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    Adolescenti e pericoli del web: se n’è discusso all’ITET “Alighieri” di Cerignola

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    Ha avuto luogo nel pomeriggio di giovedì 2 maggio, presso l’auditorium dell’ITET “Dante Alighieri” di Cerignola, il seminario dal titolo «Facciamo rete per non cadere nella rete-Cyberbullismo, cyberstalking, cybercrime, reati informatici». Rivolto a studenti, genitori, insegnanti, personale ATA, enti ed associazioni, l’incontro ha visto una nutrita partecipazione, fra cui le presenze del Vescovo S.E. Mons. Luigi Renna e dei dirigenti scolastici prof.ssa Maria Rosaria Albanese, dell’I.I.S.S. “Augusto Righi”, e prof. Pio Mirra, dell’I.I.S.S. “Giuseppe Pavoncelli”. L’evento è una fondamentale tappa del progetto di contrasto al bullismo ed al cyberbullismo, la cui referente è la prof.ssa Marinella Marino. A farne i relatori sono due importanti personalità del campo: il prof. dott. Bartolo Danzi, giurista e criminologo dell’ordine europeo criminologi forensi di Bruxelles, e l’ing. Antonio De Chirico, esperto di alta investigazione informatica per la lotta al crimine in rete, della Polizia di Stato. Introdotti dal dirigente scolastico prof. Salvatore Mininno, che ha fatto gli onori di casa, i due esperti hanno affrontato diversi temi, anche fra quelli che la cronaca di questi giorni ha sferrato alla pubblica opinione con la violenza di un pugno nello stomaco (vedasi il caso del pensionato di Manduria perseguitato ed ucciso da una babygang, la quale ha finanche fatto circolare i video dei suoi misfatti in rete).

    L’approccio a questi argomenti è stato multidisciplinare. Il cyberbullismo è un illecito civile, un illecito penale nonché la violazione del codice della privacy (il decreto legislativo n. 196 emanato a giugno del 2003). Si sono analizzate problematiche, come l’inquietante fenomeno della “blue whale” (“balena blu”), un macabro e pericolosissimo gioco on line che porterebbe gli adolescenti al suicidio, dopo essersi provocati diverse lesioni sul corpo. Si è, poi, giunti ad indicare in quella degli studiosi Hinduja e Patchin la migliore definizione del cyberbullismo: «Consiste in volontari e ripetuti danni inflitti attraverso l’uso del computer o di altri dispositivi elettronici». Spesso il bullo on line è un soggetto che tende a fare ciò di cui non sarebbe capace off line. Il bullo cosiddetto off line non deve essere, però, confuso con chi ha disturbi del comportamento: mentre il primo è violento su vittime prescelte, il secondo si scaglia indistintamente contro tutti. Tornando al web, i pericoli che vi si annidano sono diversi e di differente origine: «È un panorama in continua evoluzione -spiega l’ing. De Chirico a lanotiziaweb.it -. Non si può in nessun momento stabilire quale sia la situazione perché, così come la tecnologia si evolve giornalmente, anche i crimini informatici sono prodighi alla crescita. Ogni giorno ci si deve confrontare con nuove fattispecie criminose, con nuovi eventi che si verificano ai danni dei cittadini e degli utenti meno esperti della navigazione web». «I giovani che si imbattono nelle nuove tecnologie informatiche sono la preda principale del cybercrime e soprattutto del cyberbullismo -afferma, invece, il prof. Danzi al nostro sito -. I nativi digitali, iperconnessi, sono soggetti a situazioni di reato, sia come vittime che come perpetratori inconsapevoli di reati abbastanza gravi».

    I rischi, come detto, non sono pochi e De Chirico indica il principale: «È quello di una navigazione inconsapevole. Molto spesso i ragazzi navigano senza freni, senza alcuna limitazione. I motori di ricerca danno loro informazioni che potrebbero essere, sì, di curiosità, ma può esporli anche a pericoli come la cyberpedofilia o farli incorrere in truffe tanto ben organizzate quasi da sembrare un gioco, magari utilizzando impropriamente le informazioni o la carta di credito dei genitori e trovandosi esposti a danni anche economici. Rilasciare i propri dati senza alcun freno, fidandosi di chi c’è dall’altra parte dello schermo senza conoscerlo, fa trovare i nostri ragazzi assolutamente scoperti e inconsapevoli di cosa stanno facendo, con il rischio di trovare nella vita reale persone che non sono quello che in rete hanno dichiarato di essere». Ed è qui che diventa fondamentale possedere nel proprio bagaglio lo strumento dell’alfabetizzazione digitale. L’istituzione chiamata a giocare un ruolo chiave in questo non può che essere la scuola: «È importante – sottolinea il prof. Danzi – perché i giovani devono comprendere che il loro comportamento viene estremamente modificato dall’utilizzo delle tecnologie informatiche. Si subisce una modifica comportamentale e l’empatia viene meno. Ciò che la scuola, ma in particolare i genitori, deve fare è l’educazione ai sentimenti, la rivalutazione di ciò che viene meno attraverso l’utilizzo di queste tecnologie».

    Anche i genitori, dunque, devono tenere alta la guardia: «Le famiglie devono supportare i ragazzi – afferma l’ing. De Chirico -. Non bisogna solo gridare alla paura o demonizzare l’utilizzo di queste tecnologie. Occorre condividere le parti positive e quelle negative, perché anche la parte negativa è esperienza. Laddove ci sono tante cose belle, perché è possibile fare delle ricerche per un approfondimento scolastico, è anche vero che ci si può imbattere in una situazione spiacevole. Va spiegato ai ragazzi che determinati tipi di azione non vanno intrapresi e insegnargli a chiedere aiuto alle persone che hanno più esperienza, facendo tesoro anche di un episodio negativo». «Difendere i ragazzi non significa inibire l’utilizzo delle tecnologie informatiche – precisa in conclusione il prof. Danzi -. Bisogna educarli ad un uso consapevole che non deve sconfinare nell’abuso. Non devono, cioè, compiere atti che siano di disvalore sociale e che, quindi, possono comportare anche il rischio di essere introdotti nel circuito penale minorile, coinvolgendo anche i genitori, assoggettati al risarcimento dei danni». La chiave di questo importante incontro sta, in definitiva, in quanto affermato in sede di discussione sul valore della comunicazione: un processo che rischia di essere inibito dall’abuso del mezzo informatico, fino a renderci stupidi, disumanizzati e in preda agli algoritmi.

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