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    Relazione DIA: a Cerignola la realtà mafiosa più solida e strutturata del basso Tavoliere

    La Direzione Investigativa Antimafia ha reso pubblico il suo rapporto relativo al secondo semestre del 2017, i mesi più caldi per la mala locale

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    E’ stata pubblicata ieri, mercoledì 18 luglio, la Relazione semestrale al Parlamento della DIA (Direzione Investigativa Antimafia) che traccia periodicamente il profilo della criminalità organizzata nel Bel Paese. Nelle 386 pagine di relazione ampio spazio è dedicato alla Puglia ed in particolar modo alla mafia del foggiano, ormai da diversi anni considerata una delle più attive ed efferate, tale da guadagnarsi l’epiteto di “Quarta mafia” assieme Cosa Nostra, Camorra e ‘Ndrangheta. Il periodo analizzato è quello del secondo semestre del 2017, periodo segnato dalla sanguinosa strage di San Marco in Lamis del 9 agosto e conclusosi con le “esplosive” giornate di fine anno proprio a Cerignola.

    LA SITUAZIONE COMPLESSIVA

    Come si legge nella relazione «il quadro criminale della provincia di Foggia, da sempre frastagliato in diverse forme di criminalità (capoluogo di provincia, Gargano, alto e basso Tavoliere), oggi si presenta più complesso ed instabile”. Un’instabilità dovuta dalla propensione dei clan locali a stringere «alleanze con gruppi di diversa provenienza, rendendo lo scenario altamente fluido». Dato ancora una volta confermato e sottolineato è quello del forte radicamento sociale e culturale dei clan sul territorio, fattore che garantisce copertura e libertà di azione in danno all’economia locale: «Il forte radicamento delle consorterie sul territorio favorisce un contesto ambientale omertoso e violento (in primo luogo determinato dalla matrice di familiarità che contraddistingue gran parte dei clan, in particolar modo dell’area garganica), che si manifesta con danneggiamenti e atti intimidatori ai danni di operatori del commercio, dell’edilizia, del turismo e dell’agricoltura, settori trainanti dell’economia del territorio». La DIA non esclude inoltre che la mafia della Capitanata abbia esteso i propri affari anche rispetto al fenomeno del caporalato o in generale allo sfruttamento dei numerosi stranieri richiedenti asilo presenti sul territorio.

    LO SCENARIO CERIGNOLANO

    Il rapporto DIA presenta la mafia cerignolana come «la più solida e strutturata del basso Tavoliere». I clan egemoni sono quelli storici Di Tommaso e Piarulli-Ferraro, che secondo la relazione, si impongono sul territorio disponendo di «un consistente numero di affiliati, con forte disponibilità di armi». E’ interessante sottolineare la ‘vocazione imprenditoriale’ dei clan, ovvero la capacità di «diversificare le attività illecite da cui attingere risorse, opportunamente schermate, secondo una logica sempre più affaristica» e l’elevato livello di organizzazione che si manifesta nelle attività criminose più redditizie, consistenti nel «traffico degli stupefacenti, dei furti e delle rapine ai TIR e ai portavalori, anche fuori regione» oltre alla ricettazione della merce rubata. Se negli anni successivi alla cosiddetta “Operazione Cartagine” – che a metà anni ’90 decapitò le cosche locali – si era ipotizzata la sostanziale autonomia ed indipendenza tra gruppi criminali, negli ultimi tempi, i dati raccolti dalla DIA lasciano dedurre che «la scelta degli obiettivi, mai casuale, sottenda un “sistema” che connota le consorterie foggiane, e cerignolane in particolare, per l’elevata specializzazione delinquenziale».

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