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    La Terra Vecchia: che fare?

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    Tra pochi giorni l’Amministrazione comunale celebrerà il secondo anniversario della sottoscrizione del protocollo d’intesa sulla Terra Vecchia, il documento concordato con scuole e associazioni culturali, promosso dai consiglieri comunali Michele Allamprese e Domenico Carbone, nel solco delle iniziative finalizzate a strappare al degrado un quartiere per troppo tempo ghettizzato ma dalle enormi potenzialità. A pochi giorni da questo appuntamento, l’architetto Gerardo Amato, docente presso il locale Liceo Artistico “Sacro Cuore” nella sezione di Architettura e Ambiente, ha scelto lanotiziaweb per fare il punto della situazione, ricordando ciò che è stato fatto, e soprattutto non fatto, per riportare in vita il Borgo Antico. E, in qualità di tecnico che conosce bene questa parte urbana, si sente di dare all’Amministrazione qualche suggerimento. In primis, secondo Amato, «è necessario ristabilire condizioni certe di LEGALITÀ (…) e indispensabile l’adozione di uno STRUMENTO URBANISTICO DETTAGLIATO ED ESECUTIVO».

    È da tempo, troppo tempo ormai, che la Terravecchia di Cerignola è al centro di un dibattito politico e culturale sterile e improduttivo. A fasi e con modalità alterne, torna all’attenzione della cittadinanza il tema della storia locale, delle tradizioni fatte pietra, senza che tutto ciò produca azioni reali di trasformazioni. Manca in assoluto un’idea su quello che vogliamo diventi all’interno dell’organismo urbano. Nel frattempo si trasforma, si modifica con leggi proprie, anzi senza alcuna legge e totalmente fuori da ogni controllo. Il mio mestiere di architetto e la mia attività di docenza presso il locale Liceo Artistico “Sacro Cuore” nella sezione di Architettura e Ambiente mia ha permesso di conoscere e di affrontare le problematiche di questa parte urbana, fotografando, non solo materialmente, le peculiarità e le sue croniche alterazioni, sognando, come tanti miei concittadini, una vivibilità diversa, immaginando trasformazioni edilizie di qualità, e così via. La conoscenza non è potere, a differenza di quanto si sostiene, perché ha bisogno di strumenti per penetrare il reale. Con gli studenti dell’allora Istituto Statale d’Arte, adesso liceo artistico appunto, nel 2003 la Terravecchia è diventata fulcro di un progetto pluriannuale finalizzato, mediante studi sistematici e approfonditi, alla conoscenza non solo della sua storia civica e urbanistica, partendo dall’analisi delle condizioni reali delle sue componenti costruite: il sistema viario, gli spazi pubblici e di relazione, le emergenze architettoniche e il tessuto edilizio minore. Con il mio mentore Peppino Tenore, insieme ad altri colleghi docenti (archh. Piemontese, Caprio, Fonseca, Fortarezza) e studenti appassionati (oggi diversi di essi ormai architetti) si avviava un rilevamento a tappeto fotografico e grafico dell’intero centro storico, appuntando poi l’attenzione sul cosiddetto Isolato 1, includente la Torre dell’orologio, per affermare un metodo di lavoro rigoroso e ripetibile (storia urbanistica, edilizia, analisi delle condizioni allo stato attuale, rilievo diretto e indiretto, ridisegno e ipotesi di valorizzazione). Il libro ”A partire dalla Terravecchia”, le tavole e il plastico dei rilievi sono tuttora patrimonio della città di Cerignola. Ma aldilà dell’esperienza didattica e culturale, nulla è cambiato. Negli anni successivi l’attenzione su questa parte di città, mia personale e della scuola in cui insegno, è stata forse ancora maggiore, ma con gli stessi risultati: microprogetti di spazi pubblici interni o prospicienti la Terravecchia (Piazza Bona, Largo Forno Vecchio, Largo Addolorata, Largo Costantino Imperatore, Largo Matera, Largo Portella), fino alla progettazione, da parte di studenti diplomati lo scorso anno scolastico, di un contenitore collettivo multifunzionale sull’area dell’ex Albergo Moderno. Al di là degli studi teorici, delle progettazioni inutili, delle “architetture di carta”, la risoluzione delle questioni legate alla Terravecchia passa per un doppio vaglio:

    – Per prima cosa si prenda definitivamente atto che i residenti locali vivono ormai in una sorta di limbo “a-legale”, tra condizioni di vita che pensavamo non appartenerci più, con fenomeni di sovraffollamento e di ordine pubblico, derivanti per lo più da un massiccia concentrazione di immigrati provenienti dall’est europeo, e fenomeni diffusi di irregolarità di ogni genere, comprese quelle edilizie. La raccolta differenziata porta a porta non è indice di qualità di vita che va misurata con altri fattori determinanti la Bellezza, la Vivacità, l’Attrattività di un luogo. Quindi prioritariamente è necessario ristabilire condizioni certe di LEGALITÀ;

