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    Il Vescovo Renna ai candidati: «Distanziatevi dall’illegalità, ascoltate tutti i cittadini»

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    Pubblichiamo di seguito e integralmente il messaggio e l’omelia del vescovo della diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano, Mons. Luigi Renna, in occasione della solennità di san Pietro Apostolo nella giornata di ieri.

    Carissimi Cerignolani,

    mi rivolgo a voi nel giorno festivo dell’antico Santo Patrono della nostra Città, l’Apostolo Pietro, un tempo venerato nella Chiesa Madre e da poco meno di un secolo nel Duomo che, con la sua maestosa cupola, sembra vegliare sulla Città e sul suo vasto territorio. Vi scrivo a pochi mesi dalle consultazioni elettorali durante le quali i cittadini sceglieranno la nuova Amministrazione Comunale, dopo il lungo periodo di guida dei Commissari Prefettizi in seguito allo scioglimento della precedente per infiltrazioni mafiose. È un momento di grande corresponsabilità, al quale non dobbiamo sottrarci e del quale ognuno deve avvertire la rilevanza. Mentre la giustizia fa il suo corso, non possiamo non guardare con speranza al futuro, attenti ai bisogni di una Città che, con le sue borgate rurali, è fiaccata da tanti problemi, alcuni atavici, acuiti dalla situazione di pandemia dalla quale ci auguriamo di uscire definitivamente. È il momento in cui la società civile, i partiti e i movimenti politici si stanno adoperando per esprimere dei candidati a Sindaco e all’amministrazione, che abbiano davvero a cuore il bene comune. Auspico, come tanti cittadini, un attento discernimento sulle candidature, che sia animato dal buon senso e dal desiderio di essere rappresentati da chi ponga fine alle tante situazioni che frenano lo sviluppo integrale della Città e la sua qualità della vita.

    Il buon senso sappia scegliere uomini e donne che abbiano gli strumenti culturali per una chiara visione di ciò di cui Cerignola necessita, e la rendano protagonista di una ripresa economica favorita dal “Piano nazionale di ripresa e di resilienza”: anche se l’economia non è l’unico indice per indicare lo sviluppo integrale della Città, è tuttavia determinante perché dalla mancanza di investimenti sul lavoro dipende il bene comune. Si parla spesso di questo concetto, presente nella Dottrina Sociale della Chiesa, ma forse poco chiaro a tanti in quella che è la sua accezione nella visione cristiana, sempre rispettosa della laicità delle istituzioni civili. Esso è definito dal Concilio Vaticano II come “l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia alla collettività sia ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente” (Gaudium et spes, 26). Il bene comune non ha nulla a che vedere con l’assistenzialismo che aiuta la gente per renderla dipendente dai suoi “benefattori”, nello stile delle associazioni mafiose, ma “promuove” delle condizioni affinché ogni persona possa realizzarsi socialmente, culturalmente e professionalmente. La Dottrina Sociale della Chiesa afferma anche: “Il bene comune non consiste nella semplice somma dei beni particolari di ciascun soggetto del corpo sociale. Essendo di tutti e di ciascuno è e rimane comune, perché è indivisibile e perché soltanto insieme è possibile raggiungerlo, accrescerlo e custodirlo, anche in vista del futuro” (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 164). La “somma dei beni particolari” mette insieme beni egoistici, secondo la logica “spartitoria”, in cui lo stile mafioso e l’interesse di pochi giocano sempre la parte del leone. Il “bene comune” è indivisibile perché non guarda ai benefici di qualcuno, ma di tutti: centro e periferie, città e borgate, zone artigianali e aree rurali. E mi permetto di suggerire ai candidati: assicuratelo sia a chi sosterrà la vostra elezione, sia a chi sarà vostro avversario politico.

