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    Agromafia e caporalato: per ora se ne parla (solo) in parrocchia

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    Ancora una volta è una Parrocchia ad entrare a muso duro in un tema scomodo che partiti e politicanti si guardano bene dal toccare in campagna elettorale: agromafie e caporalato. Questo il tema del terzo appuntamento del ciclo di seminari formativi all’impegno sociale dedicati al venerabile don Antonio Palladino, tenutosi lo scorso venerdì nella Chiesa di San Domenico, a Cerignola. “Come comunità cristiana e come Presidio cittadino di ‘Libera’ -dichiara don Pasquale Cotugno, Parroco di ‘San Domenico’ e promotore dell’iniziativa- non possiamo fare finta di niente. Abbiamo l’obbligo morale di riflettere e di interrogarci su piaghe come il caporalato, lo sfruttamento degli immigrati e le infiltrazioni mafiose nell’agroalimentare, settore trainante della nostra economia. Come ci suggerisce una scena del film ‘Terraferma’ di Emanuele Crialese, in cui i pescatori, nonostante il divieto di legge, prestano soccorso ai barconi di clandestini, esiste una legge superiore: la legge del mare, la legge della coscienza che merita rispetto. Più della Bossi-Fini”. “Ma oltre alla bella partecipazione dei cittadini -denuncia il prelato- dobbiamo prendere atto dell’assenteismo di movimenti politici, istituzioni e giovani che fanno parte di partiti. Come al solito fermi sulle loro convinzioni e mai disposti a mettersi in ascolto, confrontarsi e formarsi, cercano solo momenti per fare passerelle e lasciarsi andare a luoghi comuni. Con orgoglio, invece, va sottolineato che solo la mia parrocchia offre su questi temi possibilità di incontro”.

    “Questo incontro-dibattito è solo il primo tassello di una più vasta opera di programmazione e di intervento al servizio degli immigrati che vivono nel nostro territorio -spiega Stefano Campese, neo Avvocato, militante dell’associazione culturale Oltre Babele-. Presto, attiveremo proprio presso la Parrocchia di San Domenico, il nostro ‘Quartier Generale della legalità’, uno sportello giuridico a favore degli immigrati in difficoltà. I tanti che ogni giorno subiscono nell’indifferenza generale soprusi e ingiustizie da coloro che si definiscono buoni cristiani”. A seguire, una tavola rotonda sul tema: “Agromafie e Caporalato” moderata da Stefano Campese, con gli interventi di esperti e operatori del settore come Daniele Calamita, Segretario Generale della Flai Cgil Fg, Tonino D’angelo (Art village Foggia), Mbaye Ndiaye (cooperativa internazionale ’La senegalese’ di San Severo) e Claudio De Martino, Avvocato di strada di Foggia.

    Intanto, molti continuano a chiedersi: “cos’è il caporalato?”. Basta spulciare su youtube per trovare qualche risposta. “sFruttati: volti e risvolti del nuovo caporalato”. Si intitola così una mini-inchiesta condotta nel novembre 2011 dai giovani volontari dell’associazione Acmos di Torino che da Collegno hanno attraversato la Penisola per arrivare a Cerignola, nella piana della Capitanata. Il terzo agro in Italia dopo Roma e Ravenna. Terra di pomodori, uva e olive ma purtroppo anche terra di caporalato. Eppure, di caporalato non si parla. E’ una pratica così radicata da risultare normale. Ampiamente diffuso e radicato, il caporalato consiste nell’intermediazione illegale tra proprietari terrieri e braccianti da parte dei cosiddetti ‘caporali’, i quali, dietro pagamenti di tangenti, effettuano il reclutamento di manodopera giornaliera e il trasferimento nei campi. Questo implica la totale mancanza di diritti per i lavoratori che non sono tutelati in termini di orario di lavoro, paga e  sicurezza. I proprietari terrieri slegati da ogni tipo di controllo, contratto e legislazione cercano di risparmiare sulla forza-lavoro e per questo, sfruttando l’arrivo di extra o neo comunitari, i braccianti attualmente reclutati sono in gran parte rumeni, bulgari e africani. Il caporale trasporta con mezzi propri i braccianti sul posto di lavoro e richiede una quota per il viaggio. Per ogni lavoratore reclutato guadagna una percentuale che, sommata al pagamento del trasporto e alla cresta applicata alla distribuzione quotidiana di viveri o sigarette, viene a costituire il suo stipendio. Mentre un bracciante agricolo italiano guadagna in media 45 euro al giorno, un bracciante straniero non guadagna più di 25-30 euro e, tenendo conto che una parte di essi viene trattenuta dai caporali per il trasporto sui campi, la paga è ridicola. Sono gli stessi caporali ad occuparsi direttamente della distribuzione del denaro tra i braccianti che hanno prestato servizio sui campi e, quindi, hanno potere decisionale rispetto al compenso da consegnare. Difficilmente esso corrisponderà al valore pattuito. A volte non viene neanche effettuato. Ma qualche volta il debole vince. E’ questa la storia di Ibra, un trentenne senegalese che come molti suoi connazionali vive nel ghetto di cartone di Rignano Garganico, a 10 km da Foggia. Ibra, all’ennesima ingiustizia, prende coraggio e denuncia tutto all’Avvocato di Strada foggiano, Claudio De Martino.

