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    L’emergenza non è finita, crescono Foggia, Brindisi e Bari. Contagio a due velocità in Puglia

    L’ANALISI: I DATI DELL’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ: IN 7 GIORNI I CASI CRESCONO DEL 18%, SECONDO PEGGIOR INCREMENTO D’ITALIA

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    La discesa del numero giornaliero dei nuovi contagi non è, di per sé, sufficiente ad affermare che la fase calda dell’epidemia è passata. Lo ha chiarito anche l’Istituto superiore di sanità: in previsione della fase-2, qualunque siano le decisioni del governo dovranno esserci anche adeguati meccanismi di monitoraggio. E soprattutto, poche regioni italiane possono davvero sorridere. Tra queste non c’è la Puglia, dove -secondo il monitoraggio aggiornato a venerdì – la crescita dei positivi è ancora molto sostenuta: rispetto al 16 aprile, l’aumento dei casi è stato del 18,1%, il secondo più alto d’Italia dopo la Sicilia (per fare un esempio in Piemonte è stato della metà). In Puglia la prevalenza (il numero di casi ogni 100mila abitanti) è pari a 95: non è alto in assoluto ma è il più alto del Sud (in Basilicata ad esempio è 31). L’altro parametro chiave è l’indice di contagio Rt, che rappresenta il numero di casi secondari che si generano a partire da un singolo malato: se è minore di uno, l’epidemia si spegne. L’Iss ha calcolato per la Puglia un indice medio pari a 0,60 (con una forchetta tra 0,48 e 0,73), mentre quello della Basilicata non è stato calcolato perché i dati non sono ancora ritenuti stabili.

    L’Iss ritiene che il solo indice Rt (che è inferiore a 1 in tutte le regioni in cui è stato calcolato) non possa essere utilizzato per differenziare le misure di contenimento, e che – di per sè – non possa essere preso come unico riferimento: si tratta di un parametro statistico calcolato sulla base di stime (ad esempio sulla durata dei sintomi). Le misure di contenimento – spiegano gli esperti – servono proprio ad abbassare artificialmente il valore di R (che all’inizio è indicato appunto con R0, «erre con zero», perché indica i contagi secondari con una popolazione interamente suscettibile al virus): in Puglia, sempre secondo l’Iss, all’inizio dell’epidemia il valore di R era pari a 2,61, ha toccato un picco (oltre 3) il 28 febbraio e da allora ha cominciato a scendere per effetto, appunto, delle misure di distanziamento sociale. Questo spiega perché l’allentamento del lockdown rischia di far risalire l’indice R, e dunque perché gli esperti – a partire dall’epidemiologo della Regione, Pier Luigi Lopalco – chiedano grande prudenza. Lo ha spiegato il direttore delle Malattie infettive dell’Iss, Gianni Rezza: «Se venissero meno le misure di distanziamento nelle attività di tutti giorni, rischieremmo di far ripartire la curva dei contagi». Ma nemmeno questo basta: se e quando si deciderà di riaprire, una serie di parametri (tra cui c’è anche l’indice di contagio) dovranno essere monitorati dicontinuo per eventualmente ripristinare misure di controllo se dovesse essere rilevata una imprevista inversione di tendenza.

    I dati dell’Iss sulla Puglia sono peraltro congruenti con quelli della fondazione Gimbe, che sempre con riferimento a venerdì ha stimato una prevalenza pari a circa 100 casi ogni 100mila abitanti, con un incremento settimanale pari a circa il 18%: dati che mettono la Puglia in buona posizione – appunto – per la bassa diffusione, ma che sono meno tranquillizzanti sul fronte della crescita dei contagi. Una analisi che appare ancora più interessante se si guardano i dati a livello provinciale, che dividono la Puglia in due. Bari, Brindisi e Foggia mostrano infatti ancora segni di crescita dell’epidemia: a fronte di una bassa prevalenza (90 casi per 100mila a Bari, 120 a Brindisi, 150 a Foggia) c’è ancora un incremento alto rispetto a una settimana fa (20% Foggia, poco meno di 21% Bari, circa 22% Brindisi). Sono invece in «zona verde» tutte le altre province. Taranto è quella con la minor densità territoriale di casi, Lecce quella con il minor tasso di crescita (7,5%), Barletta ha una prevalenza di casi di poco inferiore a quella di Bari ma un tasso di crescita più basso della metà.

    Massimiliano Scagliarini
    La Gazzetta del Mezzogiorno

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