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    Cerignola, “Mi cercarono l’anima”

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    24 gennaio 2014 – “Stefano Cucchi e lo Stato s’incontrano giovedì 15 ottobre 2009”, comincia così il libro-inchiesta “Mi cercarono l’anima. Storia di Stefano Cucchi”, uscito il 22 ottobre 2013, quarto anniversario della morte del 31enne geometra romano. Una settimana prima era stato arrestato per possesso di stupefacenti. Stefano trascorrerà sette giorni “nelle mani dello Stato”, dai Carabinieri alla Polizia penitenziaria, dai magistrati ai medici del carcere, dell’ospedale e del Pertini. Morirà Roma il 22 ottobre 2009 in un letto del presidio ospedaliero protetto Pertini. “Presunta morte naturale” c’è scritto sul suo certificato di morte. Ma non c’è nulla di naturale nella sua morte: la famiglia – che l’aveva lasciato una settimana prima in buona salute – lo rivedrà dietro a una teca di vetro. Sul suo corpo, inequivocabili segni di percosse. Ma dopo tre anni e mezzo, la sentenza del processo, commina condanne lievi ai medici, assoluzione per tutti gli altri, compresi i tre agenti di Polizia penitenziaria accusati di averlo pestato. “Presentando questo libro -dichiara Pietro Fragasso, presidente della Cooperativa Sociale “Pietra di Scarto”- la Cooperativa – e la Bottega nello specifico – riprendono un percorso di apertura alla città che passa per la denuncia dei diritti violati, sia la vittima un campesino del messico sfruttato nelle piantagioni di caffè piuttosto che un ragazzo di Roma, pestato a sangue e poi morto mentre era nelle mani dello Stato. Esiste dal nostro punto di vista un filo rosso che lega tutto il nostro lavoro quotidiano ed è quello dei diritti nella loro affermazione fondamentale, imprescindibile da qualsiasi pregiudizio o stereotipo. Per questo credo che una bottega di commercio equo, luogo di tutela dei diritti dei lavoratori di ogni latitudine e quindi dei diritti umani, sia la cornice ideale in cui presentare un’opera di grande importanza collettiva come quella di Duccio Facchini. “Questo libro è necessario – conclude l’autore, il giornalista di Altreconomia Duccio Facchini -perché racconta la storia di un ragazzo di 31 anni nato a Roma e morto nell’ottobre del 2009 in un’ospedalecarcere della sua città. Aveva una madre, un padre, una sorella, degli amici e dei nemici, un cane, una macchina in arrivo, una casa e uno sport preferito. Un giovedì sera, dopo il lavoro, una cena in famiglia e la palestra, è stato arrestato e – dopo sette giorni – è morto. Una vita normale, con inciampi sofferenze e sbagli normali, finita in un modo che normale non è. E se è molto probabile, ma non certo, che “possa succedere a chiunque”, è un dato di fatto che ciò sia successo a Stefano. Ed è normale ricordarlo”.
    Un libro scritto con l’aiuto della famiglia di Stefano, dell’avvocato Fabio Anselmo e con importanti contributi di numerosi esperti su temi quali l’“esercizio esclusivo della forza” da parte dello Stato, la situazione delle carceri italiane, il reato di tortura, la legge Fini-Giovanardi sulle droghe. Prefazione di Luigi Manconi fondatore di “A buon diritto” e presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato e Valentina Calderone, giornalista e direttrice di “A buon diritto”. Testi di Ilaria e Giovanni Cucchi, Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, interviste a Mauro Palma, presidente della Commissione ministeriale sul sovraffollamento degli istituti penitenziari italiani e al giornalista Lorenzo Guadagnucci. Duccio Facchini, scrive dal 2011 per il mensile «Altreconomia». È coautore del libro “Armi, un affare di Stato” (Chiarelettere 2012). Fa parte dell’associazione “Qui Lecco Libera”.

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