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    Bossi non è più segretario della Lega Nord

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    Umberto Bossi non è più il segretario nazionale della Lega Nord. Il senatur si è dimesso alle 16.30 di oggi nel corso del vertice nella sede storica del Carroccio in via Bellerio, a Milano. “Chi sbaglia paga qualunque sia il cognome che porti. Mi dimetto per il bene del movimento e dei militanti e per difendere la mia famiglia. La priorità è il bene della Lega e continuare la battaglia”: queste le parole usate dal Senatur al consiglio federale del partito. Lo ha riferito l’europarlamentare Matteo Salvini, al termine della riunione, su Radio Padania. Bossi è stato nominato presidente della Lega, ha riferito ancora Salvini, “da un consiglio federale commosso. Nessuno ha chiesto le dimissioni di Bossi, lui è arrivato già convinto, con una scelta decisa e sofferta”.

    IL NUOVO ASSETTO DEL PARTITO
    “Scelta irrevocabile”, dunque, quella dell’ex leader, che ha reso nota la sua decisione in apertura di consiglio federale. Ora si tratta di capire se queste dimissioni possano essere rifiutate dallo stesso consiglio. Dall’interno di via Bellerio, tuttavia, hanno già deciso: al posto di Bossi ci sarà un triumvirato composto da Roberto MaroniManuela Dal Lago Roberto Calderoli, che guideranno la Lega fino al prossimo congresso (la cui data si deciderà nelle prossime settimane, ma che presumibilmente si terrà in autunno). Questa ipotesi era circolata nel primo pomeriggio, ma non era stata ancora confermata per un semplice motivo: si temeva un coinvolgimento di Calderoli nell’inchiesta sui movimenti dell’ex tesoriere Belsito. Timori tutt’altro che ingiustificati, visto che secondo gli atti d’indagine risulta che anche l’ex ministro della Semplificazione ha ricevuto ‘elargizioni’ dalle casse del Carroccio. Contestualmente all’investitura della triade, il consiglio federale ha nominato nuovo tesoriere del partito il deputato Stefano Stefani. PerUmberto Bossi, quindi, quella di oggi con tutta probabilità è stata l’ultima giornata alla guida della Lega Nord: al momento ha vinto la tesi di chi, anche all’interno del partito, sostiene che il Senatur fosse a conoscenza di quanto accadeva con i soldi del Carroccio.

    I COLONNELLI LEGHISTI SUL PASSO INDIETRO DEL SENATUR
    La notizia delle dimissioni, inoltre, è arrivata anche ai sostenitori del Senatur che da stamattina manifestavano all’esterno della sede di via Bellerio in sostegno a Umberto Bossi: i militanti sono stati fatti entrare dal cancello posteriore del ‘fortino’ di Via Bellerio e si sono ritrovati nel cortile interno della sede, dove hanno continuato a urlare il nome del leader storico della Lega e vari slogan pro-Bossi. Gli stessi sostenitori del senatur hanno poi contestato Roberto Maroni all’uscita da via Bellerio: oltre a cori di scherno (“Buffone, buffone” le grida), i manifestanti hanno gettato sulla macchina dell’ex ministro dell’Interno (ma non era lui all’interno dell’auto) dei volantini con riferimenti al ‘bacio di Giuda’. Contestato anche il segretario della Lega lombarda, Giancarlo Giorgetti, definito ‘traditore’ dai manifestanti. Maroni, da par sua, ha invece ricostruito gli ultimi momenti del senatur alla guida della Lega: ”C’è stata grande commozione quando Bossi, durante il federale, ha detto che voleva dare le dimissioni. Gli abbiamo chiesto di rinunciare ma è stato irremovibile. A Bossi ho detto: Umberto, se deciderai di ricandidarti al congresso federale questo autunno io ti sosterrò” ha detto l’ex ministro dell’Interno, che poi ha ricordato come “alla fine del Consiglio federale, io e Umberto ci siamo lungamente abbracciati”.

