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    In Capitanata «il pericolo vero è la borghesia mafiosa»

    «I gruppi criminali stringono accordi con le amministrazioni locali». Volpe (Dda): «Dal contrasto finora risultati eccellenti»

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    La quarta mafia nelle sue articolazioni (Società, mafia garganica e mafia cerignolana) e poi quella zona grigia che si innerva intorno a malaffare professioni, politica, imprese e organizzazioni malavitose. Ed ancora, attenzione a quella «borghesia mafiosa» che si trasforma in comitato d’affari e che punta al salto di qualità, occuparsi degli appalti pubblici. Se ne è discusso a Foggia nel corso di un incontro promosso dalla Diocesi e dall’Università alla presenza del procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho, fin troppo esplicito nel tratteggiare la zona grigia e la pericolosità delle organizzazioni mafiose delle Capitanata. «I quattro comuni della Capitanata sciolti per infiltrazioni mafiose, e cioè Monte Sant’Angelo, Cerignola, Manfredonia e Mattinata, sono la dimostrazione di quanto sia forte il condizionamento e il legame di questi gruppi criminali che, nella loro operatività, riescono a infiltrarsi nelle amministrazioni pubbliche e quindi negli enti locali in modo da stringere accordi. La strategia è sempre quella di appropriarsi di appalti e ottenere concessioni», ha spiegato il procuratore nazionale De Raho che si è poi rivolto agli imprenditori esortandoli a denunciare i loro aguzzini: «Una economia veramente forte deve essere una economia fondata sulle regole e gli imprenditori sani devono credere nel loro percorso di legalità. Con lo Stato vicino gli obiettivi di miglioramento si conseguiranno».

    Il procuratore della Dda di Bari, Giuseppe Volpe, intervenuto alla tavola rotonda, ha rimarcato che «i risultati che si sono fino ad oggi raggiunti, ricordo le decine e decine di arresti di boss mafiosi e dei loro luogotenenti che negli anni 2018 e 2019 sono stati operati, si sono ottenuti anche perché alcuni imprenditori hanno avuto il coraggio di denunciare». «Le vittime – ha aggiunto Volpe – sono state poi assistite dallo Stato, quindi questa è la strada giusta da seguire. La risposta dello Stato non può che essere quella di continuare lungo il percorso che ha dato finora risultati eccellenti, con la squadra Stato, le istituzioni che operano congiuntamente con una totale circolazione di notizie tra le forze di polizia e tra le due procure quella di Foggia e la distrettuale antimafia di Bari. Se a questo si aggiunge la collaborazione dei cittadini, io credo, che alla lunga la battaglia si vincerà». Chiaro il riferimento di Volpe anche alla reazione messa in campo dalla società civile foggiana dopo l’escalation di attentati e intimidazioni: dalla marcia dei 20mila con don Ciotti alle innumerevoli iniziativa di antimafia sociale, non ultima quella di ieri all’ateneo.

    Molto duro il prefetto di Foggia, Grassi, che ha ricordato non solo gli scioglimenti dei consigli comunali, ma anche le interdittive antimafia firmate in questi giorni (le ultime 10 tra Manfredonia e Cerignola): «Bisogna evitare la creazione di comitati di affari che inquinano l’economia e quindi bisogna intervenire tanto sotto un profilo repressivo, quanto sotto un profilo preventivo con l’azione antimafia amministrativa». Oltre al procuratore di Foggia, Vaccaro, al rettore dell’Università, Limone, all’arcivescovo di Foggia, Pelvi e al presidente della Fondazione antiusura, Cavaliere, è intervenuto anche il presidente della Regione, Michele Emiliano: «L’Università è scesa in campo contro la mafia, tutta Foggia è scesa in campo con un approccio che tiene insieme tutte le istituzioni. Quando abbiamo detto che in Puglia siamo tutti foggiani è perché siamo orgogliosi di questa città che ha la schiena dritta e che combatte la mafia senza esitazioni. Sento l’Italia negli interventi del vescovo, del prefetto, dei procuratori della Repubblica, con l’ottimismo di chi sa che stiamo lavorando bene e che andremo a prendere chi agisce nell’illegalità».

    Filippo Santigliano
    La Gazzetta del Mezzogiorno

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