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    Cento anni dalla nascita del vocabolario: da Cerignola parte il tour a cura della Zanichelli

    Nicola Zingarelli fu l'autore che firmò il primo dizionario nel 1917

    Pubblicato il

    Come nascono le parole nuove? C’è qualcuno che le crea? E perché? Per rispondere a queste domande lo Zingarelli va in classe. In occasione dei 100 anni (1917-2017) del vocabolario della lingua italiana, Zanichelli, la casa editrice che lo pubblica, ha organizzato una serie di incontri nei luoghi in cui l’italiano si impara: le scuole. Quindici appuntamenti, per gli studenti di altrettanti licei, in 13 città d’Italia.  Si parte il 23 ottobre da Cerignola, città natale di Nicola Zingarelli, l’autore che firmò il vocabolario proprio un secolo fa. L’incontro sarà al Liceo Classico che del linguista porta il nome: “Nicola Zingarelli”. Interverranno:

    • il curatore dello Zingarelli, Mario Cannella
    • il linguista e scrittore, Massimo Arcangeli

    Gli incontri proseguiranno il 2 novembre al “Liceo Flacco” di Bari dove, insieme ad Arcangeli, interverrà la sociolinguista dell’Accademia della Crusca Vera Gheno. A seguire: Cagliari, Roma, Napoli, Torino, Milano, Padova, Trieste, Firenze, Palermo, Catania per chiudere il 15 dicembre a Bologna, sede dell’editore Zanichelli.

    PROTAGONISTA IL VOCABOLARIO

    E’ lo strumento che, da un secolo, registra come un notaio i cambiamenti della lingua italiana. E’ lo specchio della società e rappresenta storia dell’Italia attraverso le parole. L’ultima edizione dello Zingarelli contiene 145mila voci e oltre 380mila significati. Tra i nuovi ingressi la “post-verità”, ossia il fenomeno per cui nella discussione pubblica si affermano e si diffondono false verità, amplificate dalla rete…”. Come riporta lo vocabolario. E dronista, il manovratore di droni. Sono voci che rappresentano i cambiamenti culturali e le innovazioni tecnologiche del nostro tempo.

    Quante e quali parole conosciamo? Un po’ di numeri

    Circa 2.000 parole – spiega il linguista Massimo Arcangeli – sono di uso frequentissimo, secondo i calcoli del linguista Tullio De Mauro, e costituiscono il “lessico fondamentale” della nostra lingua; se vi sommiamo 2.500 parole “di alto uso”, che anche chi è poco istruito riesce bene o male a capire, potremmo sostenere che la stragrande maggioranza dei parlanti italiani è in grado di comprendere circa 4.500 parole (molte di meno quelle effettivamente usate), che coprono poco più del 95% di tutto quel che normalmente diciamo. Per le persone di media cultura la quota delle parole comprese aumenta di diverse migliaia di unità: alle circa 2.000 parole di terza fascia, dette “di alta disponibilità” (anch’esse più o meno di uso quotidiano), che possono arrivare a coprire un ulteriore 2% circa dei nostri normali discorsi, se ne aggiungono moltissime altre, tra formali o raffinate, precise o specialistiche, gergali o regionali e così via. La dotazione di un parlante molto colto può rasentare le 50.000 parole. Fra queste anche molti vocaboli non più in uso”. Come può un vocabolario arricchire il lessico? Lo Zingarelli indica 5500 parole dell’italiano fondamentale. Ma segnala anche 3125 Parole da Salvare come fragranza, garrulo, solerte, voci che stanno cadendo in disuso perché si preferiscono dei sinonimi più comuni quali profumo, chiacchierone, diligente.

    PROTAGONISTI GLI STUDENTI

    Un “viaggio” tra le parole in cui saranno gli studenti a scegliere gli argomenti da approfondire come:

    1) Alla scoperta di parole perdute o dimenticate.

    Quanti osservando un dipinto antico saprebbero dare un nome agli oggetti rappresentati? Chi sa il significato di “serto” o “crinolina”? Ma le parole escono dal dizionario? E’ raro che una parola venga tolta ma non succede perché è passata di moda; le voci escono per scelte lessicografiche meditate (ad esempio alcuni arcaismi non documentati) o per cambiamenti sociali epocali (per esempio: alcuni termini sui macchinari degli anni ’50 ma che non hanno lasciato traccia in documenti significativi).

    2) Le parole nuove.

    Gli studenti impareranno che i neologismi non fanno male alla lingua ma sono un segno di vitalità dell’italiano. Comprenderanno come nascono e quali sono i criteri con cui entrano nel vocabolario: perché “flaggare” è entrato nello Zingarelli e invece “ciaone” non è stato ancora inserito? Che ruolo ha Internet nel creare e veicolare gerghi che si diffondono? Si farà una riflessione sulle parole straniere. Prendiamo il calcio: nato in Inghilterra, per anni i termini inglesi erano i più usati per descriverlo (per esempio: corner, penalty). Negli ultimi anni invece, con la crescita del calcio spagnolo, sono i vocaboli calcistici di origine iberica a imporsi (“manita”: cinquina, “remontada”: rimonta ecc.)”. I termini stranieri impoveriscono il nostro idioma?

    3) Di che genere sei? Parole di mestieri e professioni.

    Lavori che prima erano tipicamente maschili: ingegnere, avvocato, ministro, assessore, oggi sono anche al femminile: ingegnera, avvocata, ministra, assessora. Trent’anni fa, Tina Anselmi era definita senatore. Oggi, sarebbe senatrice. Ma si dibatte su “senatora”. E se fosse soprattutto questione di abitudine? Quando usare il maschile/femminile? Medico al femminile si può dire “medica”? E poi i nuovi mestieri come quelli collegati ai nuovi media, ai settori dell’economia o del “marketing”, spesso presi dall’inglese: Social media manager Content editor. Ci sono equivalenti in italiano? C’è un’alternativa a “blogger”? Twitter manager: e se dicessimo “gestore del profilo twitter”?

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