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    Immigrazione ed accoglienza fra i temi della Lectio Magistralis di Monsignor Cirulli

    L'evento si è tenuto ieri al Polo Museale Civico

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    «Ero forestiero e mi avete accolto» è il titolo dell’interessante seminario tenutosi nella serata di giovedì 16 novembre presso la Sala Conferenze del Polo Museale Civico di Cerignola, un appuntamento che ha avuto luogo grazie al locale Sportello Immigrazione intitolato a Stefano Fumarulo (il dirigente regionale prematuramente scomparso lo scorso aprile) in collaborazione con l’Assessorato alle Politiche Sociali e del Lavoro e l’Ambito di Cerignola-Piano Sociale di Zona. A presiedere l’incontro, davanti ad un nutrito, attento e multiculturale uditorio, Marcello Colopisociologo e responsabile dello Sportello Immigrazione -, l’assessore alle Politiche Sociali, Rino Pezzano, e soprattutto S.E. Monsignor Giacomo Cirulli, il teologo, biblista e medico cerignolano recentemente nominato vescovo della Diocesi di Teano-Calvi, pioniere dell’accoglienza degli immigrati nella nostra città, nella quale è stato direttore della Caritas Diocesana.

    Il tema dell’immigrazione, con tutti i più delicati aspetti che attorno ad esso ruotano, è di particolare rilevanza anche nel territorio di Capitanata. E questo lo ha fatto presente il dottor Colopi rilasciando alcune dichiarazioni alle testate locali pochi minuti prima l’inizio dell’incontro: «È un tema complesso, articolato. La nostra città ha una presenza di immigrati residenti che sono circa il 4% della popolazione, con la comunità più numerosa che è quella dei rumeni, con bulgari e senegalesi a seguire. Abbiamo fatto un ottimo lavoro con la comunità africana – spiega il sociologo riferendosi all’attività dello Sportello di cui è responsabile – così come è stato fatto in campo sanitario, con la scuola, con l’integrazione lavorativa. Al tempo stesso, lavorando molto con le organizzazioni e le strutture che si occupano di immigrazione, abbiamo allestito un coordinamento per l’immigrazione, cercando di essere un punto di snodo strategico, una cabina di regia dei vari interventi in questa città». Ricordando, a tal proposito, l’apertura del centro SPRAR (Sistema Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati, ndr) per adulti, di quello per minori e delle due comunità di accoglienza per minori non accompagnati, si va a toccare anche l’argomento Ius Soli, sul quale Colopi dichiara di sperare ancora ma, al contempo, di «non essere tanto fiducioso, visto come vanno le cose nel nostro Paese. È uno di quei diritti di cittadinanza che ragazzi come alcuni di quelli che saranno qui stasera, che vivono questa città, parlano il dialetto, non hanno alcun legame col Paese d’origine, vivono con l’incubo del compimento del diciottesimo anno. Lo Ius Soli è una di quelle leggi che rendono migliori un Paese: parliamo di 800.000 bambini nati in Italia».

    La serata è stata arricchita da importanti testimonianze. La prima è quella di Nataly Plavan, rappresentante e diacona della Chiesa Valdese, Chiesa che ha collaborato in passato in terra albanese per le missioni di don Giacomo Cirulli, che ha narrato quanto la sua diaconia si spenda in cura ed accoglienza nei confronti dei migranti. Particolarmente toccante è stata, invece, quella di Issa, ragazzo musulmano proveniente dal Ghana, che ha ripercorso la drammatica odissea, iniziata sette anni fa, che lo ha condotto in Italia, passando per la Nigeria, attraversando il deserto nel quale ha scavato con le sue mani per dare sepoltura a quei suoi compagni che non ce l’hanno fatta, morendo di stenti, per poi giungere in Libia, dove ha rischiato di essere sparato. Ha attraversato il Mediterraneo su un gommone gonfiato davanti ai suoi occhi, salendoci pur non sapendo nuotare. Solo l’intervento di una nave umanitaria gli ha permesso di sopravvivere e sbarcare a Lampedusa. Di lì la Calabria e poi Cerignola. Qui sta continuando quel percorso di studi interrotto quando aveva 15 anni. Da sette anni non vede i suoi genitori, cosa che gli fa sentire gli amici che lo hanno accolto a Cerignola una sorta di seconda famiglia a cui legarsi ed essere grato, affermando che «tutti dobbiamo essere uno, come uno è il cielo e una è la Terra. Dio è Padre di tutti».