    “Lui è un grande uomo e ha motivato le sue dimissioni dicendo che, essendoci di mezzo la famiglia, era giusto fare un passo indietro” ha sottolineato Stefano Galli, capogruppo della Lega in Regione Lombardia, lasciando la sede di via Bellerio e riferendosi a quanto detto da Umberto Bossi nel decidere di dimettersi. “Credo che le persone responsabili di quanto accaduto dovranno pagare” è stato il pensiero di Attilio Fontana, sindaco di Varese, secondo cui “Bossi ha dimostrato di avere a cuore il movimento e ha fatto una cosa dolorosa per lui ma credo che sia quella più utile per il movimento, per evitare che una situazione come questa potesse creare problemi. E’ uscito da vero leader dal movimento”. ”Ha dato un grande segnale da leader: con queste sua scelta personale e insindacabile di dimettersi da segretario ha dato dimostrazione di quanto gli stia a cuore la Lega” ha detto invece il governatore del Veneto Luca Zaia. “Non c’è storia: Umberto Bossi è un vero leader. Grazie per tutto quello che hai fatto e che farai. Ora vogliamo i colpevoli”: è il commento di Lucio Brignoli, coordinatore federale del Movimento giovani padani, secondo cui “l’immagine indelebile di oggi è l’abbraccio tra Umberto Bossi e Roberto Maroni: questo è il passato, il presente e il futuro della Lega. Chi non capisce questo è solo chi ha fatto il male o vuole la fine della Lega”.

    “Serviva un segno di discontinuità, la Lega doveva dimostrare di essere ancora diversa dagli altri partiti. Un segnale che è stato dato con la scelta personale e dolorosissima di Umberto Bossi, che ha dimostrato di volere davvero bene al movimento”: parola di Flavio Tosi, il quale poi ha aggiunto che “come avevamo già detto, in una situazione come questa la rimozione del tesoriere non poteva essere sufficiente”. Non è mancato, inoltre, un commento ufficiale, con i partecipanti alla riunione del Consiglio federale che “hanno manifestato la loro commozione e l’unanime apprezzamento per la scelta compiuta da Umberto Bossi per tutelare al meglio il movimento, ringraziandolo per aver accettato la nomina a Presidente”. E’ quanto scritto in una nota del Consiglio federale secondo cui Bossi è stato poi salutato “con un lungo e sentito applauso”.

    LE REAZIONI DEGLI ALTRI PARTITI

    Pd e Idv
    ”Nella faida che si sta consumando dentro la Lega qualcuno può avere la tentazione di pensare che Maroni è meglio di Bossi” ha detto l’europarlamentare del Pd Debora Serracchiani, secondo cui “Maroni si sta accreditando come la faccia pulita e presentabile della Lega, ma questa è una favola scadente, dal momento che Maroni è stato fino a ieri fedelissimo e informatissimo membro dello stato maggiore del Carroccio e, dal Viminale, zelante propugnatore di tutti i provvedimenti derivanti dall’ideologia leghista, dall’assurdo reato di clandestinità ai respingimenti indiscriminati che ci hanno fatto condannare dall’Europa”. Per l’esponente democratica, “vanno in scena gli ultimi atti di una banalissima lotta di successione, in cui la politica e le idee non c’entrano nulla, perchè sotto i gestacci di Bossi o dietro gli occhiali modaioli di Maroni fermenta lo stesso populismo intollerante e straccione, lo stesso disinteresse – ha concluso – per il bene reale dei loro elettori”. “Se finisce così, con la Lega senza Bossi, è davvero chiuso il ventennio della Seconda Repubblica” ha scritto Paolo Gentiloni del Pd su Twitter. Per Antonio Di Pietro, invece, “le dimissioni di Umberto Bossi sono un atto dovuto da rispettare” e “siccome il problema è il finanziamento pubblico ai partiti che deve essere risolto a monte – ha detto l’ex pm – noi abbiamo depositato in Cassazione il quesito referendario per abolire la legge in vigore, ed avviato una legge di iniziativa popolare per dare la possibilità al Parlamento di legiferare prima del referendum che non si farebbe prima del 2014″.

    Udc
    “E’ presto per un giudizio politico articolato – ha detto il presidente dell’Udc Rocco Buttiglione – però umanamente mi dispiace perché ho conosciuto Umberto Bossi di persona e so che è una persona leale, sinceramente animata da una passione ideale. Vorrei che sapesse, in questo momento che deve essere difficile, che la mia stima umana nei suoi confronti resta intatta e che gli sono vicino”. Sempre dall’Udc, diverso il commento di Enzo Carra, secondo cui “la gravissima crisi della Lega, la destituzione di Bossi, segnano la fine della seconda Repubblica. Il nuovo che avanza affonda nello stesso fango che aveva sommerso la prima Repubblica. Il partito che aveva combattuto per la virtù pubblica cade nei vizi privati. Chi di coltel ferisce di coltel perisce”.

