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    “Abitare il Giardino con i libri”: rassegna chiusa dal professor Michele Illiceto

    Bilancio positivo per l'iniziativa organizzata dal Meic: a settembre nuove attività a cura del Movimento

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    Si è svolto nella serata di mercoledì 7 giugno l’ultimo dei cinque appuntamenti con «Abitare il Giardino con i libri», la rassegna culturale di incontri con gli autori, promossa dal MEIC (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale) di Cerignola ed ospitata presso il “Salone Giovanni Paolo II” della nostra Curia Vescovile. Ad esser presentato è stato «Padri, madri e figli nella società liquida-Antropologia dei legami familiari» del professor Michele Illiceto ed edito da Andrea Pacilli. Michele Illiceto è docente di Filosofia presso la Facoltà Teologica Pugliese di Bari (sezione di Molfetta), l’ISSR “Giovanni Paolo II” di Foggia ed il Liceo Classico “Aldo Moro” di Manfredonia. A fare da moderatore e a porre quesiti, la professoressa Angiola Pedone, docente dell’ITC “Dante Alighieri” di Cerignola.

    I temi trattati in questa quinta serata sono di stringente quotidianità ed il professor Illiceto ne anticipa alcuni aspetti alle testate presenti, ancor prima di entrare in sala: «Società liquida significa il venir meno di alcuni punti fermi del passato: la stabilità dei legami familiari, l’identità, i ruoli, la figura del padre e della madre. In questa fase di mutamento antropologico, i bambini, che sono la parte più fragile, sono i più esposti ai rischi dell’abbandono, della deresponsabilizzazione di adulti non sempre all’altezza del loro ruolo educativo. I genitori devono rivederlo alla luce delle sfide che la società liquida propone. La tradizione indica le radici del passato – continua il filosofo – e se alcune son buone, altre invece vanno rimosse. Non dobbiamo tornare alla società patriarcale, col padre padrone che usava la paura come strumento educativo. Né possiamo regredire al passato con la donna relegata al ruolo di casalinga, vittima della violenza di maschi incapaci di gestire i rapporti familiari. Tantomeno si può tornare indietro ad una figliolanza vista in funzione del benessere della famiglia. Ma non dobbiamo buttare via il bambino con l’acqua sporca: bisogna salvaguardare quei valori positivi che la tradizione ha tramandato, aprendoci alle novità, alle sfide, alle provocazioni del nuovo: riconoscimento dei diritti, maggior dialogicità, rispetto per il ruolo della donna, garantendole la possibilità di vivere come madre, sposa e lavoratrice».

    L’incontro entra nel vivo quando il professore fa notare che «abbiamo vissuto un grande passaggio epocale: prima avevamo l’idea che “So chi sono, so che ho questa natura, so come devo comportarmi”. Il rapporto fra natura e libertà era tale che, data la natura, la libertà era già orientata. Oggi qual è il problema? Abbiamo una libertà senza natura. “L’agire segue l’essere” diceva San Tommaso d’Aquino. La società è diventata liquida da quando non si fonda più su un’idea stabile di natura, ma sulla libertà». Illiceto va quindi a parlare dei legami e della famiglia. Sul primo argomento afferma che oggi «sono libero di sciogliere un legame quando non soddisfa più i miei desideri. Come disse Zygmunt BaumanI legami sono come il latte: hanno una scadenza», mentre la famiglia è indicata come «una comunità di persone che hanno un legame fra loro in una relazione d’amore. Sono cinque parole pesanti comunità, persone, legame, relazione ed amore – che oggi sono diventate liquide. Bauman diceva che la comunità è stata sostituita dallo sciame: nello sciame si sta insieme ma non si fa comunità».

