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    Rifiuti, nel mirino pure il piano industriale Aqp

    Altro ricorso al Tar dei privati: «Aseco non può gestire impianti». Dieci operatori del settore impugnano i progetti affidati all’Acquedotto che dovrebbe trasformarsi in una multiutility

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    L’affidamento ad Aseco, società controllata di Aqp, delle attività di costruzione e gestione di impianti di trattamento dei rifiuti non solo viola la concorrenza ma anche le regole in materia di affidamenti diretti. È un siluro ad alzo zero quello che dieci società del settore hanno lanciato contro la Regione, con un ricorso al Tar che – stavolta – mette nel mirino la delibera con cui la giunta ha approvato il piano industriale di Acquedotto Pugliese. In cui, appunto, è previsto un nuovo ruolo per la società che dovrebbe occuparsi di smaltimento dei fanghi di depurazione. Già la scorsa settimana i «big» Cisa e Cogeam (l’imprenditore Antonio Albanese con il gruppo Marcegaglia) hanno portato davanti al Tribunale amministrativo i tre nuovi impianti di trattamento finanziati con il Piano per il Sud. Lunedì è arrivato un nuovo ricorso, firmato anche da altri operatori del settore tra cui Castiglia, Newo (la società che dovrebbe costruire un inceneritore nella zona industriale di Bari) e Tersan Puglia. Stavolta la questione è ancora più tecnica, ma molto più importante perché punta al cuore della strategia della giunta Emiliano: quella di trasformare Aqp in una multiutility, allargandone il raggio di azione dal servizio idrico integrato al sistema dei rifiuti.

    Il piano industriale Aqp che la giunta regionale ha licenziato a dicembre ha previsto di affidare ad Aseco (in cui dovrà entrare anche Ager, l’Agenzia regionale sui rifiuti) circa 50 milioni di investimenti: non solo il revamping dell’impianto di compostaggio di Ginosa (sequestrato da tre anni) che si occupa dei fanghi di depurazione e che sarebbe il «core business» di Aseco, ma anche la realizzazione di un nuovo impianto di compostaggio, di una discarica per rifiuti non pericolosi e di un impianto per il trattamento dei rifiuti prodotti dagli impianti di depurazioni. Aseco dovrebbe anche assumere la gestione ordinaria dell’impianto di trattamento dei rifiuti solidi urbani di Cerignola, che ha già gestito in regime provvisorio per scongiurare l’emergenza. Il ricorso (avvocati Marida Dentamaro, Elisabetta Righini e Vittorio Triggiani, quest’ultimo per tutti ad esclusione di Tersan) punta a dimostrare che la strategia della Regione sarebbe illegittima. E questo sia perché la gestione dei rifiuti (tranne di quelli urbani) è affidata per legge al mercato, sia perché né Aqp né tantomeno Aseco possono essere considerate società in-house (non hanno cioè le caratteristiche che consentono l’assegnazione di appalti senza gara). E in più i finanziamenti trasferiti – tramite Acquedotto – alla controllata andrebbero qualificati come aiuti di Stato, non consentiti in base alle normative comunitarie perché alterano la concorrenza.

    La Regione ha più volte tratteggiato la nuova strategia che mira a «internalizzare» la gestione del ciclo dei rifiuti, dopo il fallimento del modello voluto da Vendola: quello degli impianti «di bacino», realizzati e gestiti dai privati, con l’obiettivo di chiudere il ciclo del trattamento. Un ciclo che non si è chiuso perché gli impianti o non ci sono oppure non sono mai stati messi in funzione, con il risultato che i Comuni devono rivolgersi al mercato: la Puglia non ha – ad esempio – discariche di bacino, e deve portare i rifiuti urbani nelle discariche (private) per i rifiuti speciali, a costi evidentemente molto alti, per non parlare del trattamento meccanico-biologico per il quale la capacità disponibile non è sufficiente. In attesa del nuovo Piano di gestione dei rifiuti, che prevede il ricorso massiccio alla termovalorizzazione per ridurre al minimo l’utilizzo delle discariche, la Regione sta provando a sbloccare la situazione dell’impiantistica. Lo ha fatto con il coordinamento dell’Ager, l’agenzia guidata da Gianfranco Grandaliano: da un lato ha avviato interlocuzioni con i sindaci con l’obiettivo di individuare territori disponibili a ospitare i nuovi impianti, dall’altro ha immaginato il nuovo assetto che prevede l’affidamento della gestione ad Aseco. È una strategia molto ambiziosa e mai tentata prima in Italia, che però incontra -comprensibilmente – la forte diffidenza degli operatori privati: il Testo unico dell’ambiente affida ai Comuni la gestione del ciclo dello smaltimento, ma attraverso Ager la Regione ne ha sostanzialmente assunto il controllo.

    Massimiliano Scagliarini
    La Gazzetta del Mezzogiorno

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