    La lectio magistralis di Mons. Cirulli parte con quella che definisce un’autodenuncia: «Sono un buonista». Entrando nel tema, dichiara: «L’immigrazione è una realtà che nessuno riuscirà a bloccare. Siamo come vasi comunicanti, dobbiamo raggiungere tutti lo stesso livello». Don Cirulli ripercorre il cursus honorum che lo ha visto, fra le molteplici attività svolte, aprire strutture pastorali d’accoglienza nella nostra città, quando era parroco della Comunità di Sant’Antonio nel 1985 ed adoperarsi, nel 1998, con il compianto vescovo Giovan Battista Pichierri, per la risoluzione della gravissima situazione di illegalità e degrado che attanagliava Borgo Tre Titoli, dove sfruttamento della prostituzione, caporalato e spaccio la facevano da padrone, facendo sì che l’Ufficio Stranieri provinciale e le Forze dell’ordine intervenissero. Fra le missioni svolte in Albania fra il ’92 ed il ’99, la nostra Caritas Diocesana, diretta all’epoca dal neo-vescovo di Teano-Calvi, portò all’apertura di un campo per profughi del Kosovo capace di ospitare fra le 2700 e le 3500 persone. Per questo vitale aiuto umanitario compiuto “a casa loro”, don Giacomo Cirulli ebbe la cittadinanza onoraria da parte del Governo albanese. «Come detto dal nostro amico Issa, Dio è padre di tutti – prosegue Mons. Cirulli -. È da qui che occorre partire. La parola di Dio è stata la luce per me, per risolvere questi difficilissimi problemi. L’Antico Testamento mi ha sempre dato la dritta». Fra gli esempi di questa parte delle Sacre Scritture citati dal relatore c’è Abramo, colui che è stato straniero poiché chiamato a compiere un viaggio. «E Dio – tiene a rimarcare – s’è sempre dichiarato difensore delle vedove, degli orfani e degli stranieri». Nel Nuovo Testamento, invece, don Cirulli ricorda quell’«Ero Straniero e mi avete accolto» del capitolo 25 di Matteo, il verso che ha dato il titolo all’incontro.

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    Oggetto di molteplici polemiche strumentali su questi temi è stato anche Papa Francesco, che il vescovo nostro concittadino non esita a difendere: «È visto come il grande buonista arrivato sulla ribalta. Ma va avanti e non si ferma, seppur gliene dicano di tutti i colori, anche i cattolici! Papa Francesco crede per davvero al Vangelo, ecco qual è il problema». Don Cirulli ricorda come il Santo Padre, nell’Evangelii Gaudium, evidenziasse come il mondo non voglia sentire parlare di etica, solidarietà e povertà. «Papa Francesco ha il “difetto” di entrare nel vivo delle questioni, in maniera semplicissima, arrivando a tutti. Allora, per neutralizzarlo, “loro” intervengono su quella gente non capace di elaborare un pensiero proprio, influenzandola. Chi sono quei “loro”? Non me lo chiedete…». Nell’epoca delle fake-news e delle post-verità, che evidentemente non risparmiano proprio nessuno, Mons. Cirulli tiene a sgomberare il campo dagli equivoci anche in conclusione: «C’è chi estrapola una frase del Papa con l’intento di “fargli dire” ciò che vuole che dica. Come mai nessuno fa notare che Papa Francesco ha parlato a più riprese del commercio delle armi? Perché si tratta di un’industria molto fiorente, anche per l’Italia. Non dobbiamo sapere che siamo specializzati nelle mine anti-uomo. Così come non si dice che certe industrie, certe marche sfruttano manodopera in quei Paesi da cui provengono tanti dei migranti che da noi arrivano».

    1 COMMENT

    1. Allora gli italiani indigenti e bisognosi dei quali sento parlare sempre troppo poco e che si aiutano ancora meno secondo l’antico testamento dovrebbero essere aiutati due volte visto che sono STRANIERI NELLA PROPRIA TERRA.
      Come ha ben fatto in passato, occorre aiutarli a casa loro e non è un un’utopia ma semplicemente
      un mancato affare per le coop.
      Con i Milioni di euro giornalieri che si spendono tra soccorsi e accoglienza nella maggior delle volte finta e scarsa, in Africa dove con pochi euro possono mangiare una settimana potremmo evitare di sradicarli dalle loro terre e con un serio programma metterli in condizione di vivere autonomamente.
      Se gli dai un pesce lo sfami per un giorno, ma se gli insegni a pescare lo sfamerai per tutta la vita.

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