    Il professor Illiceto mette anche l’accento sull’enorme difficoltà della persona d’oggi nello stare con sé stessa e che, per sfuggire a questo, finisca con l’amare per dipendere: «L’amore non è dipendenza, ma è coinvolgimento e reciprocità. Chi non sa stare con sé stesso non saprà mai fare comunità». Altro tema caldo dell’incontro è stato quello della genitorialità. Il docente pugliese parte dalla figura materna: «La maternità non nasce quando una donna mette al mondo dei figli e nemmeno quando li concepisce. Comincia quando inizia a desiderare un figlio. È il desiderio il primo appuntamento col bambino, perché desiderare un figlio significa già potenzialmente avviare un processo che lo faccia venire». Sotto i riflettori ci finisce anche la figura del padre, che Illiceto divide in tre categorie: quello edipico, quello narciso e quello dionisiaco. Il padre edipico era colui che «impediva al figlio di trattare la madre come oggetto del proprio desiderio. Nei primi mesi di vita, il bambino non vede il padre: l’infanzia è il tempo della madre, crescendo con l’idea che sia sua. Questo padre gli imponeva di lasciarla. Usava la paura, vietava, proibiva, imponeva la legge ma ne stava al di sopra. È una figura che è stata spazzata via e che non deve più tornare». Oggi c’è invece il padre narciso «colui che ama il figlio ma, in fondo, ama sé stesso. Chiede al figlio di gratificarlo, di farlo sentire papà, il permesso di fare il padre. È un padre malato di consenso e che non fa nulla che possa andare contro i desideri del figlio. È soprattutto un padre che non vuole soffrire e che perciò evita al figlio il dolore». A questo punto, il docente di filosofia sottolinea un punto che gli sta particolarmente a cuore: «Quando un genitore evita al figlio il dolore lo condanna ad un dolore più grande: quando arriverà, quel bambino non sarà pronto ad affrontarlo, creando un disadattato». La terza figura di padre, come detto, è quello dionisiaco: «Alla responsabilità preferisce il godimento – asserisce il professore -. È un padre anche cinico, che non sa misurare in maniera adeguata il proprio compito». L’ideale di padre è quello più vicino all’esempio di Abramo «che sacrifica il figlio, ma sacrifica sé stesso. Soffre ma sa che non gli appartiene perché il figlio è un dono e non una proprietà». Come tiene ad evidenziare il professore «i figli vanno donati a sé stessi».

    Un altro dei problemi relazionali della contemporaneità è quello del cosiddetto “analfabetismo affettivo”. Secondo l’autore «il 90% della gente che s’innamora non è pronta ad amare. Il passaggio dall’innamoramento all’amore richiede un cammino di maturità che tanti non hanno fatto. C’è un’idea sbagliata di amore». E l’obiettivo non può non finire sulla sfera adolescenziale: «Dobbiamo partire dalla radice, da quando i nostri ragazzi si affacciano all’esperienza dell’innamoramento e a loro viene annunciata un’idea sbagliata di amore. Bisogna evangelizzarli ad un amore giusto». In conclusione di dibattito, si passa all’educazione e formazione dei ragazzi, aspetto e compito che riguarda la famiglia ma anche altre istituzioni-cardine come scuola e parrocchia: «Occorre entrare nel mondo dell’adolescente chiedendogli il permesso. Come? Dimostrando sia di avere qualcosa da dirgli o dargli e sia di avere qualcos’altro da potergli estirpare. Non bisogna essere adulti trasmettitori, bensì adulti testimoni, quindi credibili!».

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    Con questo ultimo incontro, il MEIC di Cerignola chiude una stagione, all’insegna della cultura e del confronto, di rodaggio, come affermato dal suo coordinatore Francesco Radi. E i risultati conseguiti in questi mesi, grazie anche al sostegno di diversi partners lungo questo percorso, possono dirsi senz’altro soddisfacenti, dato l’importante consenso di pubblico riscosso. Le attività del Movimento ripartiranno dal prossimo settembre e sarà possibile esserne aggiornati sui dettagli scrivendo all’indirizzo mail meiccerignola@libero.it. Ringraziamenti e viva soddisfazione sono espressi anche dal Vescovo, S.E. Mons. Luigi Renna, il quale invita a ritagliarsi maggior tempo possibile per la lettura, una lettura che sia la più attenta ed approfondita possibile e, prendendo ad esempio il MEIC, evidenzia l’importanza della riscoperta dell’associazionismo.

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