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    “Uomini e caporali” di Alessandro Leogrande, 10 anni dopo: se n’è parlato a Cerignola

    La testimonianza e i ricordi di Ornella Bellucci, collega e per anni compagna del compianto giornalista scomparso nel 2017

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    Si è dato vita ad un significativo incontro, ricco di ricordi, testimonianze ed emotivamente profondo, nel tardo pomeriggio di mercoledì 24 luglio presso la Libreria ‘L’albero dei fichi’ di Cerignola. «Le parole di Alessandro Leogrande-Leggere “Uomini e caporali” 10 anni dopo» è il titolo dell’evento, nonché fondamentale tappa, rientrante nel progetto “Ciascuno cresce solo se sognato: per una filiera equa e solidale del pomodoro”, guidato dalla Cooperativa Sociale “Pietra di Scarto” con il sostegno della “Fondazione con il Sud”. Era il 2008 quando venne alla luce «Uomini e caporali Viaggio tra i nuovi schiavi nelle campagne del Sud» (Mondadori, ristampa con Feltrinelli nel 2016, ndr), il romanzo-inchiesta del giornalista Alessandro Leogrande. L’opera rappresentò uno scioccante ma fondamentale apripista dell’informazione sulla scottante tematica del caporalato, piaga che affligge da decenni anche il nostro territorio, riducendo in uno stato di vergognosa schiavitù precapitalistica molti braccianti, e non di rado facendo vittime, in nome di una caccia al profitto del tutto priva di scrupoli. Alessandro Leogrande, giornalista, scrittore, intellettuale, figlio del Mezzogiorno, ci ha lasciati troppo presto, all’età di 40 anni, a novembre del 2017. Le sue inchieste, le testimonianze da lui raccolte sul campo, quei sassi da lui lanciati nello stagno, i suoi messaggi sono ancora ben presenti, anche grazie a chi ha vissuto e lavorato in simbiosi con lui, camminandogli a fianco per tanti anni. Il riferimento è a Ornella Bellucci, giornalista, documentarista e per 15 anni compagna, di vita e di professione, di Leogrande. Non celando la forte emozione, figlia di un dolore recente, atroce e mai sanabile, Ornella Bellucci si è generosamente donata per questo incontro, riportando documenti e testimonianze, raccontando aneddoti e fornendo anche una importante lezione di vero giornalismo d’inchiesta.

    Poco prima dell’inizio dell’evento, si è concessa a lanotiziaweb.it, partendo da ciò che sono stati questi 10 anni trascorsi dalla pubblicazione di ‘Uomini e caporali’: «Nel corso di questi anni, non è cambiato tanto, nonostante una legge contro il caporalato. C’è poco da fare, è una legge inconsistente, non ha risolto nulla. ‘Uomini e caporali’ è un testo che fa da apripista rispetto al discorso che c’è sul lavoro sfruttato e ridotto in schiavitù. In quelle pagine si comincia addirittura ad introdurre il tema del lavoro agricolo globalizzato, sfruttato in questo modo. Non è cambiata la nazionalità dei proprietari dei campi, che resta italiana. È un po’ cambiata quella dei braccianti, perlopiù neo-comunitari gestiti spesso dalla madrepatria. Succede oggi che spesso il caporale che li sfrutta, li controlla, li minaccia, li picchia, li uccide è un loro connazionale». È forte, quindi, il rammarico per una legge sul caporalato tutt’altro che efficace, secondo la giornalista. «Ho seguito molto la lotta dei braccianti della masseria di Boncuri a Nardò – sottolinea Ornella Bellucci, riferendosi allo sciopero che nell’estate del 2011 diede l’input alla stesura della citata legge -. Quella lotta, che ha contato dei morti sul campo, ha portato all’istituzione di una legge, però, assolutamente deludente. Lo è sia per i termini previsti per le condanne risarcitorie economiche e sia per i termini reclusivi per i proprietari terrieri e i caporali». Il focus si sposta sul ruolo del giornalismo d’inchiesta circa questi temi: «Per essere un buon giornalista d’inchiesta bisogna essere intelligenti, scafati, avere un’etica ed una sensibilità molto forti per intercettare quell’umanità che non riesce neppure ad esprimersi, se costretta in questo modo. Questi ragazzi – sottolinea Bellucci – vengono qui per lavorare, vengono qui per due soldi che spesso mandano alle famiglie nei Paesi d’origine. Magari ci muoiono anche in questi campi e i loro corpi non ritornano neppure in patria perché le famiglie non riescono a mettere insieme i soldi per la restituzione delle salme. Questa è una cosa grave e vergognosa».

    Durante l’incontro, condotto da Pietro Fragasso, presidente della Cooperativa Sociale “Pietra di Scarto”, e arricchito da Marco Mansi, che ha letto alcuni dei più significativi brani del libro di Alessandro Leogrande, si è dibattuto anche grazie al contributo di importanti pezzi documentaristici tratti dal lavoro di Ornella Bellucci. Come detto, Alessandro ed Ornella hanno lavorato fianco a fianco: se lui si occupava di dar voce a quel popolo di sfruttati su carta, lei faceva lo stesso in video e audio. Diversi sono i casi di cronaca, con indagini e processi relativi, che tornano alla ribalta durante il dibattito. Particolarmente toccante è quello di Dariusz Olszewski, bracciante arrivato in Capitanata dalla Polonia e che ha trovato la morte su questi campi nel 2005, quando aveva appena compiuto 33 anni. Il suo corpo venne tumulato nel cimitero di Cerignola, di fianco a tanti altri braccianti stranieri come lui, alcuni dei quali in sepolcri anonimi. Sua madre Irena non accettò la tesi secondo la quale il decesso di suo figlio fosse dovuto a cause naturali.

    Diverse erano le cose a non convincerla affatto, fra cui le molteplici ferite e i lividi trovati sul suo corpo (fatto riesumare dopo una battaglia durata esattamente due anni) e i tanti km di distanza fra il luogo, fatiscente, in cui alloggiava e il campo sul quale venne ritrovato, non avendo alcun mezzo di locomozione a sua disposizione. Quei giorni molto toccanti, nei quali Irena giunse in prima persona in terra di Capitanata grazie anche ad un’emittente televisiva polacca che si occupò della vicenda (TVN), sono raccontati in maniera più che mai fededegna da Alessandro Leogrande nelle pagine di ‘Uomini e caporali’, giorni vissuti in prima linea e documentati anche da Ornella Bellucci, come lei stessa testimonia con evidente trasporto. Alessandro Leogrande è stato un grande giornalista d’inchiesta, probabilmente fra gli ultimi ad intraprendere questa missione “sporcandosi le mani”. Lascia una preziosissima eredità, il cui valore è racchiuso nelle parole della sua collega e compagna Ornella: «Un forte richiamo ad essere leali, veri e fortemente etici».

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