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    Politiche a misura di famiglia, se n’è discusso con il presidente del Forum Nazionale

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    Nella serata di martedì 15 giugno, in streaming, si è svolto l’incontro dal titolo «Quali politiche locali per la famiglia soggetto sociale», promosso dalla Diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano e dal Consultorio Familiare Diocesano “Zelia e Luigi Martin”, in collaborazione con l’Ufficio Famiglia, l’Ufficio di Pastorale Sociale e la Consulta delle Aggregazioni Laicali diocesane. Relatore dell’evento, introdotto da Mattea Belpiede responsabile del Consultorio Familiare – e con gli spunti di riflessione conclusivi offerti dal Vescovo S.E. Monsignor Luigi Renna, è stato il presidente nazionale del Forum delle Associazioni Familiari, Gigi De Palo. Il Forum Nazionale nasce nel 1992 con l’obiettivo di portare all’attenzione del dibattito culturale e politico italiano la famiglia come soggetto sociale. In questo difficilissimo ultimo anno e mezzo, la famiglia è stata la comunità, l’istituzione su cui la tenuta sociale del Paese ha posto le sue basi. Mai come in questa fase storica è importante comprendere quanto non sia un mero affare privato. E se da una parte c’è ancora un vivo desiderio di famiglia, dall’altra c’è però spesso il timore di compiere quei passi decisivi per costituirla, di fronte alla serie di ostacoli che si trova ad affrontare. Di tali problematiche e di quali strade intraprendere per venirne a capo, Gigi De Palo ne ha parlato anche con lanotiziaweb.it. Lo ringraziamo per la disponibilità.

    “La natalità è una questione sociale universale”: è il punto su cui ha posto l’obiettivo durante gli ultimi Stati Generali della Natalità (Roma, 14 maggio 2021, ndr). Può illuminarci sulla questione?

    «Purtroppo lo confermano le statistiche dell’ultimo decennio: mentre le nascite sono calate di un quarto, gli ultranovantenni sono raddoppiati e la popolazione in età attiva si è ridotta di oltre 1,4 milioni. Non si fanno più figli per paura, incertezza, disagio socioeconomico, difficoltà nel conciliare maternità e lavoro, carenza di supporti per la cura e l’Italia rischia di scomparire. Se non riparte la natalità, se non riusciamo a rendere più sostenibile l’equilibrio intergenerazionale crolla tutto, a cominciare dal sistema pensionistico e contributivo. Appare dunque evidente che la natalità è la nuova questione sociale, soprattutto in un Paese in cui bisogna ancora capire che i figli sono un Bene Comune».

    Che ruolo deve giocare la Chiesa in un periodo storico come questo per la famiglia?

    «Chiesa e famiglia devono avere lo stesso profumo: quello del futuro, devono poter respirare e far respirare speranza. Oggi invece è tutto appiattito, tutto al ribasso. Diminuiscono i matrimoni, le vocazioni, la politica è un disastro, i ragazzi vanno all’estero. E diamo la colpa a qualsiasi cosa fuorché a noi: internet, la tv, la massoneria, i gruppi lgbt…Poi metti in fila i dati: quanto dura il percorso per il Battesimo? Tre incontri. Prima Comunione? Due anni. Due per la Cresima. Da otto a dodici incontri il percorso prematrimoniale. La percentuale di giovani in classe nell’ora di religione nelle scuole statali è dell’88%. Poi ci sono le scuole paritarie, i centri di formazione professionale, gli oratori, i movimenti, le associazioni, ovvero una marea di opportunità per parlare a tu per tu con persone di ogni fascia di età e condizione. Quindi, evidentemente la Chiesa deve far arrivare meglio il messaggio oggi. E per Chiesa, intendo tutti noi cattolici. In questo momento storico non si può prescindere dai cattolici. In tutto questo sfilacciamento sono gli unici che possono fare sintesi. Ma non servono politici cattolici, ma cattolici in politica. È la differenza tra un aggettivo e un sostantivo. Tra una qualità appiccicata e un “essere”. Il sostantivo è il cattolico, la politica è una circostanza da vivere. Che testimonianza diamo di Gesù e di quanto è bello dare la vita? L’88% di frequenza alle ore di religione vuol dire tutti. Ma chi dà la vita per annunciare Cristo a questi ragazzi? Don Giussani docet, in questo, no? Lui era un leader, per usare un termine anglosassone. Uno che dà la vita e cambia la storia intorno a sé. Forse quello che oggi manca è anche che ci siano tante persone così, dei leader. Delle persone che si danno in pasto senza mediocrità».

    Una delle battaglie intraprese dall’Associazione da lei presieduta è quella per l’Assegno Unico universale per le famiglie. Può dirci a che punto è, le più importanti novità in arrivo a breve e lungo termine e se si reputa soddisfatto?

    «Ci abbiamo lavorato quattro anni, ma ce l’abbiamo fatta. L’Assegno Unico al momento è una buona norma transitoria e, soprattutto, il primo passo di una “riforma epocale” come l’ha definita il Presidente del Consiglio Mario Draghi agli Stati Generali della Natalità. Siamo molto contenti del fatto che sia cambiata la mentalità. Finalmente il figlio viene considerato un bene comune e le famiglie non sono abbandonate a sé stesse. È un cambio di paradigma. La partita grande sarà adesso arrivare al primo di gennaio facendo una riforma fatta bene, che deve diventare un capolavoro! Per fare questo mancano ancora delle risorse, ma confidiamo nel fatto che tutto il mondo politico, il mondo mediatico, il mondo delle banche e delle imprese, vada in un’unica direzione perché questa è una svolta cruciale per le famiglie italiane. Quindi bisognerà lavorare soprattutto da novembre affinché nella legge di bilancio ci siano le risorse giuste. Noi come Forum monitoreremo la situazione. È prevista una clausola di salvaguardia per fare in modo che nessuno ci vada a perdere. Ma non basta che ci sia un pareggio: tutte le famiglie devono vincere, perché questo Paese riparte, se ripartono le famiglie».

    In conclusione, stiamo andando verso le elezioni amministrative: cosa e quanto può fare anche la politica locale per la famiglia?

    «Sono stato Assessore alla Famiglia e ai servizi educativi di Roma Capitale, quindi so bene quanto anche a livello locale si possa incidere sulle politiche famigliari. Ad esempio noi avevamo approvato il Quoziente Famigliare che, dal punto di vista fiscale, valorizza in modo crescente la presenza di figli all’interno del nucleo familiare. Ci aveva provato anche il comune di Parma. Concretamente questo significava, ad esempio, uno sconto sulla tassa dei rifiuti in base al numero dei figli. Ma le politiche spot e frammentate non servono, come non serve sommare tanti bonus. Piuttosto serve una riforma culturale che consideri la famiglia una risorsa e non solo un costo: così cambieranno veramente le cose».

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