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    HomeEvidenza«Imam dell’Isis indottrinava i bimbi». Dda: terrorismo internazionale e istigazione a delinquere

    «Imam dell’Isis indottrinava i bimbi». Dda: terrorismo internazionale e istigazione a delinquere

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    Sulla carta erano solo lezioni di grammatica e lingua araba. In realtà, stando alle indagini della Direzione distrettuale antimafia di Bari, durante i seminari del sabato e della domenica mattina indottrinava un gruppo di bambini. Alla guerra santa. In cattedra c’era Mohy Eldin Mostafa Omer Abdel Rahman, 59 anni, cittadino italiano di origine egiziana, arrestato con le accuse di terrorismo internazionale e istigazione a delinquere, non solo per le «lezioni» impartite a una decina di bambini di età compresa tra i 4 e i 10 anni in cui spiegava che l’unico modo per ottenere il Paradiso era la morte in battaglia, «tagliando la testa ai miscredenti». Nel mirino degli agenti della Digos delle Questure di Bari e Foggia e dei finanzieri del Gico di Bari, è finita la presunta partecipazione all’«associazione terroristica di matrice islamica denominata Isis». Dalla «istigazione alla violenza stragista», alla «condivisione e propaganda del credo estremista islamico, nei propositi di commettere attentati e singoli omicidio di “infedeli”», scrive il gip del Tribunale di Bari Francesco Agnino. Stando alle indagini dei pm Lidia Giorgio e Giuseppe Gatti, coordinate dall’aggiunto Francesco Giannella, a Foggia dove Rahman presiedeva l’associazione culturale «Al Dawa», in via Zara 40, c’era una vera e propria «cellula di ispirazione jihadista» organizzata e «volta alla possibile, effettiva e concreta messa in atto di azioni terroristiche».

    Ai piccoli, nati in Italia, famiglie perbene di fede musulmana, veniva spiegato che colui che è andato a combattere ed è stato ucciso è andato in Paradiso. L’uomo invitava anche i bambini a non partecipare a feste come Carnevale («fanno le cose brutte in quel giorno»). Tra il materiale sequestrato c’è anche un file in formato pdf ritenuto un documento di propaganda dell’Isis per i più piccoli. Una sorta di abecedario in cui l’equivalente della lettera «c» italiana non era «casa» ma «carrarmato», la «b» era «bomba», la «m» era «missile», la «k» «kalashnikov» e così via. La vicenda è stata segnalata anche al Tribunale per i Minorenni di Bari che ha aperto un fascicolo «a protezione dei bambini – spiega il presidente Riccardo Greco – perché le immagini crude e i messaggi di violenza potrebbero aver generato turbamenti». Questa parte dell’inchiesta condotta dagli agenti della Digos guidati dal primo dirigente Michele De Tullio e dal vice questore aggiunto Giovanni De Stavola, esperto in terrorismo, sposta l’asticella dell’attenzione su certi fenomeni molto indietro, e cioè sull’indottrinamento dei bambini da parte di «cattivi maestri» («Bad Teacher» è il nome dell’operazione). Stando alle indagini dell’ufficio inquirente barese diretto dal procuratore Giuseppe Volpe, Rahman, l’«imam» di Foggia era anche molto altro.

    Agli atti dell’inchiesta ci sono video con istruzioni per costruire armi e bombe, scene di uomini sgozzati da bambini, minori che imbracciano fucili e che minacciano con una pistola adulti e altri documenti nei quali si parla «dell’obbligo di distruggere le chiese e trasformarle in moschee, individuando l’Italia come obiettivo dell’attività terroristica». «Vi invito a combattere i miscredenti, i crociati, gli ebrei, gli atei, i tiranni arabi e i loro eserciti. Con le vostre spade tagliate le loro teste oppure sparate con i vostri proiettili, con le vostre cinture esplosive fate saltare in aria i loro corpi e non dimenticate le bombe, che provocano maggiori disastri e atrocità, la miglior maniera per ricevere la benevolenza divina» diceva Abdel Rahman nelle sue lezioni, citando il Corano. L’inchiesta è partita un anno fa dopo l’arresto del militante ceceno dell’Isis Eli Bombataliev, ospitato a lungo nei locali dell’associazione foggiana. Gli investigatori hanno monitorato soprattutto attraverso internet e poi anche con intercettazioni ambientali, i contatti fra di loro e i documenti che venivano condivisi in rete, tramite Whatsapp (sui gruppi «I nonni di Omar», «Le ragazze della famiglia», «Tutta la famiglia»), e Twitter, arrivando a scoprire l’attività di propaganda jihadista e indottrinamento al martirio fatto nei confronti di adulti e bambini. Per l’accusa, appunto, un cattivo maestro. E molto altro.

    Giovanni Longo
    La Gazzetta del Mezzogiorno

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