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    Storia di una Lady Chef: la cerignolana Miriam Erinnio tra parità e laboratori per bambini

    Per la cuoca padovana d'adozione cucinare è «un modo per esprimere liberamente la propria personalità, per sperimentare e sbagliare»

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    Tutto è più facile da dire in una cucina, tutto è sfumato da questa intenzione di condivisione, e l’appetito fa scorrere nuova linfa nelle cose”. Usando le parole dello scrittore francese Serge Joncour, è questa l’idea di cucina di Miriam Erinnio, Lady Chef della Federazione Italiana Cuochi. Cerignolana d’origine, ma padovana d’adozione, quella di Miriam è la storia di un sogno che profuma di ragù e pizza di ricotta, di dolci ricordi d’infanzia impastati con grandi dosi di sacrificio e creatività che continuano a vivere nella sua cucina. Se l’inchiesta di Bernardo Iovene per Report ha raccontato come dietro il fantastico mondo della cucina ci sia, in realtà, un intreccio promiscuo tra cuochi, fornitori e critici delle più prestigiose guide, un mondo fatto anche di grande cinismo dove una stella Michelin o le forchette del Gambero Rosso e i cappelli dell’Espresso possono fare la fortuna di un cuoco, la storia di Miriam ci riporta, invece, in un piccolo mondo antico estraneo al duello tra pentole, al conflitto tra cucina tradizionale e nouvelle cuisine, in cui il rito del pasto è ancora capace di soddisfare occhi, bocca e anima.

    Dopo aver conseguito la maturità classica, a cinque esami dalla Laurea in Giurisprudenza, la cucina entra prepotentemente da protagonista nella sua vita. «In realtà, c’è sempre stata -racconta Miriam a lanotiziaweb.it- e ha sempre avuto il profumo delle cartellate, dei ricchi menù delle feste di compleanno, del ragù della domenica e dei dolci della tradizione preparati con cura da mia madre. Ricordo ancora quando da ragazzina io e la mia migliore amica ci divertivamo a fare la spesa e poi a cucinare di tutto, sperimentando continuamente nuove ricette, come quella dei muffin alla pesca. Per me la cucina era, e lo è ancora, la soddisfazione di profumi che fanno l’idea di casa». Una soddisfazione, un profondo senso di felicità e di appagamento che Miriam non trovava più nella sua vita da studentessa universitaria e la cui ricerca l’ha portata ad abbandonare tutto e a cambiare strada. «Non rinnego la mia vita passata e gli studi che ho compiuto e che mi hanno forgiato, ma ad un certo punto -si confessa- ho capito che quella che credevo fosse semplicemente per me una passione, una forma di svago e di evasione era, invece, un grande amore di cui non potevo fare più a meno: cucinare doveva diventare il mio lavoro».

    E’ così che animata da questa nuova consapevolezza, una di quelle folgorazioni che è la scoperta di sé, Miriam si iscrive ad un corso professionale sul cibo e sul vino organizzato da Gambero Rosso, azienda leader in Italia del settore enogastronomico, presso la Città del gusto di Roma, poi presto vi rinuncia e, nel settembre del 2012, comincia a seguire presso l’Accademia delle Professioni Dieffe di Padova una scuola di ristorazione di circa un anno. E’ qui che vive la sua prima esperienza come executive chef di brigata e, a seguire, compie a Rubano uno stage presso lo storico ristorante “La Bulesca”, nato nel 1969 ad opera di Giovanni Chimetto. Un ristorante di notevole standard qualitativo – riconosciuto dall’Accademia Italiana della Cucina e da diverse altre organizzazioni – che rappresenta tipicamente la cucina padovana e veneta«La Bulesca -spiega Miriam-richiama già nel suo nome la storia padovana: è il titolo di una commedia veneziana cinquecentesca il cui protagonista è il rissoso Bule, innamorato respinto dalla cortigiana Mariolina. Un luogo di accoglienza e di incontro, per cui tuttora collaboro, e in cui sotto la sapiente guida di chef d’eccellenza come Martina Chimetto e Davide Rebbellato ho imparato molto di ciò che so di questo mestiere». Dalla sua prima crema di limone inserita nel menù del noto ristorante padovano, alla preziosa collaborazione con il personal chef ed executive chef Francesco de Francesco, esperto di Marketing, Vendite, Organizzazione e Comunicazione nella Ristorazione che opera in tutto il mondo, Miriam continua a crescere in un mondo, quello della cucina, quasi tutto al maschile, in cui è difficile farsi spazio.

    Speciale, per tale ragione, è stato per lei l’incontro con Stefania Mion, coordinatrice del gruppo Lady Chef del sodalizio di Padova, nato nel febbraio 2005, e che opera all’interno dell’Associazione Cuochi Terme Euganee. «Dal 2013 -racconta- sono anch’io una Lady Chef e fin da subito ho sposato gli scopi che le donne associate alla Federazione Italiana Cuochi si sono date: rimuovere le varie forme di discriminazione professionale, affermando il principio della parità di mansioni e compiti, e promuovere politiche di genere in collaborazione con le istituzioni, insieme al più ampio obiettivo di diffondere e preservare il patrimonio della cucina tradizionale italiana, creando un sodalizio tra tutte le chef che operano nelle diverse tipologie della ristorazione». Un modo, dunque, per promuovere quella che le Lady Chef stesse definiscono come loro priorità: rendere merito alla figura della cuoca professionista, dando impulso ad azioni di sostegno e promozione per l’attuazione di iniziative rivolte all’impiego delle donne in cucina e a garantire una migliore conciliazione tra vita professionale, vita privata e vita familiare. Tra le attività delle Lady Chef c’è anche la promozione di attività a fini benefici e di volontariato ed è in sintonia anche con questo fine che la cuoca cerignolana Miriam Erinnio partecipa alla preparazione di numerose cene di gala finalizzate alla raccolta di fondi da destinare a diverse cause umanitarie, presso il castello del Catajo, un monumentale edificio costruito a partire dal XVI secolo da Pio Enea Obizzi presso Battaglia Terme (Padova).

