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    Tentato omicidio: un arresto dei Carabinieri di San Severo

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    I Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di San Severo hanno arrestato per tentato omicidio il sanseverese DE CATA Marco, 30 anni. I militari venivano allertati nel pomeriggio del 13 febbraio da personale del locale Pronto Soccorso che richiedeva un loro intervento essendo ivi giunta una persona di sesso maschile in stato d’incoscienza che presentava un grave trauma cranico. Si trattava del sammarchese CERRONE Matteo, da tempo dimorante presso una casa rurale in Contrada Pedicone, nelle campagne tra San Severo ed Apricena. E’ proprio questa casa rurale, dove la vittima viveva unitamente ad una compagna e alla famiglia DE CATA (composta dall’aggressore e dai suoi genitori), a costituire il teatro del grave fatto delittuoso. Immediatamente venivano ascoltati i conviventi del CERRONE, i quali dichiaravano che con ogni probabilità la vittima si era procurata le lesioni per una caduta accidentale avvenuta la sera prima proprio davanti al cancello della casa rurale, mentre, verosimilmente ubriaca, era di ritorno dall’abitato di San Severo. Ritenendo la cosa meno grave di quanto fosse i conviventi avevano posizionato il CERRONE sul letto, e, solo l’indomani, presa cognizione che l’uomo non si svegliava, avevano avvisato subito i sanitari del 118.

    Tale versione non convinceva gli inquirenti che comprendevano immediatamente come la lesione del CERRONE potesse avere ben altra causa. Nel frattempo la vittima, visto il grave pericolo di vita, veniva trasportata immediatamente presso l’ospedale di San Giovanni Rotondo dove veniva sottoposto d’urgenza ad intervento chirurgico; tuttora è in coma, in prognosi riservata ed in pericolo di vita, presso il Reparto di Rianimazione. A confermare le intuizioni dei Carabinieri giungeva infine la relazione del medico legale che stabiliva, con assoluta certezza, che le lesioni fossero da ricondurre ad un colpo subito al capo, inferto mediante un corpo contundente. Se ne deduceva che la vittima era stata aggredita e la ferita non era da ricollegarsi ad un fatto accidentale, come inizialmente paventato dai testimoni, ma alla precisa volontà offensiva del suo aggressore: il colpo inferto, infatti, alla luce dei gravi danni cagionati, risultava chiaramente finalizzato all’uccisione del Cerrone. Ai militari appariva subito chiaro come il fatto delittuoso potesse verosimilmente essere nato nel contesto familiare, caratterizzato da un grave stato di disagio e da condizioni di vita precarie. Le indagini immediatamente avviate permettevano di rinvenire presso la casa rurale il bastone in legno utilizzato nell’aggressione e far luce sull’intera vicenda. Messi alle strette i testimoni decidevano di ritrattare raccontando agli inquirenti tutta la verità.

    La compagna del Cerrone, una donna di origine polacca, precisava di aver riferito della presunta caduta accidentale della vittima (dando la versione dei fatti così come imposta dai coniugi De Cata e non aderente ai reali accadimenti di quella serata) al solo fine di continuare ad alloggiare presso quella casa rurale non avendo la disponibilità di altri luoghi dove vivere. La sera del 12 febbraio la vittima e la sua compagna erano, come sempre, insieme ai coniugi DE CATA e al loro figlio, intenti a cenare, quando per futili motivi dovuti ad un presunto furto di vino perpetrato dal Cerrone ai danni dei De Cata, iniziava una violenta lite durante la quale il Cerrone stesso afferrava un coltello inveendo contro i presenti, prima di essere disarmato dal padre dell’aggressore, che riusciva così ad evitare, momentaneamente, conseguenze più gravi. A questo punto il figlio Marco, non avendo digerito l’affronto fatto poco prima dal Cerrone ai suoi genitori, si allontanava dalla cucina e, reperito un bastone, colpiva in testa la vittima mentre era seduta a tavola, ancora intenta a consumare la cena; il Cerrone, seppur ferito, si alzava dal tavolo allontanandosi verso il cancello d’ingresso dell’abitazione come se volesse andar via dalla masseria, mentre il suo aggressore, resosi probabilmente conto della gravità dell’accaduto, si allontanava, nascondendosi in un vicino fienile. Usciva allo scoperto solo a distanza di tempo, dopo il ritrovamento del Cerrone. Nessuno dei presenti infatti in quel momento si accorgeva della drammaticità dell’evento, pensando che il Cerrone, a sua volta irritato per l’accaduto, fosse temporaneamente andato via di casa. Il Cerrone in realtà faceva qualche metro fuori dal cancello d’ingresso per poi accasciarsi: qui veniva rinvenuto svenuto solo dopo che i presenti avevano finito di cenare. Quindi lo soccorrevano ed il padre dell’aggressore lo assisteva per tutta la notte fino a quando la compagna della vittima, l’indomani, decideva di chiedere l’intervento del 118. Alla luce delle risultanze emerse l’Autorità Giudiziaria emetteva un decreto di fermo di indiziato di delitto, immediatamente eseguito dai carabinieri, che provvedevano a tradurre il De Cata Marco presso il carcere di Foggia.

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