Spione e Giannatempo si sono attivati. Assessore ai servizi sociali e sindaco di Cerignola si muovono in direzione Foggia, con destinatario il Prefetto Luisa Latella, per chiedere al “papa straniero” di risolvere uno dei bubboni di casa nostra: la “questione immigrati” e le problematiche ad esso connesse, ovvero ordine pubblico, affitti in nero, condizioni di lavoro, condizioni di vita ed igiene pubblica. Il merito è quello di aver tolto la sordina (o meglio il silenziatore) al tema, uno di quelli che è meglio non trattare perchè non porta voti, perchè è scivoloso e perchè magari richiede sforzi e competenze al posto di demagogia e populismo. Magari ascoltando anche la voce di chi quella problematica la conosce perchè ci ha lavorato e ci lavora. Tutti i giorni. Se Spione e Giannatempo non lo hanno fatto, ci ha pensato lanotiziaweb a raccogliere quelle voci.
Non solo ordine pubblico. Don Pasquale Cotugno, oggi parroco di San Domenico, è stato responsabile Caritas dal 2001 al 2009, oltre che parroco di Tressanti, lì dove la presenza di immigrati conosce forti picchi proprio nel periodo estivo. «Va bene intervenire sulla questione degli affitti in nero. Bisogna, però, andare oltre, realizzando una serie di interventi durante l’anno che portino innanzitutto a conoscere la realtà degli immigrati a Cerignola e quindi poi a poter intervenire con delle soluzioni. Non sappiamo effettivamente quanti sono: servirebbe un censimento. Nelle scuole i servizi sociali dovrebbero monitorare la situazione dei minori: quanti ne sono e quanti di loro vanno a scuola». Sull’associazione mentale (ma anche politica, a questo punto) immigrati-ordine pubblico le idee sono chiare: «E’ semplicemente inaccettabile. Questa impostazione mentale non tiene conto della realtà, anzi la rovescia. Al netto di singoli episodi, che come tutti gli altri vanno perseguiti, è innegabile che il tasso di criminalità sia altissimo tra i cerignolani, che il caporalato sia organizzato dalla criminalità locale, così come sono i cerignolani ad affittare a nero le case e a farci vivere dentro più persone in condizioni disumane».
Un albergo poco diffuso. Vito Colangione è il responsabile dell’Albergo diffuso di Tressanti, gestito dal 1998 dall’associazione San Giuseppe: «Quest’anno c’è stato un forte calo di presenze – esordisce a lanotiziaweb -. Abbiamo avuto un picco tra luglio e gli inizi di agosto, adesso i nostri ospiti sono soltanto una ventina (a fronte di una disponibilità di 100)». Il perchè di tale scarsa frequentazione viene così spiegato: «Venire da noi significa sottoscrivere una carta dei servizi, rispettare alcune regole (come gli orari e l’igiene personale) ed alcuni divieti (abuso di alcolici). Credo che molti preferiscano pagare di più (anche 100 euro a testa mensili) per vivere ammassati assieme a tanti altri, pur di non accettare questo sistema di vita. Da noi, tra l’altro, solitamente soggiornano lavoratori impegnati nelle campagne. Chi preferisce trovare un alloggio in città è anche perchè può, invece di lavorare, dedicarsi all’accattonaggio».
In prima linea. Le Suore della Carità li incontrano tutti i giorni. Conoscono le loro facce, le loro storie, le loro difficoltà. Ogni giorno, proprio a fianco della Chiesa di san Domenico, offrono un piatto caldo e un po’ di assistenza a chi lo chiede, la maggior parte cittadini immigrati. Suor Maria Antonietta, dell’ordine vincenziano, conosce bene anche la situazione di Tre Titoli: «Vivono in condizioni pietose. Adesso ne sono qualche migliaia, in pianta stabile invece ci vivono 200-300 persone. Sono sopratutto africani, polacchi e rumeni. Lavorano in campagna e spesso mi raccontano che i “padroni” (così li chiamano loro) a fine lavoro neanche li danno quanto dovuto, posticipando il pagamento e costringendoli a tornare nei campi. Si spostano con molta difficoltà, perchè, ad esempio, da Tre Titoli parte un solo pullman alle 7, con il ritorno alle 13.30. Se non li pagano, spesso, non hanno neppure i soldi per pagarsi il biglietto e venire da noi a mangiare. La situazione rischia di esplodere da un momento all’altro. Il paradosso è che è sotto gli occhi di tutti, basti pensare all’occupazione di un casolare nei pressi del supermercato Penny, dove vivono in condizioni pietose diversi immigrati, completamente abbandonati a se stessi e fonte di pericolo per chi frequenta quei supermercati, come dimostrano alcuni episodi accaduti proprio nell’ultimo anno».
Come era facilmente prevedibile la tematica è molto più complessa del semplice mercato nero degli affitti ed ancora una volta la chiave di lettura dell’ordine pubblico non può essere l’unica possibile. Così non può essere, visto che molti cittadini stranieri sono comunque comunitari e quindi nel pieno diritto di stare e muoversi sul nostro territorio. Così non deve essere, per una società che dovrà, sempre più, imparare a far fronte ad un fenomeno semplicemente inevitabile. Con un atteggiamento sereno, obbiettivo e razionale. Che aiuti, sopratutto, ad evitare quella “guerra tra poveri” di cui, purtroppo, si comincia ad avere qualche sentore in alcuni quartieri della città.