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    L’omelia del vescovo Mons. Luigi Renna durante la Messa Crismale

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    Pubblichiamo di seguito e integralmente, l’omelia pronunciata dal vescovo della diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano, Mons. Luigi Renna, durante la Messa Crismale.

    Carissimi fedeli tutti,

    carissimi presbiteri, diaconi, religiose e religiosi,

    anche quest’anno la Messa del Crisma vede partecipi, come laici, solo dei rappresentanti della comunità diocesana e delle religiose. Quell’epifania della Chiesa diocesana, che deve risplendere nella celebrazione odierna, viene in qualche modo ridimensionata per un senso di responsabilità che dobbiamo avvertire tutti in questo momento storico perché il bene possibile che possiamo mettere in atto, cioè evitare il propagarsi del coronavirus, ci veda in prima linea, con gesti di autentica carità sociale. Anche da questa situazione possiamo apprendere un insegnamento importante, care sorelle laiche e fratelli laici: ognuno di voi porta con sé quel “frammento” di comunità e di mondo a cui appartiene. Il primo è il luogo della vostra crescita nella fede e nella comunione, il secondo è quello dove siete testimoni di speranza. Se voi porterete oggi davanti al Signore questi luoghi, con la trepidazione di chi si sente inviato perché consacrato nel Battesimo, noi sentiremo che questi oli spanderanno la loro fragranza e la loro forza oltre le pareti delle nostre chiese. Gli olii santi, che dalla Veglia pasquale fluiranno dalle mani dei presbiteri sul popolo di Dio nella celebrazione dei Sacramenti, divengono anche il segno di una consegna, quella della missione della Chiesa in tutte le sue membra.

    1. Tutti consacrati per consacrare

    Noi tutti veniamo consacrati nel segno di questi oli. Il Vescovo, sul cui capo, nel rito di ordinazione, il crisma fluisce abbondante, per scendere su tutto il corpo della Chiesa diocesana, a realizzare una santa comunione che dalla Trinità Santa arriva fino “all’orlo della sua veste”, cioè raggiunge tutti. “Ecco quant’è buono e quant’è piacevole che i fratelli vivano insieme! È come olio profumato che, sparso sul capo, scende sulla barba, sulla barba d’Aronne, che scende fino all’orlo dei suoi vestiti” (Sal 133): nel rito bizantino della consacrazione del myron (il santo crisma), dopo che il patriarca ha benedetto l’olio, il coro dei vescovi proclama un’antifona, alternandosi con il diacono che canta i versetti di questo Salmo. I Vescovi, in quel rito, invocano il Padre, il Figlio e lo Spirito, e le parole del Salmo si intrecciano con questa invocazione, a significare che è l’Amore del Dio Unitrino che consacra e unisce. Senza questo Amore non solo quell’olio non sarebbe santificato, ma rimarrebbe come rancido in fondo ad una giara, perché non passerebbe attraverso la nostra comunione e la nostra missione. Poi ci sono i catecumeni, il cui petto è unto, per preparare a quella lotta spirituale che il maligno ingaggia con noi per tutta la vita. E ancora i battezzati e i confermati, unti con il sigillo dello Spirito, certezza che il Vangelo sarà testimoniato da coloro che, fortificati dai doni dello Spirito Santo, saranno credenti credibili. Sono ormai animati da quel timor di Dio e da quella pietà che fanno sentire sempre la grandezza della Sua presenza nei misteri della vita e della morte; ripieni di scienza, sapienza, intelletto, consiglio, faranno discernimento su quello che il Signore chiede nelle varie circostanze della vita. E infine la fortezza, miei cari, sarà il dono che chiederemo ancora allo Spirito Santo di donarci quando la testimonianza di fede diverrà più difficile e dovremo andare controcorrente o ci troveremo ad affrontare i martìri quotidiani che la vita ci chiede. Il crisma unge, nel rito di ordinazione, le palme delle mani dei presbiteri, che, per tutta la vita, custodiranno quel sacro lino chiazzato di olio profumato, a ricordare che le loro mani sono fatte per ungere e per dare, mai per trattenere. Sono le mani attraverso cui passerà altro olio dei catecumeni, altro crisma, altro olio degli infermi, sulle membra del popolo di Dio. Oggi vogliamo ricordare che cinquant’anni fa il Crisma ha unto le mani di fra’ Clemente Totaro ofmcap, con il quale ringraziamo il Signore; oggi vogliamo anche ricordare don Potito Gallo e don Claudio Visconti, che lo scorso anno a Pentecoste erano qui a celebrare con noi la Messa Crismale e che oggi, nella Gerusalemme celeste, con don Vito Orlando SdB, don Cosimo Semeraro SdB e il diacono Giovanni Cucchiarale, sono partecipi della liturgia celeste, insieme a tutti i nostri cari defunti. Ieri, cari fratelli presbiteri, ci siamo soffermati a riflettere sul ministero della consolazione, che per voi si traduce nella celebrazione dei Sacramenti e in modo particolare di quello della Riconciliazione. Oggi viene benedetto un olio che è destinato ad un altro sacramento di guarigione e consolazione: quello degli infermi. È un sacramento un po’ dimenticato, anzi di esso si ha un certo timore perché lo si considera ancora una estrema unzione, per quando non c’è più ormai nulla da fare e sta per sopraggiungere la morte. Nell’anno pastorale 2013-2014, in una bellissima lettera pastorale che fa parte del Magistero episcopale di questa nostra Diocesi, monsignor Felice di Molfetta ci parlava dell’unzione degli infermi, invitando a riscoprirne il senso pasquale e dando il titolo eloquente a quella sua lettera: “La mano carezzevole di Dio”. Sentiamo in questo momento di aver bisogno più che mai di questa Mano di Dio, in un ministero ed una missione che scaturiscono dal grembo di Amore della Trinità Santa, fluiscono attraverso i sacramenti e raggiungono, “ungendolo” di consolazione, il mondo intero traumatizzato dalla pandemia, ma desideroso di risollevarsi.

