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    Al “Righi” incontro con Matteo Grandi, autore di “Far web” per conoscere pro e contro della rete

    L'evento si è tenuto ieri con la partecipazione degli studenti dell'Istituto

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    Nell’ambito del progetto “Il piacere della lettura”, a cui hanno aderito i docenti di Lettere dell’I.I.S.S. “Augusto Righi” di Cerignola e che è curato dalla professoressa Raffaella Morra, l’Istituto di via Antonietta Rosati ha ospitato, nella mattina di giovedì 5 aprile, Matteo Grandi, autore di «Far Web. Odio, bufale, bullismo. Il lato oscuro dei social», edito da Rizzoli e uscito lo scorso settembre. Matteo Grandi è un giornalista ed autore televisivo (Il Labirinto, Carpool Karaoke), nonché un attento conoscitore delle piattaforme social e delle relative dinamiche. Collabora con l’Università di Perugia curando un laboratorio su social media e scrittura digitale e ha, fra le diverse cose, firmato con il rapper Fedez nel 2015 lo spettacolo “Pop Hoolista”.

    Nel suo libro, Grandi fornisce un’attenta panoramica di ciò che oggi è diventato il web, in particolare la vasta prateria dei social network, con uno sguardo che si spinge ben al di là di alcune conclusioni che, non di rado, hanno quel retrogusto di luogo comune. Ma a spiegare meglio quali obiettivi si ponga questo lavoro è lo stesso autore a lanotiziaweb.it, partendo da alcune delle piaghe di cui la rete soffre: «Oggi nei social network è facilissimo imbattersi in messaggi di discriminazione, incitamento alla violenza, linguaggio molto pericoloso e molto violento. È qualcosa che è percepito da tutti, però la percezione non basta. Purtroppo sull’odio on line assistiamo ad una narrazione, da parte degli organi di informazione mainstream, che spesso segue più il click, più il fatto che si tratti di temi glamour piuttosto che andare al cuore del problema, magari analizzandolo con cognizione di causa, con un metodo più approfondito. Ho percepito con un po’ di fastidio questo approccio così superficiale su un tema che sta scandendo il presente e da qui è nata l’idea del libro, senza mettermi sul pulpito ma cercando in maniera laica e ragionata di affrontare il problema dell’odio in rete, passo per passo, con cognizione di causa, con attenzione, cercando anche di spiegarlo ad un pubblico non necessariamente avvezzo alla materia».

    Una delle domande che nel libro ci si pone è se sia davvero colpa della rete se la gente odia. Domanda alla quale Grandi fornisce una risposta ben precisa: «Chiederselo significa personalizzare la rete. La rete non è una persona, non ha colpe, non prova sentimenti, non odia, non minaccia, non diffama. Tutto quello a cui assistiamo in rete è fatto dalle persone. Questa retorica del web brutto e cattivo è ora di spazzarla via. Bisogna capire che è un mezzo, uno strumento che sicuramente sta cambiando il nostro approccio alla quotidianità e forse, dice qualche sociologo, sta anche cambiando il nostro stesso carattere. Il web ha un potenziale straordinario, avvicina le persone, permette di fare denunce a chi non ha voce per farlo, dà potere ai più deboli. Se quel mezzo viene usato male, malissimo da una serie di individui – prosegue l’autore – che decidono di sfogare le proprie frustrazioni, urlare il proprio odio, discriminare, la colpa non è della rete ma di chi la usa nel modo sbagliato. Nel libro faccio un esempio che rende l’idea: se domani un matto esce per strada e inizia a prendere le persone a martellate, nessun giornalista al mondo titolerebbe “È colpa del martello” o “Martello killer”: il martello è uno strumento utilissimo in carpenteria, macelleria, nei lavori di casa. Il titolo verrebbe fatto sull’idiota o assassino di turno. Per la rete vale la stessa identica cosa: è un mezzo utilissimo che però nelle mani sbagliate può fare male, ma per colpa di chi lo manovra».

    Una delle strade imprescindibili da percorrere per un uso sano e proficuo del web, per Matteo Grandi, è senz’altro l’alfabetizzazione digitale: «È la risposta principale, forse l’unica che possiamo dare ai problemi legati all’odio in rete e comunque ad un uso distorto del web. Se ci illudiamo che determinate risposte possano arrivare per via legislativa, stiamo già commettendo un errore, immaginando che le leggi non esistano. Le leggi per il web non servono perché ci sono già quelle che disciplinano la quotidianità. Ad esempio, diffamazione e discriminazione razziale sono illeciti, reati già disciplinati dal Codice. Non servono leggi ad hoc per il web, altrimenti lo si indica come una specie di realtà a sé, cosa che non è assolutamente vera. Il percorso più lucido, anche se più lungo, è quello dell’educazione, cioè iniziare a far capire alle persone che la rete è una realtà esattamente come quella tridimensionale, che il virtuale è reale, che quello che diciamo in rete ha delle conseguenze, può nuocere agli altri ma anche far danno a chi la usa in modo nefasto. Iniziare ad alfabetizzare con delle piccole gocce di consapevolezza –conclude Grandi – è l’unico cammino che possiamo intraprendere per migliorare l’approccio alla rete».

    Ha quindi inizio l’incontro con gli studenti, nel gremito auditorium dell’Istituto, con i saluti della professoressa Raffaella Morra e del dirigente scolastico, dottoressa Maria Rosaria Albanese, che hanno posto l’accento sull’indiscussa importanza del tema trattato e sul fatto che le contemporanee tecnologie non vadano affatto demonizzate, bensì comprese nei loro meccanismi per non farsi travolgere. Diversi i punti toccati da Matteo Grandi in un appassionante dibattito con i numerosi ragazzi presenti e partecipi. Si passa dal tema dell’hate speech, ossia quel linguaggio intriso di odio e intolleranza e contro il quale i colossi social, nel 2016, hanno firmato un accordo con l’Unione Europea con l’impegno (non giuridico, però) di rimuovere tali contenuti nell’arco massimo di 24 ore, al revenge porn, quel fenomeno per cui vengono diffusi e condivisi contenuti privati sessualmente espliciti, generalmente da utenti di sesso maschile ai danni di loro ex compagne, reato ancora non disciplinato con leggi specifiche in Italia. La giustizia, in casi di questo tipo, ha molto spesso tempi lunghi e percorsi tortuosi e dispendiosi. Ecco, quindi, Matteo Grandi avanzare la proposta di «una legge che obblighi e vincoli i social network, almeno quelli con 4-5 milioni di iscritti, ad aprire degli uffici legali in Italia». Evidenziata anche la poca utilità di taluni algoritmi e delle cosiddette “black list”, l’autore conclude ponendo all’attenzione di tutti un’altra delle sfaccettature del web odierno: «La rete è diventata, pur essendo definito storicamente un medium freddo, un mezzo su cui in realtà transitano delle emozioni e dei sentimenti caldissimi, degli input costanti ai quali ci sentiamo di rispondere in tempo reale. La risposta è quasi sempre emotiva. Uno dei consigli che sento di darvi è aspettare prima di farlo. Non siamo solo potenziali vittime in rete, ma anche potenziali carnefici».

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