L’11 agosto del 1892, 119 anni fa, nasceva a Cerignola Giuseppe Di Vittorio, figlio di braccianti agricoli, sicuramente ricordato come una delle figure più importanti in Italia. Studiava sottraendo a se stesso ore di riposo notturno, poiché costretto al lavoro di famiglia. La grande passione per la lettura e per l’attività politica, sin dall’età adolescenziale, lo portarono già nel 1911 ad esser nominato dirigente della Camera del Lavoro di Minervino Murge, per poi approdare poco tempo dopo a quella più importante e blasonata di Bari. Si è sempre battuto per i diritti dei lavoratori fin dai suoi primi passi come sindacalista. La questione meridionale, sempre in primo piano specie a quei tempi, portò il giovane Peppino a far parte dell’Unione Sindacale Italiana, precisamente nel comitato nazionale. Visse la prima guerra mondiale alleandosi con gli interventisti, e non perse mai di vista la questione della classe operaia, dei suoi diritti e della lotta contro i soprusi. Negli anni venti del novecento entra attivamente in politica, eletto deputato nonostante la condanna del tribunale speciale fascista, riparando poi in Francia. Nella seconda guerra mondiale prese parte alla Resistenza tra le fila delle Brigate Garibaldi. Nel 1945 fu eletto segretario della CGIL, da egli stesso fondata un anno prima con Grandi e Buozzi. Un anno più tardi entra a far parte dell’Assemblea Costituente come esponente del PCI. I grandi successi come sindacalista, la sua enorme coerenza, dimostrata in più occasioni, dall’attentato a Palmiro Togliatti fino all’intervento sovietico per la repressione ungherese, fecero crescere la sua fama di uomo politico vicino ai problemi degli operai, e lo portarono nel 1953 alla Presidenza della Federazione Sindacale Mondiale. Continuò a guidare in modo attivo il suo sindacato, CGIL, fino al 3 novembre del 1957, quando si spense a Lecco. Il ricordo dei tanti compaesani cerignolani che lo ricordano personalmente o nelle parole dei parenti più anziani, colora ogni volta la figura di Peppino Di Vittorio, come il più grande sindacalista d’Italia, colui che diede voce e diritti agli operai, colui che per la prima volta introdusse lo sciopero come arma di dissenso verso il potere, reo di non curare i mali del paese e del mezzogiorno intero, colui che in rappresentanza dei “cafoni” del sud insegnò i diritti dei lavoratori al Mondo intero.