Un nuovo terremoto scuote il mondo finanziario. All’indomani dello scandalo Monte Paschi tremano anche i vertici di Banca Intesa. Indagati perché “non potevano non sapere”. Questo, fondamentalmente, il binario principe sul quale corre l’accusa. Secondo la magistratura requirente le personalità coinvolte non avrebbero potuto ignorare che i prodotti offerti alla clientela dalle rispettive banche fossero “strutturalmente inefficaci ed inadeguati”, nonché “di natura speculativa e sempre sbilanciati in favore della Banca”. Quindici le informazioni di garanzia che la procura di Trani ha fatto notificare nelle ultime ore. Intesa Sanpaolo e Banca Caboto al centro del ciclone giudiziario ma, secondo le ultime indiscrezioni, guai sarebbero in arrivo anche per Banca IMI (partecipata Intesa). Eccellenti i nomi della finanza italiana che campeggiano sui documenti dell’inchiesta. Quattro dei personaggi coinvolti ricoprono posizioni di vertice in Intesa Sanpaolo. Si tratta di Giovanni Bazoli, presidente in carica del consiglio di sorveglianza; di Corrado Passera, ministro per lo Sviluppo Economico dello scorso governo Monti, nonché amministratore delegato di Intesa fino al 2011; di Enrico Salza, ex presidente del consiglio di gestione e di Giampio Bracchi, ex vicepresidente, sempre alla gestione. Ma non è tutto. In coda alla lista figura anche il nome di Giovanni Gorno Tempini, ex amministratore delegato di Banca Caboto ed attuale amministratore delegato della Cassa depositi e prestiti.
L’inchiesta si sarebbe aperta all’indomani della denuncia di un imprenditore di Barletta, Ruggiero di Vece. L’impresario, titolare di una società operante nel settore edilizio, si sarebbe visto propinare da una filiale locale la sottoscrizione di un finanziamento a tasso variabile di importo pari a 700mila euro. Tempo di restituzione quindici anni e scadenza rateale trimestrale. Congiuntamente il cliente sarebbe stato indotto a firmare con la banca una serie di interest rate swap. Trattasi di contratti attraverso i quali le parti si accordano al fine di scambiarsi, per un determinato periodo di tempo, flussi finanziari. La sottoscrizione di questi accordi sarebbe valsa da contropartita utile a “coprire il rischio di variazione dei tassi di interesse” dei finanziamenti concessi. E tutto ciò a danno dei sottoscriventi. L’iniquità del meccanismo avrebbe infatti causato, secondo le parole del PM, un “ingiusto profitto patrimoniale – pari ad oltre 40mila euro, ndr –”. Non appena sgominato il meccanismo il registro degli indagati si è sovraffollato di nomi. Nella sola filiale di Intesa Sanpaolo di Barletta sono rimasti coinvolti più di dieci funzionari. Fra questi Andrea Munari, Massimo Arrighetti, Fabio Bolognini, Carlo Berselli, Matteo Farina, Giulio Satirana, Vincenzo Petrarulo, Giovanni Civico e Salvatore Civita.
ESTORSORI.. LADRONI…USURARI.. ISTIGATORI ai SUICIDI..???