Sono state finalmente depositate in Cancelleria le motivazioni della sentenza con cui, lo scorso 4 dicembre, i giudici della Corte costituzionale hanno silurato la legge elettorale. Ci sono volute ventisei pagine e quattro ore di riunione in Camera di consiglio per mettere in luce tutti i profili di incostituzionalità del Porcellum, nonché la sua pericolosità per il sistema rappresentativo democratico. In primo luogo il Porcellum sarebbe stato in grado di produrre una grave distorsione del principio di rappresentatività. Ciò a causa dell’assenza di una soglia minima per l’attribuzione del premio di maggioranza. Non essendo previsto che la lista con più voti dovesse raggiungere un quorum minimo per poter accedere al generosissimo meccanismo premiale, la legge esponeva al rischio di un’ingiustificata ed ingiustificabile sovra-rappresentazione della coalizione più votata. Secondo questo meccanismo alla suddetta coalizione sarebbe bastato ottenere anche solo pochi punti percentuali in più rispetto alle principali concorrenti per accedere ad un premio di maggioranza pensato così vasto da garantirle oltre la metà dei seggi della Camera. Insomma, ai capolista sarebbero andati tanti, anzi troppi, seggi in più. E tutto ciò con il seguente risultato: la formazione di un Parlamento per nulla rappresentativo della volontà espressasi alle urne e niente affatto rispettoso della possibile esiguità del gap di consensi fra primi e secondi classificati.
Come emerge chiaramente dalle parole della sentenza, la previsione di un simile meccanismo premiale avrebbe poi incentivato “il raggiungimento di accordi fra le liste al fine di accedere al detto premio”. Accordi questi che sarebbero stati ragionevolmente animati dal desiderio di ottenere l’ambito premio elettorale, generando alleanze forzate dirette alla conquista del potere. Intese funzionali, dunque, che non fondandosi sulla convergenza dei programmi elettorali o su un comune pensare, si sarebbero prestate molto facilmente, secondo la Corte, alla disgregazione. E tutto ciò a danno della governabilità, con legislature sempre più brevi e lunghi processi di riforma scongiurati dall’avvicendamento delle forze politiche nei palazzi del potere. Ma c’è un altro dato fondamentale sul quale il Porcellum avrebbe inciso e continuato ad incidere, nel caso in cui non fosse incorso nei fulmini dei giudici costituzionali: la distorsione delle elezioni degli organi di garanzia. A Porcellum non ancora disinnescato l’elezione del Presidente della Repubblica, nonché quella del terzo di giudici costituzionali di spettanza parlamentare, sarebbe stata effettuata da un’assemblea priva della necessaria rappresentatività. Due Camere molto poco in grado di rispecchiare le preferenze politiche espresse dai cittadini avrebbero proceduto all’individuazione di quegli organi che i nostri padri costituenti pensarono proprio a garanzia del popolo: a sua tutela contro ogni potenziale tirannia perpetrata da maggioranze occasionali.
Ma le censure non sono finite. Un’altra, l’ennesima, si scaglia contro il premio di maggioranza del Senato. Lo stesso, assegnato su base regionale, avrebbe determinato una discriminazione dei cittadini in base alla residenza. L’entità del premio da assegnare alla coalizione con più voti, variando a seconda della grandezza e della popolosità di ciascuna Regione, avrebbe attribuito un peso diverso ai voti dei cittadini in ragione del luogo di residenza. E ciò tutto in spregio agli artt. 3 e 48 della Costituzione in cui sono affermati, rispettivamente, il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge e il principio di ugualità del voto (per cui i voti espressi devono avere tutti lo stesso peso). Questo profilo, come sottolineato dagli esperti, si sarebbe rilevato pericolosissimo per gli equilibri democratici. Ad un ipotetico partito x sarebbe bastato ottenere una vittoria elettorale nelle Regioni più popolose per vedersi attribuire la maggioranza dei seggi in Senato. Ciò anche se i principali concorrenti avessero stravinto nel resto della penisola, totalizzando più consensi. Ma l’aspetto più antidemocratico del sistema elettorale ideato nel 2005 da Calderoli attiene la questione delle liste bloccate. Anche queste sono state dichiarate incostituzionali.
Impedendo ai cittadini di scegliere direttamente i propri rappresentanti si è incorsi nel seguente – e imbarazzante – risultato: il legislativo di uno Stato con più di cinquanta milioni di abitanti è stato scelto a tavolino dalle Segreterie di partito. La lista bloccata avrebbe violato il carattere libero del voto, affermato e protetto in Costituzione, sostituendo la volontà popolare (che, stante l’art. 1 della nostra Carta fondamentale sarebbe ‘sovrana’) con quella delle Segreterie di partito e dei non sempre limpidi giochi della politica. Ora che questo mostro di incostituzionalità è stato finalmente relegato nella galleria degli orrori della politica italiana, è tempo di discutere una nuova legge elettorale. Se ne parla, specialmente nell’ultimo periodo, spesso ed ovunque. A destra come a sinistra. Sarà a Montecitorio, il 27 gennaio, che l’aula voterà il sistema successore del Porcellum. Al vaglio più soluzioni: modello elettorale spagnolo e sistema vigente per l’elezione dei sindaci nei grandi Comuni, spiccano su tutti. Ma fra le proposte c’è anche il Mattarellum (il sistema maggioritario ideato nel 1993 e mai entrato in funzione). Se si andasse a votare domani lo si farebbe con il proporzionale puro. Si avrebbe un’elezione senza premi di maggioranza e senza liste bloccate. Senza tutti quei ritocchi, insomma, che hanno reso un sistema proporzionale un sistema a rappresentanza sproporzionata. Le cancellazioni operate sul testo del Porcellum dai membri della Consulta, tuttavia, non faranno tremare le poltrone degli eletti dalle Segreterie. Per loro fortuna la sentenza non ha effetti retroattivi. Nessun problema per ciò che concerne la legalità dell’elezione, dunque. Tutt’al più continua a sussistere un problema di legittimazione democratica. Ma questo è un altro discorso. Un discorso che, già dalle prossime elezioni, non dovrebbe più riguardarci.
Togliete i nomi così i 5stelle prenderanno una COCCHIA di voti. Poi vediamo se i nostri parlamentari di capitanata escono di nuovo!?