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    L’evoluzione del welfare locale per non soccombere alla crisi

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    Di fronte agli effetti drammatici della crisi sulle condizioni di vita dei cittadini e alle evidenti ripercussioni involutive che essa ha determinato nella sfera relazionale e nel rapporto tra cittadino e Istituzioni, diventa indispensabile dare alle politiche del welfare una maggiore incisività negli aspetti che valorizzano l’attenzione all’ascolto e al confronto e che promuovono la più ampia e libera partecipazione nella costruzione consapevole di un migliore contesto sociale. Il grave episodio luttuoso della dottoressa Paola Labriola non rappresenta un incidente di percorso ma è anche il preoccupante risultato di un deterioramento culturale che tende a limitare alla gestione burocratica e gerarchica delle politiche del welfare l’impiego di risorse economiche, umane, strutturali e sociali. C’è oggi, innanzitutto, la necessità di rendere più rispondenti le strutture, gli organici, le disponibilità finanziarie in ambiti strategici del welfare locale, nonché di sostenere anziché svilire da parte dei decisori aziendali e/o istituzionali il lavoro e le competenze professionali di quanti operano sul campo coscienziosamente e con dedizione, spesso in condizioni di disagio e di rischio.

    Come Associazione Lavoro&Welfare vogliamo in particolare evidenziare quanto più volte affermato in precedenti occasioni, ovvero che agli strumenti di pianificazione del welfare, per quanto affrontati positivamente nella elaborazione progettuale e nella sfera della gestione finanziaria, occorre dare una più forte valenza di coinvolgimento sociale, culturale e partecipativo. Il Piano Sociale di Zona è stato, per il nostro territorio, un valido e innovativo strumento organizzativo con riferimento alle politiche del welfare locale. Esso, tuttavia, non ha l’effetto di determinare da solo la Coesione Sociale, obiettivo fondamentale verso cui occorre tendere. La Coesione Sociale è soprattutto frutto e conseguenza di un’azione politica generale e di una dinamica sociale e culturale che incentivi e valorizzi la cooperazione sociale sana (non clientelare e strumentale), l’associazionismo di qualsiasi natura, il volontariato, il sistema delle famiglie ed il sistema delle imprese e del lavoro. La costruzione della Coesione Sociale richiede valori ideali e modelli operativi che vanno attuati con coerenza nei luoghi e nelle strutture amministrative-istituzionali e nella società. Occorre che le politiche sociali si colleghino e si inquadrino con la POLITICA GENERALE della città, in particolare con quella urbanistica e territoriale, come più volte abbiamo pubblicamente sostenuto. Tutta la società deve farsi carico della Coesione Sociale, tenendo distinti i compiti e le responsabilità tra i vari soggetti in gioco, altrimenti il “tutti insieme” diventa un confuso oceano, mentre è necessario individuare concretamente sul territorio le competenze di “ciascuno”.

    Le politiche del Welfare, più che un’opportunità generica di crescita civile, devono significare andare a vedere, oltre e dopo i Piani Sociali di Zona già attuati, cosa di solido e di permanentemente efficace si è costruito, rappresentando un punto di forza e una leva per affrontare il futuro incerto; quali opportunità e momenti di riscatto sociale si riesce a fare intravedere a quanti oggi soffrono maggiormente la crisi. Sicuramente il principio ispiratore di un welfare giusto è l’universalismo, entro cui le reti relazionali debbono essere punti di forza, mentre spesso si verifica il contrario, in quanto i processi attivati dalle relazioni diventano un circolo vizioso e non sempre vedono al centro il valore della persona. Povertà, vulnerabilità, spaesamento, solitudine, insicurezza sono condizioni e concetti che nelle nostre città vanno affrontati con una maggiore corrispondenza delle azioni concrete, a partire proprio da ciò che quotidianamente le strutture istituzionali e delle Pubbliche Amministrazioni locali realizzano, per riconquistare e promuovere la fiducia persa dai cittadini nei loro confronti.  La gestione del Piano di Zona, per quanto risulti funzionalmente definita, non è riuscita a comunicare pienamente ed a fornire le risposte adeguate ai bisogni sociali accentuati dalla crisi. Perciò pensiamo sia necessario valorizzare e rafforzare il lavoro e le iniziative di relazione (ad esempio gli “operatori di strada”) e favorire maggiormente nell’attività dell’Ufficio di Piano e del relativo Assessorato il coinvolgimento e la partecipazione non autoreferenziali ma autenticamente aperti ai contributi propositivi, soprattutto se provenienti da quanti si impegnano nel mondo associativo e del volontariato in forma libera e GRATUITA per migliorare le condizioni di vita della nostra comunità. Ribadiamo che l’affermarsi della “BUONA POLITICA” rappresenta una fondamentale condizione di riferimento per poter promuovere principi etici e regole attuative anche nel campo del welfare locale.

