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    La lettera pastorale del vescovo Luigi Renna per la Quaresima e la Pasqua 2020

    "Liberare il terreno perché porti frutto" il titolo dell'ottava lettera dall'avvio del magistero nella Diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano

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    «Non vi stupite se fin dai primi giorni di Quaresima vi auguro Buona Pasqua, anzi “buon passaggio”, richiamandovi al senso della parola ebraica “pesah”, che ci dice il senso vero di questi quaranta giorni che ci condurranno al Triduo di Passione, Morte e Risurrezione di Gesù»: è l’incipit della nuova lettera pastorale – l’ottava dall’avvio del ministero episcopale nella Chiesa di Cerignola-Ascoli Satriano – del vescovo Luigi Renna «per la Quaresima e la Pasqua 2020», intitolata Liberare il terreno perché porti frutti (Grafiche Guglielmi, Cerignola 2020). Sulla scia del Messaggio dell’episcopato di Capitanata – Per amore del nostro popolo (cf Is 62,1) – distribuito tra i fedeli del foggiano in occasione del Mercoledì de Le Ceneri, il vescovo Renna esamina e descrive – a più livelli e a tutti i livelli – il tema della legalità, in un momento storico in cui il territorio diocesano registra, all’interno di un clima di diffusa insicurezza sociale, dall’ottobre dello scorso anno lo scioglimento per infiltrazioni mafiose dell’Amministrazione Comunale di Cerignola e negli ultimi mesi un’accentuata ed evidente escalation del fenomeno criminale nella cittadina di Orta Nova.

    Lasciandosi guidare dal Libro dell’Esodo – «il libro biblico che ci parla del passaggio dalla schiavitù dell’Egitto all’alleanza con Dio del popolo di Israele» – il pastore della Chiesa locale sviluppa un’obiettiva ed efficace analisi della difficile realtà vissuta dalla sua contemporaneità, invitando i diocesani a reagire per la costruzione di «un futuro migliore, fatto di legalità e autenticamente ispirato al bene comune»: «Liberiamo il terreno dal malaffare, dal qualunquismo, dalla superficialità, dalla rassegnazione – è l’accorata esortazione del Vescovo – che sono il terreno di coltura della mafia, come lo sono l’omertà, l’individualismo, l’idolatria del denaro e del quieto vivere», allo scopo di non tradire «le nostre responsabilità di cristiani!».

    La voce del Vescovo non teme di individuare le molteplici e diversificate forme di «schiavitù» mafiose rilevabili nell’economia come fra gli imprenditori, nella politica come nella pubblica amministrazione, senza dimenticare che «anche il semplice cittadino può rubare in svariati modi». L’affannosa rincorsa del denaro, del potere e del successo a ogni costo, infatti, come le «piccole e grandi forme di corruzione», i «modi di uccidere, dall’aborto al diniego del riconoscimento della dignità dell’altro», nonché la moda della «calunnia» e il «modo di giudicare gli altri, soprattutto sui social network», se da una parte favoriscono il «controllo dispotico dell’economia» e gli «assalti continui alla democrazia», dall’altra minacciano il «retto funzionamento dell’amministrazione della cosa pubblica»». Una denuncia chiara che fotografa in maniera nitida i chiaroscuri della «“sottrazione” di vita che la mafia sta “regalando” alla nostra terra», per contrastare la quale occorre ripartire dalle «nostre coscienze» e dai «nostri stili di vita», allo scopo di “passare” – illuminati dai colori della Pasqua – «dalla schiavitù alla libertà dei figli di Dio».

    Non è, quindi, un caso se le pagine finali del più recente intervento del magistero del Vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano invitano, in forma pastorale e pedagogica, a un meditato «Esame di coscienza» su argomenti che, nella loro incisività, si rivelano attenti al territorio, individuando nel progetto formativo di san Giovanni Bosco (1815-1888) -sintetizzato dal principio «Buoni cristiani e onesti cittadini» e dalla «Politica del Padre Nostro» – la guida per una cittadinanza pregna di “umanesimo educativo”, capace di sostituire alla solitudine dell’“io” tipico della cultura mafiosa l’armonia del “Noi” comunitario: «Qualcuno – scrive il Vescovo – potrà ricevere una grande grazia, quella di scoprire che è connivente con la mafia in una maniera forte. Non si senta un reietto, uno scarto, un irrecuperabile! La conversione è una grande grazia». A questo proposito, Liberiamo la speranza è il titolo del progetto ideato dalla Caritas diocesana per la Quaresima di quest’anno, realizzato in collaborazione con l’Ufficio Esecuzioni Pene Esterne del Tribunale di Foggia, teso al reinserimento di quanti, dopo aver commesso un reato, volessero rimediare alle conseguenze delle proprie azioni con il “passaggio” nel mondo del lavoro, dell’impresa sociale e della cooperazione. Non soltanto, quindi, riflessioni utili ad accompagnare i fedeli durante il cammino quaresimale, ma anche – e soprattutto – un chiaro indirizzo carico di dottrina sociale della Chiesa, cadenzato dai riferimenti al Catechismo della Chiesa Catechismo; sostenuto della voce del cardinale Matteo Zuppi, prete di strada e arcivescovo di Bologna; redatto alla scuola di papa Francesco, secondo il quale, come si legge nel suo più recente Messaggio per la Quaresima, «La Pasqua di Gesù non è un avvenimento del passato: per la potenza dello Spirito Santo è sempre attuale e ci permette di guardare e toccare con fede la carne di Cristo in tanti sofferenti».

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