    “Per chi ancora non lo sapesse- spiega l’Avvocato- L’art. 12 del D.L. 13 agosto 2011, ha introdotto nel codice penale italiano il nuovo reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Le pene previste per i cosiddetti “caporali” sono la reclusione da cinque a otto anni e una multa da 1.000 a 2.000 € per ogni lavoratore coinvolto. Ma la legge di Caporalato presenta un grosso limite: il proprietario terriero è esente da responsabilità. Premesso questo, un pomeriggio ho conosciuto Ibra nel ghetto di Rignano. Mi si è avvicinato e mi ha raccontato di aver lavorato con un caporale e di aver lasciato il lavoro perché non retribuito. A distanza di un mese, ho pensato di inviare una vertenza al datore di lavoro”. Ma qui nasce lo scoglio più grande. Chi sono i proprietari terrieri che si nascondono dietro i caporali? “Per caso Ibra aveva saputo che il nome del proprietario dei campi in cui lavorava corrispondeva ad ‘Enzo’ e aveva segnato la targa del trattore da lui guidato. Grazie a questi dati siamo riusciti a rivelare l’identità del proprietario terriero e ad intervenire. Questi, subito allarmato, si è recato nel mio Studio per ‘risolvere il problema’. Una volta scoperte le sanzioni a cui sarebbe incorso, ha subito pagato. Ibra ha guadagnato pochi euro ma, in questo modo, abbiamo scardinato un sistema. Probabilmente, quel tale ‘Enzo’ riferirà al parente o all’amico, anch’egli proprietario terriero, che se non paga le giornate di lavoro ai suoi dipendenti, questi si rivolgeranno ad un avvocato. Interverrà l’Ispettorato del Lavoro e scatterà una denuncia penale. E quell’art. 1 della Costituzione che arriva nei campi di pomodoro di Tre Titoli o nella fabbrica abbandonata di Manfredonia, è una rivoluzione”.

    Ma il caporalato è anche un reato spia. La punta di un iceberg sotto al quale si nascondono infiltrazioni di poteri mafiosi, contraffazioni alimentari, prostituzione, riduzione in schiavitù. Quali sono i costi del caporalato? Lo chiediamo a Daniele Calamita della Flai Cgil di Foggia. “Nel 2012- spiega- l’osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil ha pubblicato un dossier intitolato ‘Agromafie e caporalato’, la prima ricerca completa sul fenomeno del caporalato in Italia che, condotta su 14 regioni e 65 province, ricostruisce una mappatura del fenomeno, dei flussi stagionali di manodopera irregolare e degli epicentri a forte rischio. A cominciare dalla nostra Capitanata e dalle campagne del foggiano, tristi teatri di sfruttamento e diritti negati. Nella Provincia di Foggia abbiamo stimato che nel periodo estivo sono presenti 14-15.000 braccianti che lavorano in maniera irregolare e vivono in ghetti di cartone e amianto, senza servizi igienici e pagando al caporale 1,50 per un panino o una bottiglietta d’acqua. L’8% delle aziende confiscate è nel settore agroalimentare, quello prescelto per le infiltrazioni mafiose perché è il settore più protetto. Tra il pomodoro immesso sul mercato e quello consumato abbiamo stimato un rincaro del 2500%. 420 milioni di evasione fiscale gravano sulle casse dello Stato, anche se la mole reale secondo me si aggira intorno ai 600-700 milioni”. La Regione Puglia ha istituito presso i Centri per l’impiego provinciali, gli elenchi di prenotazione in agricoltura su base territoriale nei quali possono confluire volontariamente tutti i lavoratori disponibili alle assunzioni/riassunzioni presso le imprese agricole pugliesi. Liste di prenotazione da cui, in teoria, le aziende agricole possono attingere forza-lavoro, prevedendo contributi a fondo perduto dai 500 ai 7.000 euro. Ad oggi, però, nessuna azienda ne ha fatto ricorso. Perché? Il caporalato conviene.

    Eppure c’è chi è riuscito a trovare le chiavi per uscire fuori dai ghetti e liberarsi dai caporali. E’ questa la storia di Mbaye Ndiaye e di Papa Latyr Faye (cooperativa internazionale ’La senegalese’ di San Severo). “Insieme ad Art village, Caritas, Albero del Pane, la CGIL e altre realtà e grazie al sostegno del Prefetto di Foggia, Luisa Latella- spiegano a lanotiziaweb.it- abbiamo creato una rete di sostegno agli immigrati e costituito un gruppo operativo. Nostro obiettivo è eliminare i ghetti, sostituendoli con una rete di alberghi diffusi. Abbiamo già attivato progetti di auto-costruzione. Con meno di 5.000 euro è possibile costruire delle case di legno dignitose. Annualmente si spende 1 milione di euro in più solo per portare acqua e bagni chimici nei ghetti. Ci sono tante strutture abbandonate come l’Acropolis a San Giovanni Rotondo, un albergo-masseria con oltre 20 ettari di terreno, che potremmo riutilizzare a favore degli immigrati. Nei ghetti ci sono tanti ingegneri, medici, artigiani che possono investire le loro competenze”. Perché l’immigrazione può essere una risorsa.

    4 COMMENTS

    1. Bella iniziativa…a me piacerebbe però vedere qualche foto dell’evento, la grande partecipazione della gente, della parrocchia…i meloni nella foto sono tanti….mi piacerebbe vedere l’assemblea…

    2. Peccato che tutta sta gente parla e parla e poi? Sono anni ke non cambia niente..solo i pochi volontari a 3 titoli il merc e nel resto della sett ad aiutare il prossimo e tutti gli altri? Bah.. e tu curioso vieni lì a vedere l’assemblea e a sporcarti un po’ le mani..

    3. Io purtroppo ero fuori sede.
      quando le iniziative funzionano è bello vedere le immagini della massiccia partecipazione….incoraggia a fare di più e meglio.

    4. Bella serata, le persone invitate hanno detto cose sacrosante e sopratutto è gente che ha a che fare concretamente conil fenomeno se ne escefuori qualcosa di concreto sarebbe meglio

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