    2. Dalla Trinità, ogni consolazione

    Nel rito di benedizione dell’olio degli infermi invocherò tra poco la Trinità Santa, facendo memoria della consolazione che le Tre divine Persone donano in un unico progetto di salvezza: “O Dio, Padre di consolazione, che per mezzo del tuo Figlio hai voluto recare sollievo alle sofferenze degli infermi, ascolta la preghiera della nostra fede: manda dal cielo il tuo Spirito Santo Paraclito su quest’olio”. Dio è Padre di consolazione: come non pensare alla pagina dell’evangelista Luca in cui nel Getsemani appare un angelo, un messaggero del Padre, che conforta Gesù angosciato (cf Lc 22,43)? E come non ricordare Gesù che, passando per le strade della Palestina, consola e guarisce persone affette da ogni tipo di infermità? Lo Spirito Santo, Colui che Gesù promette, viene chiamato con un nome quasi intraducibile, Paraclito, dal greco para-kaleo, cioè “colui che è chiamato vicino”: è chi sta accanto all’accusato, ma anche accanto a chi è solo e soffre. Il nostro Dio, Padre, Figlio e Spirito Paraclito, ci sta vicino attraverso il segno di quest’olio nel Sacramento dell’unzione, ma anche attraverso un ministero di consolazione che oggi più che mai è necessario riscoprire nella nostra missione ecclesiale. La liturgia di benedizione chiede che quanti saranno unti da quest’olio “ottengano conforto nel corpo, nell’anima e nello spirito, e siano liberati da ogni malattia, angoscia e dolore”. Queste parole danno spessore alla consolazione, perché non la riducono ad un’azione che lenisce senza curare, asciuga le lacrime senza preoccuparsi se spunteranno ancora, usa i pannicelli caldi dove occorre un intervento chirurgico per asportare ciò che va in cancrena. Dona conforto e libera: due verbi che, nella Bibbia, hanno per protagonista anzitutto Dio e il Suo Messia. Cari fratelli presbiteri, la ricchezza del Sacramento dell’unzione degli infermi e quell’olio santo ispirino il nostro stile di ministri ordinati, chiamati ad essere uomini della compassione, della cura e della consolazione, in ogni circostanza.

