La corte d’assise di Milano ha condannato a 22 anni di reclusione (ed a tre anni di libertà vigilata una volta espiata la pena) Sebastian Ganci, 41 anni, l’ex guardia giurata di Tavazzano con Villavesco (in provincia di Lodi) che la mattina dell’11 agosto del 2019 esplose vari colpi della propria pistola d’ordinanza contro il cugino Amato Dipaola, 29 anni, di Cerignola, uccidendolo all’interno dell’abitazione in via Di Vittorio, a Tavazzano. La sentenza è arrivata al termine del processo celebrato in corte d’assise a Milano. Il ventinovenne di Cerignola era ospite a casa del cugino più grande da alcuni giorni. All’origine del delitto ci sarebbero motivi passionali. Secondo l’ipotesi accusatoria tutto successe quando l’imputato trovò il cugino in atteggiamenti intimi con una diciassettenne romena, che la guardia giurata aveva accolto in casa da diverse settimane e di cui si era innamorato.
Al termine della requisitoria il pm di Lodi aveva chiesto la condanna di Ganci all’ergastolo, vista la contestazione di una doppia aggravante: aver premeditato l’omicidio del cugino e averlo commesso per futili motivi. I giudici di primo grado hanno invece escluso l’aggravante della premeditazione e confermato invece la sussistenza di quella dei futili motivi, bilanciata e «neutralizzata» sostanzialmente dalla concessione delle attenuanti generiche, in considerazione dello stato di incensuratezza di Gatti e del comportamento processuale dell’imputato che aveva reso piena confessione poche ore dopo i fatti. La guardia giurata lombarda dopo aver ucciso a colpi di pistola il cugino cerignolano si era inizialmente rifugiata da una parente a Milano, per poi decidere poco dopo il delitto di consegnarsi alle forze dell’ordine.
Nel processo in corte d’assise a Milano si sono costituiti parte civile i genitori e la sorella della vittima, il cui legale – l’avvocato Antonio Merlicco – ha chiesto la condanna dell’imputato e il risarcimento danni: i giudici nel condannare Ganci anche a risarcire i danni, ha disposto il pagamento di provvisionali nell’ordine di 250mila euro.
L’omicidio avvenne all’alba di domenica 11 agosto di un anno fa in via Giuseppe Di Vittorio, al terzo piano di un’ex palazzina Aler. La vittima fu raggiunta da tre colpi di arma da fuoco: due proiettili all’addome e uno alla fronte. A sparare, hanno sancito ora i giudici di primo grado, fu il cugino che fece fuoco con la pistola d’ordinanza per poi allontanarsi in auto insieme alla diciassettenne romena e imboccando l’autostrada: la minore gli chiese di lasciarla andare all’altezza di Casalpusterlengo e il vigilante lo fece per poi raggiungere l’abitazione di una familiare a Milano che lo convinse a consegnarsi alle forze dell’ordine che lo arrestarono il giorno stesso del delitto. (tratto da La Gazzetta del Mezzogiorno)