    Maggiore vicinanza ai cittadini, più ampia partecipazione sociale, etica nell’azione politica: il welfare va oggi rilanciato su queste basi, anche per rafforzarne la valenza quale motore di sviluppo, con iniziative pubbliche, private, privato-sociali che operino nella somministrazione di prestazioni e servizi socio-assistenziali, sperimentando modelli più avanzati da offrire per contrastare il disagio e realizzando servizi qualificati e non condizionati da logiche improprie (clientelismo, profitto, ecc.). Con riferimento all’ultima relazione diffusa dagli Assessorati alle Politiche Sociali in riferimento alle attività realizzate nel relativo Ambito con le risorse del Piano di Zona, evidenziamo la necessità di una più ampia condivisione di strumenti, meccanismi, indicatori per la verifica, misurazione e valutazione scientificamente condivisibile e/o condivisa dei risultati ottenuti con le risorse impiegate in relazione agli obiettivi specifici ed alla finalità generale della coesione sociale. Il rafforzamento dell’Ufficio di Piano e della struttura di funzionamento del Piano Sociale di Zona, come anche l’attivazione di iniziative che si presentano “Innovative” (Distretto Famiglia, Progetto Lilla, il riferimento al Piano del Lavoro Regione Puglia, La Casa dei Diritti come Casa della Società Civile, il Piano dei Tempi e degli Spazi, i Patti Sociali di genere, il Centro di Famiglia, etc.), vanno chiaramente verificati nella loro efficacia e portati avanti con effettiva collegialità e comunitarietà. Occorre una riflessione profonda sul ruolo dell’Associazionismo, per questo riteniamo utile la convocazione, in ogni Ambito Territoriale, di una sorta di “Stati Generali dell’Associazionismo, del volontariato e di tutti gli organismi del terzo settore”, per mettere a punto le attività specifiche che possano supportare e dare ad essi un quadro di riferimento più complessivo nel quale realizzare la propria funzione sociale. Le tabelle relative all’andamento demografico indicano la necessità di mettere al centro del Welfare Comunitario la questione degli anziani, in particolare non autosufficienti, ed inabili. Emerge dai resoconti degli Ambiti la conferma di un dato preoccupante, la totale inadeguatezza dell’integrazione socio-sanitaria. Tale situazione è gravissima e non più tollerabile e richiede una forte iniziativa politico istituzionale che impedisca salti nel buio causati da ulteriori tagli e penalizzazioni nella sanità del territorio. Su questi aspetti e su quanto altro incide concretamente nel definire le prospettive del welfare locale occorre rilanciare nei Comuni della Capitanata il confronto tra le Istituzioni e gli organismi di partecipazione, per un coinvolgimento più ampio e più improntato alla responsabilità sociale.

    2 COMMENTS

    1. Tattiche per tenere a bada persone pericolose.
      Tattiche per pararsi il C………..o, o povr a nòù!!!!

    2. naturalmente la gente che si metterà a disposizione lo dovrà fare gratuitamente… i nostri politici nn hanno capito ancora che per non soccombere alla crisi servono posti di lavoro!!

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