    3.I laici e il loro servizio di consolazione

    Ma permettete che mi rivolga a voi, popolo di sacerdoti, voi battezzati, fedeli laici, e voi religiose, che seguite il Signore nella via dei consigli evangelici per vivere in pienezza la vostra consacrazione battesimale. Anche voi siete chiamati a portare la fragranza di quest’olio non nella celebrazione di un sacramento, ma nell’unzione di consolazione di cui il mondo ha bisogno. In questo “ospedale da campo” che è la Chiesa, voi siete chiamati a portare un ministero che è così molteplice, quanti vari e diversi sono i luoghi in cui voi vivete ed operate perché ovunque c’è da consolare. Il Concilio Vaticano II, nella Lumen gentium ci dice quanto siete indispensabili: “Ma i laici sono particolarmente chiamati a rendere presente e operosa la Chiesa in quei luoghi e in quelle circostanze, in cui essa non può diventare sale della terra se non per loro mezzo” (LG 33). Pensate: senza di voi, in molti luoghi che diventano sempre più numerosi, ci sarebbe il black out totale della Luce di Dio, e ogni cibo buono della vita, dal nascere al morire, a tutte le attività dell’uomo, diverrebbe insipido. Ogni fedele laico è chiamato a consolare. Nei luoghi di cura, dove silenziosamente e con professionalità molti cristiani si stanno prodigando oltre misura. Nelle famiglie, dove c’è bisogno di sostegno da dare a chi è stato colpito da un lutto reso più drammatico dalle distanze che il Covid-19 impone; dove papà e mamme devono sostenersi a vicenda perché i figli hanno bisogno di vederli parlare, sorridere e sperare insieme: ai figli basta già questo per avere fiducia nella vita. Le nostre famiglie diventino il luogo dove la forza del Consolatore, colui-che-sta-accanto, costruisca, risani, fortifichi. La nostra società ha bisogno di consolazione, di quella che crede in una società più giusta e rispettosa di diritti e doveri, alternativa a chi, in questo momento, continua a cercare un futuro effimero nelle mazzette e in una politica che fa cassa illecita persino sui vaccini, o di chi continua a pensare che una economia e una politica divisive e senza ideali possano costruire le nostre città. Impegnarsi per una economia più equa, per una politica lungimirante e attenta ai reali problemi che sono la famiglia, il lavoro, la dignità degli immigrati, la distanza decisa e severa dai maneggi della malavita: questo significa consolare questa umanità. E come non guardare a quel ministero di consolazione che è la vicinanza ai poveri delle nostre comunità che, nella Caritas e nelle associazioni di volontariato, vedono voi, cari laici, i consolatori discreti di tante povertà e solitudini? Non saremmo “sale della terra” senza di voi! C’è un ministero della consolazione che si accompagna a quello dei ministeri istituiti: mi raccomando, cari ministri straordinari della Comunione, con il Corpo di Gesù portate la tenerezza di una parola, il calore di una presenza che riempie tante solitudini! Cari fratelli laici, non aspettate un mandato particolare del vescovo e del parroco per consolare i vostri fratelli e sorelle: esso è già “compreso” in quella unzione del giorno del Battesimo e della Confermazione. Ricordatevi che il primo verbo di chi evangelizza, ci ha ricordato papa Francesco nella Evangelii gaudium, è primerear, prendere l’iniziativa: “La comunità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore (cfr 1 Gv 4,10), e per questo essa sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi. Vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia, frutto dell’aver sperimentato l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva. Osiamo un po’ di più di prendere l’iniziativa!” (EG 24).

    4.Donne e giovani, avanguardie di consolazione

    Ed ora permette che mi rivolga a due porzioni del popolo di Dio: le donne e i giovani. Care donne, abbiamo tutti gioito nel ricevere il Motu proprio “Spiritus Domini” con il quale papa Francesco ha aperto la strada per il conferimento dei ministeri del lettorato e dell’accolitato anche a voi con queste parole: “…tali ministeri laicali, essendo basati sul sacramento del Battesimo, possono essere affidati a tutti i fedeli, che risultino idonei, di sesso maschile o femminile”. Questo dono vi responsabilizza ancora di più per il servizio liturgico; ma non dimenticate che avete un ministero di consolazione che è unico, nelle vostre famiglie, nelle parrocchie e nella vita religiosa, dove laiche e suore accanto agli anziani nelle Case di riposo, ai ragazzi e ai poveri, si spendono. La vostra femminilità dà un tratto particolare al gesto di consolare. Infine un pensiero a voi, cari giovani: ho voluto a questa Messa un rappresentante per parrocchia, perché con voi vediamo meglio il futuro. State vivendo un momento difficile, ma la pagina di storia che si sta scrivendo vi può vedere protagonisti, già da oggi. Vivete questo tempo senza paura di fare scelte per gli altri, per gli ultimi, per il Signore. Non attendete il futuro semplicemente per tornare alla movida, ma alla vita-che-si-muove davvero, per il bene dell’umanità e del creato, che sono vostri fin da ora. Il modo con cui voi vivete questo presente è esso stesso per noi consolazione e gioia, dono grande di Dio. Siatene consapevoli: siate uomini e donne nuove, che vengono dal futuro per costruire già il presente.

    † Luigi Renna

    Vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano

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