Nelle prime ore della mattinata odierna personale della Polizia di Stato della Questura di Foggia appartenente all’Ufficio D.I.G.O.S ha eseguito tre ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dall’Ufficio G.I.P. presso il Tribunale di Foggia su richiesta della locale Procura della Repubblica a carico di:
– LACCETTI Michele, responsabile in loco dell’Istituto di Vigilanza SECUR CENTER e già ispettore Capo della Polizia di Stato allo stato in quiescenza;
– LA SALVIA Luigi, guardia particolare giurata in quiescenza, già dipendente dell’Istituto di vigilanza METROPOL;
– ZIPPARI Vincenzo, guardia particolare giurata in servizio presso l’Istituto di vigilanza METROPOL.
Ai predetti sono stati contestati, in concorso, i reati di truffa, estorsione e minaccia grave. Le indagini condotte dalla D.I.G.O.S. e coordinate dalla locale Procura della Repubblica hanno posto in luce una dinamica di mercimonio relativo a promesse di posti di lavoro nell’ambito della vigilanza privata e di gravi intimidazioni finalizzate a garantire l’impunità degli indagati. Con ruoli diversi, ma con unico disegno criminoso, il La Salvia e lo Zippari (suocero e genero) alimentavano certe e rapide aspettative di collocazione lavorativa presso l’Istituto di Vigilanza METROPOL, garantendone il buon esito attraverso l’intermediazione del LACCETTI che, peraltro all’epoca dei fatti ancora in servizio attivo di polizia, gestiva interamente l’iter burocratico necessario alle assunzioni (dalla documentazione per l’ottenimento della qualifica di guardia particolare giurata alle forniture delle divise) facendo, parallelamente, sempre più intensa attività di pressing sulla dirigenza dell’Istituto in questione in ordine al portafoglio di aspiranti g.p.g. o portieri da assumere. I primi due, di fatto calati nel ruolo di esattori, prestavano “assistenza” a soggetti in cerca di stabile occupazione chiedendo e ritirando il denaro (12.500 euro per ciascuna promessa assunzione); il Laccetti operava sul menzionato doppio fronte grazie alle relazioni tenute in ragione della qualifica rivestita, risultando sempre più organico alla dirigenza dell’Istituto che, peraltro, riteneva rassicurante il suo contributo di indirizzo nella valutazione di eventuali nuovi assunti.
Il meccanismo si incrina quando, non andando a buon fine le prezzolate assunzioni, gli interessati ne chiedono diretto conto a Metropol rappresentando di aver pagato somme importanti per chi non ha un reddito ma, anzi ne è alla ricerca. Provano, i malcapitati, a richiedere indietro le somme agli esattori. Per tutta risposta, dopo averne assicurato la restituzione, all’atto dell’incontro concertato per la transazione di ritorno, i “procacciatori” si presentano con liberatoria alla mano nella quale si attesta che di mero prestito trattava l’”affaire”, che si dava atto della restituzione integrale delle somme “prestate” (senza passaggio di danaro) e che ogni eventuale denuncia fatta dalle “vittime” in questione era da ritenersi ispirata dalla dirigenza di Metropol che voleva in quel modo, creare i presupposti per prendere le distanze dall’ingerenza dei tre in ordine alla determinazione delle scelte aziendali di assunzione. Di tutto ciò se ne è pretesa firma sotto minaccia di arma carica.