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    FOCUS Intervista | Studio storico-giuridico sul Duomo “Tonti”

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    A trent’anni dalla scomparsa dell’Avv. Michele D’Emilio (1924-1984), profondo studioso di storia locale e animatore culturale, abbiamo interpellato il suo più diretto collaboratore, sulla reale portata della ricerca relativa alla proprietà del Duomo “Tonti”. Il Tempio fu voluto dal munifico Francesco Paolo Tonti (1785-1855) che, con disposizione testamentaria del 3 marzo 1855, volle dare una grande Chiesa Cattedrale alla sua città natale. Questo desiderio fu realizzato con la posa della prima pietra posta il 29 giugno 1873, e con l’approvazione nel 1883 del progetto esecutivo predisposto dall’architetto Giuseppe Pisanti. Il monumento fu ultimato nel 1934 dall’Amministrazione Comunale, con quanto restò delle rendite e del patrimonio Tonti e, da ultimo, con denaro pubblico. Oggi il Duomo “Tonti” è interessato da lavori, autorizzati dall’attuale Amministrazione Comunale e voluti dal Vescovo della Diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano, riguardanti l’adeguamento dell’area presbiterale e della realizzazione del conditorio (cripta), per la sepoltura dei Vescovi diocesani, secondo la disposizione del Cæremoniale episcoporum (pars VII, caput VII, n. 1164), che recita: “Il corpo del vescovo diocesano defunto sia seppellito in chiesa, che di norma sia la chiesa cattedrale della sua diocesi. Il vescovo che ha rinunciato alla sede, sia seppellito nella chiesa cattedrale della sua ultima sede, a meno che egli non abbia predisposto diversamente”. In realtà nel documento non si parla di conditorio ma solo della sepoltura dei Vescovi nella Chiesa Cattedrale. Probabilmente si intendeva così evitare di riempire il Duomo “Tonti” (Cattedrale di San Pietro Apostolo) di monumenti funebri innalzati alla memoria dei Vescovi. Al fine di mettere un punto fermo in merito alle varie interpretazioni, recentemente espresse, sui vari problemi scaturiti dalla costruzione del Tempio, abbiamo intervistato l’avv. Michele Argentino, il più stretto collaboratore dell’Avv. D’Emilio, che ne ha curato lo studio storico-giuridico.

    C’è stato del contenzioso tra Chiesa e Comune e, in caso affermativo, a che titolo?

    «Per rispondere alla domanda è indispensabile premettere che Paolo Tonti nominò suo erede universale il Comune di Cerignola e beneficiario delle sue disposizioni testamentarie, tra altri, il popolo dei cittadini di rito cattolico della sua città. Poiché i lavori della costruzione del Duomo ad un certo punto si erano arenati e non v’era alcun cenno di ripresa, il Vescovo della Diocesi, a distanza di anni dalla interruzione, invocò reiteratamente l’ultimazione degli stessi e la trasmissione del rendiconto annuale sia del Comune che dell’Opera Pia Tonti. Poiché da parte dei due interpellati non vi è mai stato riscontro in merito, il Vescovo decise di rivolgersi all’autorità giudiziaria per ottenere quanto riteneva gli fosse dovuto. La sentenza del Tribunale di Lucera, all’epoca competente per territorio, stabilì che il Tonti volle fornire al Vescovo ed al Capitolo Cattedrale di Cerignola un tempio maestoso per la propria città, ma volle altresì che di tale tempio avesse ad usufruire per lo stesso scopo anche la comunione dei fedeli. Per conseguire tale risultato egli impose all’erede (Comune) un peso, il cui adempimento non dovesse rimanere affidato alla sua coscienza, ma scaturente da un preciso obbligo giuridico, che poteva essere preteso da tutti i possibili destinatari delle sue disposizioni testamentarie, ovvero oltre al Vescovo anche tutti coloro che praticavano il rito cattolico nella città di Cerignola.

    La Corte di Appello di Trani, investita dal Comune, stabilì che Paolo Tonti, disponendo che con le rendite del suo patrimonio si costruisse in Cerignola una Chiesa Cattedrale, intese beneficare direttamente la generalità degli abitanti della città nei loro interessi di credenti e praticanti il rito della religione cattolica. Un beneficato è dunque il popolo, ma il populus fidelium rappresentato dal Vescovo, che ben può agire insieme al Capitolo Cattedrale di Cerignola per far valere gli interessi vantati in giudizio. Tra i beneficati non figura il populus civium, il cui legittimo rappresentante è il Sindaco. La Cassazione a Sezioni Unite di Roma, inoltre, chiude il discorso sostenendo che la costruzione di una Cattedrale interessa i rapporti religiosi della popolazione di Cerignola e della Diocesi e questi rapporti non possono essere logicamente rappresentati che dai loro naturali tutori, cioè dal Vescovo e dal Capitolo Cattedrale di Cerignola. Si noti che la questione non è mai stata contestata dal Comune, il quale ha eccepito soltanto la inammissibilità (meglio la carenza della legittimazione ad agire) di qualunque azione propugnata dal Vescovo e dal Capitolo Cattedrale; non escludendo però che altri, senza specificarne l’identità potesse esercitare, potessero vantare l’azione di costringimento ad eseguire l’opera voluta dal Tonti. La Corte di Cassazione di Napoli, infine, si pronunciò sulla eccezione sollevata dal Comune di Cerignola, riguardante un difetto di motivazione della sentenza della Corte di Appello di Trani. Secondo il Comune la sentenza della Corte di Appello non avrebbe motivato, benché sollecitata, il rigetto della sua richiesta relativa alla già consumata spesa di Ducati Centomila, per cui lo stesso Comune non poteva essere costretto a versare altre somme. La eccezione non fu ritenuta valida a fronte dell’impegno giuridico gravante sul Comune. Difatti la sentenza decretò che il diritto dei fedeli, che è quello di ottenere la Chiesa Cattedrale, non è condizionato dall’avvenuto consumo delle somme indicate dal testatore».