    Tanto lavoro, tante sperimentazioni anche come chef a domicilio, fino ai primi laboratori di cucina e pasticceria per bambini che l’hanno portata a Ferrara in Fiaba, un grande evento dedicato ai bambini e alle famiglie che, giunto alla sua quarta edizione, si è tenuto dal 9 all’11 giugno scorsi, in collaborazione con la Confesercenti Ferrara e con il patrocinio del Comune di Ferrara Eventi. Un’edizione che quest’anno si è rinnovata con il percorso interattivo “di Fiaba in Fiaba”, le Cene Disney negli Imbarcaderi del Castello Estense e tante altre novità. Tra queste, la partecipazione proprio della Lady Chef Miriam che ha tenuto per ben due giorni laboratori di cucina destinati a circa sessanta bambini, a partire dai tre anni di età. «E’ stata per me un’esperienza bellissima -commenta-. Qualche tempo fa sono stata contattata dalla FEshion CouponEventi di Ferrara, nella persona di Alessandra Scotti, la quale, venuta a conoscenza delle attività laboratoriali culinarie da me curate ormai da diversi mesi nel padovano e accolte con favore dai piccoli e le loro famiglie, mi ha proposto di partecipare all’ultima edizione di Ferrara in Fiaba, dandomi degli ingredienti speciali: i bambini e le favole. Un invito che non potevo rifiutare».

    E così, la Lady Chef pugliese parte alla volta della città estense con un’aiutante d’eccezione: la figlioletta Morgana, occhioni blu e tanta energia. Tantissimi i piatti preparati nella due giorni, insieme agli oltre sessanta bambini prenotatisi ai corsi, tutti ispirati ai classici film Disney: la “tortina stregata”, una torta a base di pasta frolla con ripieno di crema di formaggio e cuore di mirtilli; gli “empire biscuits”, biscotti tipici scozzesi con cuore ai lamponi e copertura di ghiaccia reale e ciliegina candita; la “apple pie” di Biancaneve, una torta di mele tipicamente anglosassone con una base di pasta sfoglia e ripieno di mele granny smith cotte in padella con zucchero di canna e limone e richiusa da altra pasta sfoglia. Infine, nell’ampio ventaglio di piatti proposti dalla nostra Miriam, anche le polpette di ceci con verdure cotte al forno e la famosissima Ratatouille francese, «un piatto semplice di verdure miste, molto colorato, profumato e saporito -spiega la chef- che i bimbi hanno apprezzato tantissimo, dimostrando che anche le tanto odiate verdure, se presentate in una forma colorata e accattivante, possono essere gustate con piacere dai più piccoli».

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    Una esperienza che induce ad una riflessione più che mai attuale sul rapporto tra i bambini e il cibo. Come spiega Roberta Portelli, psicologa e psicoterapeuta infantile, è noto che il cibo è il primo veicolo di relazione umana poiché è attraverso la necessità per il neonato di essere nutrito che si pongono le basi delle sue relazioni con le persone che lo accudiscono. Meno noto è il fatto che il bambino nella prima infanzia ha un approccio multimodale alla realtà che richiede un coinvolgimento di tutti i suoi organi di senso e l’attività del cucinare, ricca di stimolazioni per i cinque sensi, è gradita ai bambini piccoli, perché appunto vicina al loro modo di avvicinarsi alla realtà. E così che «il cibo e la cucina possono diventare occasioni speciali per produrre operazioni educative in grado di stimolare nel bambino autonomia emotiva, sviluppo motorio, conoscenza di sé, socializzazione e sviluppo cognitivo. Insegnare ed educare il bambino alla preparazione dei pasti favorisce la sua autonomia, a beneficio dell’autostima: non potete immaginare la felicità e la soddisfazione con cui i bambini hanno gustato i piatti da loro realizzati durante i laboratori!», afferma la cuoca. Ma cucinare -prosegue-, è anche un modo diverso e stimolante di fare scuola poiché è un’attività ricca di spunti di osservazione ed esperienze che facilitano l’acquisizione di concetti base della fisica, della chimica, della matematica e anche delle lingue. «E’ un classico esempio dell’imparare facendo -racconta la cuoca amata dai bambini-. Pesando gli ingredienti i più piccoli imparano a fare i conti e apprendono, ad esempio, il concetto di frazione. Spesso gli insegnanti lo spiegano ricorrendo al disegno di una torta che viene suddivisa in parti. Se questa torta, anziché essere solo disegnata, viene cucinata e poi divisa con i compagni, capire cosa significa 1/8 sarà per loro molto più semplice». Ma prima di tutto, cucinare per Miriam è «un modo per esprimere liberamente la propria personalità, per sperimentare e sbagliare». Insomma, un esercizio quotidiano dell’arte di vivere di cui si possono provare e gustare ogni giorno infinite ricette.

    1 COMMENT

    1. Grazie,mi son commossa. Solo una precisazione: le cene di gala fatte per beneficienza sono organizzate dall’Associazione Cuochi Padova Terme Euganee di cui le Lady Chef fanno parte,mi sembrava doveroso specificarlo, sicuramente nell’entusiasmo ho dimenticato di esser precisa.
      Grazie ancora

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