’è un ampio pannello di patologie che sono state ampiamente messe in relazione dalla comunità scientifica internazionale con una serie di inquinanti in un arco temporale che va oltre la seconda generazione a partire da quella esposta. E i tumori sono solo la punta dell’iceberg – denuncia-. La maggior parte dei problemi sono un gran numero di patologie come malformazioni congenite, aborti spontanei, alterazioni dello sviluppo neuro-motorio dei bambini, delle alterazioni cardiovascolari, problemi ormonali e una lunga serie di patologie messe in relazione all’inquinamento ambientale dalla letteratura scientifica internazionale”. Ma nessuno sembra preoccuparsene. Come aveva già rivelato il boss pentito Perrella nel lontano ’92: “La monnezza è oro e la politica è una monnezza”.

    1 COMMENT

    1. Tutti i politici si fregiano di voler combattere le ecomafie, ma nessuno organizza marce di protesta o qualcosa che ponga all’attenzione nazionale il problema.
      Anzi quando un’associazione portò in piazza qualche migliaia di gente, criticarono quest’ultime tacciandole di fomentare il popolo.
      In quel caso fu per il termovalorizzatore, ma sempre di ambiente si parla.

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