Libertà d’espressione, sacra, tutelata, difesa. Ma troppe volte quella libertà consente, incolpevolmente, la produzione di pensieri che ti obbligano a riflettere sul senso della libertà d’espressione. I social amplificano, offrono una vetrina, generano, purtroppo spesso, un riflesso che può essere anche motivante. Parliamo di politica. Ne parlano quasi tutti, tutti farebbero meglio di, tutti avrebbero fatto diversamente; peggio, tutti criticano e nessuno propone. In prossimità della campagna elettorale tutti. Ma proprio tutti. E seppure mancano quasi due anni alle prossime amministrative a scaldare i motori – scusate la ripetizione – sono proprio tutti: dai politici agli aspiranti tali, dai faccendieri agli aspiranti tali, dai gruppi d’interesse agli aspiranti tali.
Se è vero che «internet ha dato diritto di parola agli imbecilli», i social hanno «promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità» scriveva Umberto Eco. E di meno non hanno fatto i giornali in occasione degli appuntamenti elettorali. In vista delle elezioni tutti cercheranno due righe di spazio, una foto in copertina, il proprio punto di vista riportato a sei colonne. Ma proprio tutti. Anche i trombati, i rottamati, i defenestrati; pure i novelli e i big da 50 voti. Perché fino al giorno dell’elezione saranno tutti convinti di essere il prossimo grande politico di questa città. Si sveglieranno solo il giorno successivo, sudati.