FOGGIA – La Polizia di Stato ha arrestato i componenti di un gruppo criminale responsabile della rapina compiuta nel dicembre 2016 al caveau dell’istituto di vigilanza Sicurtransport di Catanzaro. La rapina, messa in atto con metodi paramilitari e l’uso di mitra e sofisticate apparecchiature elettroniche, fruttò oltre 8 milioni di euro. L’assalto suscitò particolare allarme in quanto gli esecutori sfondarono con un potente mezzo cingolato i muri corazzati del caveau e bloccarono le strade di accesso incendiando 11 auto poste a sbarramento. L’aggravante della metodologia mafiosa è stata contestata alle persone arrestate stamani dalla Polizia di Stato con l’accusa di avere fatto parte del gruppo criminale che nel dicembre 2016 assaltò il caveau dell’istituto di vigilanza Sicurtransport di Catanzaro. Secondo quanto emerso dalle indagini, infatti, una parte dei proventi è stata corrisposta alle famiglie di ‘ndrangheta che hanno influenza sulla zona. Le indagini sono state coordinate dalla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro che si è avvalsa delle attività investigative condotte dal Servizio centrale operativo della Polizia di Stato e dai poliziotti delle Squadre Mobili di Catanzaro e Foggia. I particolari dell’operazione, denominata “Keleos”, saranno resi noti dal procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri e dagli investigatori, in una conferenza stampa fissata per le 11 nella sala conferenze del centro polifunzionale della Polizia di Stato a Catanzaro.
La rapina alla società di trasporto valori Sicurtransport fu consumata secondo un pianificato studio delle zone dove è situato il caveau e con la complicità di un dipendente dell’Istituto, responsabile proprio della sicurezza del caveau, che fornì le informazioni preventive sull’esatto posto dove spaccare il muro in maniera da consentire ai banditi di realizzare il “colpo” nei tempi da loro contingentati. Importanti per lo sviluppo dell’operazione “Keleos” sono state le dichiarazioni di una collaboratrice di giustizia, legata sentimentalmente ad uno degli organizzatori del colpo, che ha fornito agli investigatori della Polizia di Stato riscontri su fatti e circostanze relativi al suo compagno ed al ruolo primario che ha svolto nella vicenda. Le indagini che hanno portato all’arresto degli autori dell’assalto al caveau di località Germaneto di Catanzaro, sono state condotte dai poliziotti delle Squadre Mobili di Foggia e Catanzaro e coordinato dal Servizio centrale operativo della Polizia di Stato ed hanno portato ad accertare uno stretto collegamento tra soggetti pugliesi della zona del cerignolano “specializzati nel settore” e basisti locali che hanno reso possibile l’evento delittuoso. I calabresi coinvolti nella rapina, secondo l’accusa, si sono occupati in particolare di reperire le informazioni dal basista e di procurare le autovetture ed il mezzo cingolato utilizzati rispettivamente per il blocco delle strade e per la demolizione del muro di accesso al caveau oltre che della logistica finalizzata alla permanenza clandestina a Catanzaro del commando assaltatore composto dai malviventi pugliesi.
Alessandro Morra, 37enne di Cerignola, il probabile organizzatore dell’assalto al caveau Sicurtransport a Catanzaro, il 4 dicembre 2016, e Pasquale Pazienza, 49 anni, di Bitonto. Erano nascosti in un casolare nelle campagne di Giovinazzo (Bari) i due pregiudicati pugliesi latitanti dallo scorso 20 aprile, quando sfuggirono alla cattura nell’ambito di una operazione della Dda di Catanzaro. I due sono stati arrestati all’alba dopo l’irruzione degli agenti della Squadra Mobile di Bari con i colleghi di Foggia, Catanzaro, del Servizio Centrale Operativo con il supporto dei Reparti Prevenzione Crimine e del Reparto Volo della Polizia di Stato. Le indagini della Dda di Catanzaro, avviate dopo il colpo armato al caveau, hanno consentito in pochi mesi di identificare i responsabili. Gli assalitori arrivarono in tute mimetiche e armati di kalashnikov riuscendo a portare via un bottino di circa 8 milioni di euro. Gli elementi raccolti dagli investigatori hanno portato ad aprile al fermo di 7 pregiudicati calabresi e pugliesi. Alla cattura, però, sfuggirono due persone, Morra e Pazienza, «due pericolosi latitanti» come li ha definiti Eugenio Masino dello Sco di Roma. Durante l’irruzione i due hanno tentato la fuga scavalcando il muro di recinzione della masseria ma gli agenti avevano cinturato l’intera tenuta di circa un ettaro. Al vaglio degli investigatori baresi c’è ora la posizione di una terza persona, presente nel casolare con i due latitanti, che aveva la disponibilità dell’abitazione.
Le indagini hanno, inoltre, evidenziato l’esistenza di “accordi criminali – ha detto Masino -tra la malavita foggiana e la ‘Ndrangheta», oltre a una «probabile sponda su Giovinazzo della criminalità bitontina – ha spiegato il vicedirigente della Squadra Mobile di Bari, Antonio Tafaro – per prestare rifugio ai latitanti». Sempre nelle campagne di Giovinazzo, infatti, si nascondeva il boss di Bitonto Domenico Conte, ritenuto il mandante dell’agguato mafioso del dicembre scorso in cui fu uccisa per errore un’anziana.