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    “Mio padre”, l’ultimo libro di Domenico Farina presentato ieri a Cerignola

    È la quinta opera dell’avvocato ofantino, nelle cui pagine è narrata una drammatica vicenda familiare

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    “Il male del secolo” e tutti i suoi dolorosi risvolti, un atto d’amore verso una figura paterna venuta a mancare troppo presto, nonché una vicenda che purtroppo è comune a diverse famiglie: sono alcuni dei tratti caratteristici dell’ultima fatica letteraria di Domenico Farina, avvocato e autore ormai affermato, nonostante egli dichiari di scrivere più per diletto. Nella serata di venerdì 11 ottobre, presso Palazzo Coccia nella sua Cerignola, ha avuto luogo la presentazione di «Mio padre», libro in cui narra gli ultimi 23 drammatici giorni di esistenza del suo più stretto congiunto. Dinanzi ad una nutrita ed attenta platea, Farina espone ogni aspetto di questa opera dialogando con S.E. Monsignor Luigi Renna, Vescovo della Diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano, con il giornalista Michi De Finis e con Daniela Tattoli, titolare della libreria BiBlyos (Cerignola).

    In un’epoca dove la sociologia ci parla di società in cui vi è una eclissi della figura del padre, questo libro può assumere indubbia importanza, è quanto si sostiene in sede di dibattito. È un’opera che finisce per condurre il lettore che ha vissuto e sofferto vicende simili a sentirsi egli stesso protagonista, vincolato da una forte empatia. «Quando racconto il cancro, non racconto solo la storia di mio padre e della mia famiglia, ma è purtroppo una storia comune a molte persone», dichiara Domenico Farina a lanotiziaweb.it. L’autore poi precisa: «Ho scritto sostanzialmente per due motivi. Il primo è per un atto di affetto e amore verso mio padre, un atto di devozione filiale. Il secondo motivo nasce perché in quel periodo lessi che, secondo alcuni studiosi, esiste una nuova pratica terapeutica: lo storytelling, detta anche “medicina narrativa”. Consiste nel raccontare la malattia, da parte del malato o dei familiari, cercare di divulgare la propria esperienza e metterla a confronto con le altre. Questo, secondo una parte della scienza,porta dei benefici terapeutici. Nella prefazione dico di far mio questo meccanismo, questa terapia che definisco a tratti rivoluzionaria e a tratti bizzarra, che non ci credo molto ma che non c’è niente da perdere. Il libro si occupa anche dei cosiddetti viaggi della speranza, che purtroppo accompagnano il malato ed i familiari sino all’esito finale a volte infausto. Ma altre volte, oggi succede più spesso, il paziente ne viene fuori».

    Legato ai viaggi della speranza, c’è il tema del sistema sanitario nazionale, nei cui riguardi è presente una forte denuncia in queste pagine: «È chiaro che non voglio generalizzare. Se si legge il libro, però, si capisce come esistano dei medici che fanno della professione e del giuramento di Ippocrate una missione ed altri che invece ne approfittano. C’è un passaggio in cui racconto un dialogo con un medico con cui parlo proprio di questo. Ho raccontato le storture che esistevano allora, accompagnandole con un rigo di polemica in cui dico che gli ospedali, quando non sono stati chiusi da una politica arruffona, non funzionano neanche bene. In quel periodo, anche se devo retrodatare il racconto al 1986, la sanità non funzionava. Non credo sia un’eresia dire che più di trent’anni dopo la situazione è anche peggiore». La speranza, quella del malato e dei suoi familiari, spesso si regge in un complicato equilibrio fra scienza e fede: «Credo che la fede sia importante, ciascuno di noi è fortunato se ce l’ha – afferma Farina -. Nel libro io m’interrogo. Il laico, la persona che cerca di ragionare sulle cose, si rivolge prima alla scienza, come abbiamo fatto io e la mia famiglia. Quando poi ti accorgi di non farcela, sei “costretto” a passare alla fede. Mi chiedo se questa sia fede o poca fede. Passi alla fede perché pensi che i miracoli esistano, non sono tanti ma ritieni di poter essere uno dei miracolati. La fede ti accompagna. Poi c’è chi se ne allontana dopo l’esito infausto, chi continua a sentirla sua o chi vi si affeziona ancora di più. Credo che qualcosa in cui credere, che ti dia un tracciato, ci debba essere».

    Infine, Domenico Farina prova ad immaginare suo padre ancora fra noi e come si sarebbe potuto comportare durante questa presentazione: «Me lo immagino vicino a mamma, seduto a metà sala. Non era il tipo da mettersi in prima fila, come spesso faccio io. Avrebbe ascoltato le parole di un figlio, quello che il figlio pensa e dice del padre. Non so cosa avrebbe detto, mi basta sapere che abbia ascoltato il dibattito». Parte del ricavato delle vendite del libro sarà devoluto all’Associazione Bianca Garavaglia Onlus, che dal 1987 sostiene la ricerca e la cura sui tumori infantili.

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