Cerignola racconta ancora oggi grandi storie di “fughe” alla volta del nord più ricco (spesso solo di opportunità). Una consuetudine che, per varie ragioni, percorre gli ultimi sessant’anni di storia cittadina. Pagine di nostalgia, ma anche di racconti crudi mossi da necessità e bisogno.

LA CARTOLINA STORICA Cerignola, anni ’50, si ricostruisce a fatica dopo la Guerra e molti vanno a cercar fortuna nelle città del Nord, dove il lavoro delle fabbriche può offrire loro quel po’ di agio che nella propria terra è per quel tempo solo un sogno. Negli anni ’70-’80 si palesano nuove opportunità; al settore agricolo sempre troppo lento, si affianca l’industria conserviera. Si muove un bel po’ di economia nel settore dell’edilizia con le Zone 167 e le cooperative, c’è un nuovo impulso anche nel pubblico impiego. Cerignola all’epoca era “rossa” in un’Italia democristiana ma non faceva differenza. Ognuno poteva avere la sua possibilità, anche restando o ritornando dopo anni duri nella Torino abitata dai meridionali.

IL TERZO MILLENNIO E LA CRISI Anno 2007, arriva la crisi, quella nera, e quel po’ di agio conquistato anche dalle famiglie meno abbienti svanisce col passare dei giorni. Mala tempora currunt, così licenziamenti e storie di ordinaria povertà diventano sempre più frequenti. Ci si prepara ad anni duri. Anni in cui, a prescindere dai governi cittadini, la situazione precipita. Probabilmente da 50 anni, mai come negli ultimi 3 anni il fenomeno dell’emigrazione è stato tanto forte. Un’emigrazione di due tipi. Alcuni sono proprio andati a vivere fuori portandosi via la famiglia e altri hanno lasciato a Cerignola i propri cari, riservandosi di tornare ogni 15gg o una volta al mese. La luce in fondo al tunnel non è ancora visibile, mentre sono più che tangibili i segnali di disagio economico provenienti da una grande fetta di popolazione in cui è finito anche il ceto medio. Sembra mancare proprio la speranza di un domani migliore.

WELFARE, LAVORO, DELINQUENZA In un habitat come quello descritto nelle righe precedenti, cresce florido il malaffare, e il delinquere diventa purtroppo una facile soluzione per sostentarsi (al di là del crimine più organizzato, ndr). Proprio su tale base il welfare è chiamato ad un ulteriore sforzo – nonostante le esigue risorse -, ad azioni mirate per favorire e agevolare il sostegno alle famiglie in difficoltà. Il problema non è l’emigrazione, che come soluzione ci può stare e forse per anni ha rappresentato anche una buona soluzione tampone. E’ problematica la vita per chi da Cerignola non vuole andarsene, non ha un lavoro e deve comunque portare il pane a casa. Il grande tema del lavoro, questione in costante rimbalzo tra amministrazioni locali e governo centrale, necessità un’attenzione maggiore. Sgravi fiscali a nuove attività, assunzioni agevolate e accesso al credito sono le macro azioni che possono essere messe in campo. Poi c’è la piccola economia cittadina che una buona amministrazione può promuovere. La piccola edilizia, agevolata magari da una burocrazia comunale più veloce, nuove e diversificate aree mercatali, oltre a lavori socialmente utili.

NESSUNA SOLUZIONE Nessuno ha in tasca la soluzione pronta, ma di certo si sta temporeggiando troppo e da troppo tempo. Da Roma, la Buona Scuola e il Jobs Act non bastano. Come non basta qualche affidamento diretto e qualche appalto a livello locale. Quel che più di tutto manca è un progetto di lungo respiro, quello si che almeno alimenterebbe un clima positivo e una flebile speranza.