    Chi è in sostanza l’erede di Paolo Tonti?

    «Secondo le quattro sentenze, Paolo Tonti, imponendo al Comune di Cerignola, erede universale, l’onere di costruire una Chiesa Cattedrale, intese beneficare la popolazione cattolica di Cerignola, rappresentata giuridicamente dal Vescovo e non già dal Sindaco. Ripeto, l’erede universale è il solo Comune di Cerignola e non altri, anche se vi sono numerose disposizioni testamentarie a favore di terzi ed a carico dell’erede».

    Dalle analisi delle fonti storiche e dal loro esame cosa ne scaturisce?

    «Si può senza dubbio affermare che l’onere di costruire la Chiesa Cattedrale era un peso a carico dell’erede, il cui adempimento potesse essere preteso, oltre che dal Vescovo, da qualsiasi componente del populus fidelium».

    La consegna del Duomo “Tonti” operata dal Comune di Cerignola ed in favore del Vescovo e del Capitolo Cattedrale, cosa definì?

    «La vicenda storica cessa definitivamente con l’atto del 13 settembre 1934 rogato dal Notaio dottor Francesco Colucci di Cerignola, nel quale le parti mettono fine alle ostilità, il Comune, cedendo il possesso della Chiesa, ed il Vescovo impegnandosi ad aprire il Tempio all’esercizio del culto dei fedeli, dopo la consegna. Tanto avvalora ulteriormente l’appartenenza della proprietà del Duomo “Tonti” al Comune di Cerignola (peraltro già proprietario in virtù dell’investitura di erede universale) certificata anche dalla cessione del solo possesso del Tempio ai beneficati, e non già della proprietà».

    Si può donare il Duomo “Tonti” alla Chiesa?

    «Non è possibile cedere la proprietà del Duomo “Tonti” da parte del Comune a favore di chiunque (Chiesa inclusa), perché con la consacrazione al culto il Tempio, pur non perdendo la sua essenza di bene privato, perde però la disponibilità da parte del proprietario. Questo stato di fatto e di diritto, probabilmente, costituisce una eccezione nel suo genere in quanto normalmente i templi sono di proprietà dell’autorità ecclesiastica, mentre nel nostro caso il Duomo è e resta di proprietà esclusiva del Comune di Cerignola, ovvero, di un privato. Però, aggiungo che, con la eventuale sconsacrazione, il Duomo perderebbe la sua indisponibilità e tornerebbe così nella libera disponibilità del Comune».

    Si può usucapire il Duomo “Tonti” da parte del Vescovo e del Parroco?

    «No, per diverse ragioni. Ai fini dell’usucapione è indispensabile che il possesso sia esercitato da un solo soggetto esclusivo. In particolare per quanto concerne il regime giuridico dell’edificio di culto cattolico, aperto al culto pubblico, esso è determinato dal vincolo di destinazione dell’edificio che sorge in virtù di una dicatio ad cultum. In proposito, l’ordinamento giuridico italiano e l’art. 7 della Costituzione rimandano ai canoni 1150 e 1510 del Codice di Diritto Canonico. In tal modo l’ordinamento giuridico italiano autorizza possesso ed uso degli edifici privati in favore della Chiesa intera, e non di un singolo ecclesiastico, per un fine determinato: l’esercizio del culto cattolico pubblico. Ne consegue che l’animus possidendi (presupposto per usucapire) degli organi della Chiesa non può essere diretto se non ad cultum pubblicum perché tale è l’oggetto del vincolo di destinazione. Una interversione nei confronti del diritto del proprietario non sarebbe possibile, perché qualunque atto del possessore apparirebbe all’esterno sempre sotto la luce del cultum publicum. Con la deputatio ad cultum si  crea nel popolo dei fedeli anche un diritto di uso pubblico dell’edificio. Tutto ciò esclude che Vescovo e Parroco possano possedere ai fini della usucapione e, cioè, per un fine diverso da quello per il quale ex lege la Chiesa è detenuta congiuntamente dall’Autorità Ecclesiastica e dal populus fidelium. Essi detengono per il culto pubblico cattolico dal quale nasce l’uso pubblico e non il possesso jure privatorum, ovvero tendente ad acquisire la proprietà mediante l’uso incontrastato del possesso per venti anni. Se quindi deve escludersi nel Vescovo e nel Parroco l’animus domini, ovvero la volontà di usucapire, l’usucapione non solo non può mai maturare, ma nemmeno può ipotizzarsi un dies a quo per la decorrenza del tempo necessario per usucapire. Sintetizzando il Tempio non si può usucapire perché oltre alle ragioni innanzi spiegate, vi osta anche il possesso congiunto del Vescovo e del Parroco».

    Conclusioni. Il Duomo “Tonti” resta di proprietà esclusiva del Comune mentre il populus fidelium, rappresentato dal Vescovo nella qualità più volte menzionata, unitamente al Capitolo Cattedrale di Cerignola, rimane titolare soltanto del possesso del tempio.  È rilevante constatare infine che nessuno dei quattro giudici abbia ritenuto di qualificare giuridicamente il “peso” gravante sull’erede, annosa questione ad oggi rimasta irrisolta come accertato dall’incomparabile studioso Avv. Michele D’Emilio. Però a prescindere dal silenzio dei Magistrati (tra l’altro non interpellati sull’argomento) si può sostenere che la qualificazione del “peso” gravante sull’erede altro non è che un semplice legato.

    di Angelo Di Santo

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