    – Manca, ed è sempre mancato, fin da quando il nostro paese si è dotato di strumenti di pianificazione urbanistica (anni ’70), un’idea definita, precisa, di ciò che deve essere questa parte urbana, che nel tempo ha visto sempre più allontanarsi il centro vitale e le sue funzioni civiche, diventando baricentro storico-fisico e periferia socio-urbanistica. L’idea vaga di conservazione dell’ambiente storico ha provocato solo trasformazioni irregolari e decadimento. D’altra parte basta farci un giro per vedere cosa è oggi la Terravecchia. Dall’ultimo rilevamento fotografico del 2003 i danni prodotti sono enormi e probabilmente irreparabili. Indispensabile l’adozione di uno STRUMENTO URBANISTICO DETTAGLIATO ED ESECUTIVO, che parta dalla conoscenza effettiva e precisa dello stato di fatto, tralasciando le diatribe inutili similculturali che lasciano intatti i problemi e anzi pongono più ostacoli che soluzioni. Questa doppia lettura della questione conduce univocamente al ruolo fondamentale della Politica, delle scelte che nel concreto le amministrazioni comunali dovranno operare per ridare vita alla Terravecchia e costruirgli un futuro diverso da quello a cui sembra destinata. Cosa fare? Alcuni suggerimenti che mi sento di dare.

    L’amministrazione deve dimostrare realmente di crederci, verificando se ha delle proprietà nella Terravecchia, se ne può acquistare altre, intervenendo su di esse in modo esemplare e dislocandovi degli uffici pubblici che garantiscano movimento e vitalità in tutte le ore della giornata (presidio dei vigili urbani, punto informativo sui servizi offerti ai visitatori-turisti, ufficio del centro storico, sede staccata di alcuni uffici in giorni prestabiliti della settimana, ecc.). L’amministrazione deve passare dalla pianificazione generale a quella esecutiva, dalla definizione/enunciazione di ZONA A, in cui solo in teoria si interviene con i crismi dettati dalla Soprintendenza ai beni Culturali e Architettonici, a un Piano Particolareggiato di Tutela e Valorizzazione della Terravecchia, che stabilisca norme, vincoli e incentivi. L’amministrazione deve reperire tutti i finanziamenti possibili per realizzare questa vera e propria rinascita, sia reperendo e canalizzando al meglio eventuali finanziamenti europei, statali e regionali, non tanto per spenderli, ma perché siano utilmente spesi per la causa e determinino così una sorta di circolo virtuoso in cui gli investitori privati si sentano incoraggiati e sostenuti. È già avvenuto in tante città piccole e grandi, ma senza andare troppo lontano basti guardare al centro storico di Barletta o di Bari, fino ad una decina di anni fa terra di nessuno. La costituzione di una Zona Franca è indispensabile ma non basta perché va accompagnata da un controllo del territorio costante con presenza di forze dell’ordine e sistemi di videosorveglianza. Il reperimento di finanziamenti pubblici è indispensabile ma non basta perché bisogna dare qualità agli interventi (il caso della ripavimentazione della Terravecchia è emblematico). La dotazione di uno strumento urbanistico dettagliato è fondamentale ma se non è accompagnato dal necessario controllo in fase di esecuzione diventa inutile. In questo quadro si inserisce un fatto nuovo e assolutamente imprevedibile: l’abbattimento dell’edificio dell’ex Albergo Moderno e la sua area di sedime improvvisamente liberata. A prescindere dalla disputa politica, non si può non vedere in questa circostanza una grande occasione per la rinascita della Terravecchia. Anzi la grande occasione. Tra l’altro la mole dell’ex albergo era tutt’altro che ben inserita nel contesto del centro storico, sostituiva nel 1920-30 circa un tessuto edilizio del tutto diverso ed era privo di qualunque valore storico e architettonico. Il proprietario dell’area è un costruttore privato, ma spetta all’ente pubblico dare indicazioni definitive su ciò che è più utile, adeguato, affascinante per la collettività. Non mi sembra francamente che tutte queste qualità vengano colte con la costruzione di quanto previsto dal progetto dell’impresa edile proprietaria (case per giovani coppie e anziani), anzi si riproporrebbe la stessa mole edilizia con il susseguente “effetto tappo”. L’intervento pubblico è necessario quindi ed è un’occasione irripetibile per il riverbero che potrebbe avere non solo sulla Terravecchia ma su tutta la città. Non voglio fare esempi eclatanti che in tutta Europa, a cui ci vantiamo di appartenere culturalmente prima che politicamente, sono disseminati nei centri storici o nei suoi dintorni immediati, ma il caso del Metropol Parasol di Siviglia, con tutti i distinguo del caso, è un emblema di come la contemporaneità riesca ad essere il valore aggiunto della storia quando il coraggio e la nettezza del messaggio sono le sue qualità. Nessuna paura di mostrare il carattere moderno delle sue forme, ma nel contempo un connubio perfetto con il contesto nel contrasto che crea, e soprattutto simbolo di un nuovo modo di vivere il centro storico. Siviglia è stata una delle città più visitate e apprezzate d’Europa con la costruzione del Metropol Parasol. Obiettivo preciso e sogno realizzabile sono alla nostra portata. Coraggio quindi.

    Cerignola 25 maggio 2014

    Arch. Gerardo Amato

    3 COMMENTS

    1. Plaudo alla lettera dell’architetto Gerardo Amato. In più vorrei ricordare che nel sottosuolo della Terra Vecchia “Borgo Antico” ci sono dei camminamenti storici da salvaguardare e valorizzare e da far conoscere ai cerignolani stessi di cui molti ne ignorano l’esistenza e la loro storicità

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