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    Istigazione alla corruzione, pm chiude le indagini. Rischio processo per Bonassisa e Biancofiore

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    Dopo quasi due anni di indagini, la Procura ha chiuso l’inchiesta nei confronti di due noti imprenditori – Rocco Bonassisa, 49 anni, foggiano, titolare della «Agecos»; e Gerardo Biancofiore, 52 anni, di Cerignola, amministratore della «Sedir», ex presidente regionale dell’Ance – indagati per istigazione alla corruzione nei confronti del sindaco di Cerignola, l’avvocato Franco Metta. Secondo l’accusa, i due imprenditori avrebbero offerto 20mila euro in contanti al primo cittadino per cercare inutilmente di ottenere favori per un appalto relativo al settore rifiuti. Tutto successe il primo pomeriggio del 7 dicembre 2016 quando ci fu la consegna in Comune da parte di Bonassisa dei soldi custoditi in una scatola di cioccolatini, con l’immediata denuncia del sindaco di quanto successo alla Polizia, denuncia resa pubblica dal primo cittadino anche sui social e con interviste. Le indagini 11 mesi dopo, il primo novembre 2017, portarono all’arresto di Biancofiore che fu posto ai domiciliari su ordinanza del gip di Foggia: furono revocati il 21 novembre dal Tribunale della libertà di Bari che accogliendo parzialmente il ricorso della difesa, rimise in libertà l’imprenditore e gli applicò l’interdizione dall’esercizio di attività di imprenditore, poi revocata qualche mese dopo.

    L’avviso di conclusione delle indagini firmato dal pm Andrea Di Giovanni e notificato a indagati e difensori, è l’atto che solitamente prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. I due indagati hanno 20 giorni per chiedere d’essere interrogati (lo furono già durante le indagini), depositare memorie difensive, sollecitare nuove indagini; poi il pm deciderà se chiedere il rinvio a giudizio. Se così fosse i destini processuali di Bonassisa e Biancofiore potrebbero dividersi: il primo ha ammesso durante le indagini e potrebbe optare per un rito alternativo (patteggiamento o abbreviato), mentre Biancofiore respinge le accuse e la difesa ha interesse a interrogare coindagato e testimoni, potrebbe quindi scegliere di andare al processo con rito ordinario. Gli avvocati Luigi Follieri e Raul Pellegrini, difensori rispettivamente di Bonassisa e Biancofiore, oppongono il «no comment» al cronista. Ai due imprenditori il pm contesta l’istigazione alla corruzione su queste basi: «in unione e concorso tra loro offrirono la somma di 20mila euro, occultata all’interno di una scatola di cioccolatini, a Francesco Metta sindaco e presidente del Consorzio di igiene ambientale Foggia 4 (ente proprietario di Sia, azienda che gestisce il servizio raccolta rifiuti) per indurlo ad autorizzare (o comunque favorire il rilascio dell’autorizzazione) la proposta di project-financing per la realizzazione e successiva gestione del sesto lotto della discarica di rifiuti urbani da realizzarsi presso l’impianto Sia in contrada Forcone-Cafiero; e comunque per acquisire vantaggi futuri».

    I fatti risalgono al 7 dicembre 2016 quando Bonassisa si presentò in Comune a Cerignola consegnando al sindaco quello che Metta – noto penalista foggiano, dal 2014 sindaco della città del basso Tavoliere – ritenesse fosse un omaggio in vista del Natale, una scatola di cioccolatini. Quando Metta aprì la scatola nel suo ufficio per offrire i dolciumi ai collaboratori vide i 20mila euro in contanti: telefonò infuriato a Bonassisa e Biancofiore chiedendo come si fossero permessi di fare una cosa del genere; avvisò subito la Polizia che sequestrò i soldi e raccolse la sua denuncia; e affidò ai social network il racconto di quanto avvenuto.