    Pdl e Fli
    Il primo ad esprimere solidarietà a Umberto Bossi è stato l’ex ministro Aldo Brancher, anche lui coinvolto nelle indagini sui soldi della Lega. “Sono con lui, ha tutta la mia solidarietà e stima” ha detto Brancher, deputato Pdl nonché da sempre ‘emissario’ di Silvio Berlusconi presso la Lega. “Se si è dimesso, avrà le sue buone ragioni. E’ un atto, comunque, che va apprezzato. Ora, mentre si apre una questione morale interna al Carroccio, certamente si chiude una stagione per ciò che la Lega ha rappresentato”: questo il commento al passo indietro di Bossi da parte del vice presidente di Futuro e libertà Italo Bocchino. Ironica, invece, la reazione di Fabio Granata (Fli): “La mia sensazione è che Bossi sia vittima del Cerchio… Tragico” ha detto il vicecoordinatore di Fli, secondo cui “la decisione di Umberto Bossi di dimettersi irrevocabilmente non può lasciare indifferenti in un quadro politico nel quale l’ammissione di responsabilità politica attraverso un gesto è pratica sconosciuta”.

    La notizia del passo indietro di Bossi hanno creato scompiglio soprattutto nel Pdl. “Queste dimissioni date in modo così tempestivo dimostrano la buona fede di Bossi e come il suo impegno sia sempre stato legato alla passione per la politica, senza nessun interesse personale. Quando eravamo ministri, in Cdm l’ho sempre visto battersi per i valori e gli ideali in cui credeva” ha detto Maria Stella Gelmini. “Noi siamo alleati della Lega e ci sentiamo molto vicini a Bossi in questo momento” ha assicurato la Gelmini, che poi ha avvertito: “Alla fine, questa vicenda dimostra che Bossi sia stato più vittima che responsabile dei fatti che stanno emergendo”. ”Sono notizie che colpiscono, non credo che ora sia possibile commentare e vedremo come si evolverà la situazione”: così il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, commentando, a margine di una conferenza stampa dopo la riunione della Giunta, la notizia delle dimissioni del leader della Lega Nord Umberto Bossi. Formigoni ha sottolineato che in giunta “la maggioranza tiene bene perchè gode del consenso dei cittadini”. “Se siamo stati rieletti quattro volte è perché i cittadini esprimono il consenso su quello che facciamo – ha continuato – e sono soddisfatti per le iniziative che stiamo realizzando”. La Lega, ha ribadito il presidente della Regione, “ha sempre confermato di mantenere l’alleanza con il Pdl in tutte le amministrazioni dove ci siamo presentati assieme alle scorse elezioni”.

    L’ex alleato Silvio Berlusconi e le mire del Pdl sul bacino di voti della Lega
    Rammaricato per la bufera che ha colpito ‘l’amico’ Umberto, tanto da arrivare a pensare che nulla sarà più come prima. Silvio Berlusconi, costantemente informato sulle notizie che arrivavano da Milano – dove era riunito il consiglio federale della Lega concluso con le dimissioni del Senatur – sarebbe rimasto sorpreso, ma soprattutto umanamene molto dispiaciuto per colui che ha sempre considerato “il suo più fedele alleato”. Un Cavaliere profondamente amareggiato: è la descrizione fornita dai parlamentari che con lui hanno commentato tutta la vicenda che tra travolto il vertice leghista. Al di là del dispiacere, però, l’ex presidente del Consiglio avrebbe constatato senza tanto stupore che contro Bossi si è scatenata la solita giustizia ad orologeria: “E’ un film che conosco bene – sarebbe stato il ragionamento – dopo essersi accaniti contro di me, ora tocca ad Umberto. Guarda caso ad un mese dalle elezioni amministrative”. Al turbamento del Cavaliere si aggiungono però i ragionamenti dentro il Pdl su come saranno ora gli equilibri ed i rapporti con la Lega Nord. I più cinici a via dell’Umiltà sperano che il terremoto che ha travolto i lumbard possa avere ricadute positive in termini elettorali per il Pdl alle elezioni amministrative. La speranza è che si riesca a drenare qualche voto dei delusi, anche se, sondaggi alla mano l’ipotesi che va per la maggiore è che i militanti delusi del Carroccio con i loro voti contribuiscano ad aumentare il consenso di quei partiti simbolo dell’antipolitica come il movimento di Beppe Grillo. Al di là delle elezioni amministrative però nel Pdl c’è già chi guarda oltre e attende le ‘mosse’ di Roberto Maroni, considerato dai pidiellini il segretario in pectore della Lega. L’ex ministro dell’Interno – è il ragionamento di alcuni – si terrà fino alla fine le mani libere per cui recuperare l’alleanza non sarà così semplice. Non la pensano così alcuni dirigenti vicini anche al segretario Angelino Alfano. Anzi, è proprio sullo stretto rapporto che c’è tra i due, coltivato anche dall’esperienza insieme al governo, che nel Pdl si guarda nell’ottica di una possibile alleanza futura. (ilfattoquotidiano.it)

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