    La denuncia, l’ammissione e i messaggi. Le tre basi su cui poggia l’accusa della Procura

    L’accusa contro Rocco Bonassisa e Gerardo Biancofiore d’aver tentato di corrompere il sindaco cerignolano Franco Metta con una mazzetta di 20mila euro, che il primo cittadino rifiutò denunciando anche pubblicamente quanto successo, poggia sulle dichiarazioni dello stesso Metta; sulle ammissioni di Bonassisa che ha confessato e chiamato in causa il coindagato Biancofiore che nega; sugli sms che i due indagati si sarebbero scambiati subito prima e subito dopo la consegna dei soldi (avvenne il primo pomeriggio del 7 dicembre 2016 in Comune) per la reazione infuriata di Metta. Per quanto ricostruito dall’accusa, nell’ottobre 2016 – due mesi prima dell’inutile tentativo di corruzione del primo cittadino -Biancofiore e Bonassisa incontrarono Metta per discutere di un progetto. In quel colloquio i due noti imprenditori foggiani avrebbero manifestato l’intenzione di sottoporre al consiglio d’amministrazione di «Sia» (l’azienda che gestisce il servizio rifiuti a Cerignola e nel comprensorio) ed al consorzio di igiene ambientale di cui è presidente lo stesso Metta, una proposta di finanza (project-financing) per realizzare e gestire il sesto lotto della discarica. Metta li invitò a formalizzare la richiesta e indirizzarla a «Sia», cosa che avvenne attraverso una «Ati» (associazione temporanea di impresa) formata dalle società di Bonassisa, Biancofiore e un terzo socio estraneo alla vicenda. La proposta fu vagliata da «Sia» e Consorzio che poi decise di accedere al credito bancario per realizzare direttamente il sesto lotto senza ricorrere a privati.

    Il 7 dicembre 2016 Bonassisa si presentò in Comune, chiese di vedere il sindaco, Metta gli disse che non poteva riceverlo quel giorno perché l’appuntamento con lui e Biancofiore era fissato la settimana dopo: Bonassisa – prosegue l’accusa – si scusò, fece gli auguri di Natale al sindaco consegnandogli una scatola di dolciumi. Quando Metta la aprì nel suo ufficio per offrire i cioccolatini ai collaboratori, vi trovò 20mila euro: avvertì la Polizia e telefonò a Bonassisa urlandogli contro: «ma sei pazzo, come ti permetti, con chi credi di avere a che fare?»; e chiamò infuriato anche Biancofiore che quei giorni era in vacanza in nord Italia. Il tentativo di corruzione fu subito anche di dominio pubblico per la denuncia di Metta attraverso social e giornali. La Procura avviò l’indagine, ascoltò Biancofiore che disse di non sapere nulla della consegna di soldi da parte del socio Bonassisa; e interrogò anche quest’ultimo che ammise e accusò il coindagato. Bonassisa raccontò che a luglio 2016 Biancofiore gli chiese di presentare una proposta congiunta per costruire e gestire il sesto lotto della discarica. Il 6 dicembre 2016 poi Biancofiore – a dire sempre del socio – lo informò dell’intenzione di consegnare un «omaggio» al sindaco Metta per facilitare l’approvazione del progetto. Bonassisa disse al pm di aver superato le iniziali perplessità e aver portato personalmente a Metta i 20mila euro, ricevuti poco prima da una persona di fiducia di Biancofiore a suo dire.

    Nell’ottica accusatoria – respinta da Biancofiore sia nell’interrogatorio davanti al pm quand’era a piede libero, sia in quello successivo all’arresto del primo novembre 2017 disposto dal gip – un riscontro alla versione di Bonassisa va cercato negli sms che lui e il socio si scambiarono il giorno della consegna della mazzetta. Sarebbe stato Biancofiore a messaggiare Bonassisa chiedendogli se fosse tutto a posto, al che il socio – che aveva da poco ricevuto la telefonata di un Metta arrabbiato per quanto successo – gli rispose che non era affatto tutto a posto, chiedendo a Biancofiore in vacanza a Madonna di Campiglio di tornare subito. «Cioè cos’è successo? Cosa ti ha detto?» avrebbe chiesto Biancofiore; e Bonassisa l’avrebbe informato che Metta l’aveva trattato «come una pezza», dandogli del pazzo; e ribadendo la necessità al socio di rimediare: «devi mettere pezze, ma subito a mio avviso, prima torni e parli e più speranze abbiamo di mettere una pezza».

    tratto da La Gazzetta del Mezzogiorno

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