    Per questo, cari candidati, permettete che dia voce alle sofferenze dei cittadini, non per chiedere “per qualcuno”, ma per tutti. Chiedere che, nei vostri programmi, sia ben chiara la distanza da ogni forma di illegalità, da procedimenti amministrativi che possano favorire la corruzione e le infiltrazioni mafiose, da ogni tipo di contatto con chi, con i suoi loschi affari, ha ridotto in questo stato la Città. Nei vostri programmi si affermi con chiarezza cosa è l’illegalità, cosa è la mafia e come essa può bloccare la qualità della vita cerignolana. Tacere su questi temi, significherebbe partire col piede sbagliato. Chiedo che vi circondiate di gente al di sopra di ogni sospetto, di persone che non hanno bisogno della politica per vivere, perché non si sentirebbero libere nei confronti del potere. Chiedo che, nei vostri programmi, si prenda a cuore il buon funzionamento della “macchina” amministrativa, senza la quale anche le idee migliori non possono realizzarsi: che a farla funzionare siano persone competenti, presenti nella Città laddove c’è bisogno, sempre creative nello svolgere il proprio nobile lavoro. Chiedo che siate rigorosi, nella collaborazione con le Forze dell’Ordine, per la sicurezza dei cittadini nel centro, nelle periferie e nelle zone rurali; che vigiliate sul commercio “selvaggio” di prodotti di dubbia provenienza, venduti senza licenza o in mancanza delle necessarie condizioni igieniche, sotto lo sguardo mortificato di chi paga spazi pubblici e autorizzazioni per fare il proprio onesto lavoro. Chiudere gli occhi su questo non significa aiutare i poveri, ma incrementare la mentalità del “Fai da te!” che non porterà mai alla crescita della Città. Chiedo che abbiate a cuore il decoro urbano di Cerignola, che è tutt’uno con la natura rigogliosa e stupenda che il Creatore ha dato a questo territorio. Questione ambientale, questione dell’educazione allo smaltimento dei rifiuti, decoro delle piazze e anche delle periferie cresciute senza armonia e bellezza sono aspetti tra loro connessi. Chiedo, a nome dei senza voce, i nostri fratelli immigrati, che portano ricchezza al nostro territorio con il loro lavoro, spesso mal pagato, accoglienza e servizi che permettano loro di lavorare senza doversi piegare alle logiche del caporalato. Questo, e molto altro, è quello che i cittadini di buona volontà chiedono o chiederebbero. Vi prego di ascoltarli.

    E prego voi, cari concittadini, di essere esigenti con chi voterete. Disdegnate gli slogan senza contenuti, non accontentatevi delle briciole, né dei favori personali, ma mirate alto, alla qualità della vita e al bene di tutti. È triste sapere che la nostra Provincia di Foggia, secondo il “report” sulla qualità della vita – frutto di una attenta ricerca dell’Università “La Sapienza” (cfr. Italia oggi, 30 novembre 2020) – occupa l’ultimo posto nella classifica nazionale: il 107mo! Non diamo la colpa solo agli Amministratori degli ultimi decenni, ma anche a noi, società civile. Non gridiamo allo scandalo, come se avessero parlato male della nostra famiglia, ma facciamo un esame di coscienza su come potremo contribuire a far sì che si realizzino positivamente i sette indicatori di questo triste primato: affari e lavoro; ambiente; sicurezza sociale; istruzione; formazione e capitale umano; reddito e ricchezza; reati, sicurezza e tempo libero. Un suggerimento, cari candidati: prendete questi indicatori come obiettivi del vostro programma di governo. E voi, cari cittadini, considerateli come le aspettative su cui puntare. E, forse, cominceremo a parlare di un futuro radioso e solido per la nostra Cerignola. Vi benedico e prego per tutti lo Spirito Santo perché ci illumini.

    † Luigi Renna

    Vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano

    Carissimi fratelli e sorelle,

    carissimi presbiteri, diaconi e religiose,

    quest’anno voglio soffermarmi a riflettere con voi sullo splendido brano degli Atti degli Apostoli che la liturgia dei Santi Pietro e Paolo ci propone come luce per i nostri passi. Si tratta di un testo che parla di un momento difficile per la prima comunità cristiana a Gerusalemme che, dopo il martirio di Stefano ad opera di ferventi Giudei, conosce la persecuzione politica ad opera di Erode. Viene ucciso di spada Giacomo, fratello di Giovanni, e Pietro viene imprigionato. La descrizione di questa situazione di sofferenza ci fa comprendere che quello che accade all’Apostolo è simile a quello che è accaduto a Gesù Cristo: Pietro è imprigionato durante la festa degli Azzimi, come Gesù, e sarebbe stato presentato per il giudizio dopo la Pasqua. Come Gesù deposto nel sepolcro, anche Pietro viene sorvegliato da un consistente picchetto di soldati. La notte prima della condanna, però, Pietro dorme, come Gesù sulla barca che attraversa il lago di Galilea in tempesta. L’Apostolo ha fiducia nel Suo Signore e si sente come un fanciullo in braccio a sua madre. L’angelo del Signore lo libera, così come aveva liberato il popolo di Israele: gli tocca il fianco, come avvenne per Gesù, la cui ferita diventa feconda di vita; gli viene chiesto di cingersi, di alzarsi e di indossare un mantello, come al popolo di Israele la notte di Pasqua, quando fu liberato dal Faraone. Davvero Pietro sente che sono vere le parole che un giorno il Signore gli ha detto: “Le porte degli inferi non prevarranno”. E questa certezza di non essere abbandonati da Dio e di essere continuamente liberati dal Signore la Chiesa la sente in ogni momento storico. Come non ricordare le parole di Dante sul famoso “schiaffo di Anagni”, in cui si ripete per il Papa quello che è accaduto per Cristo:

    ”Veggio in Alagna entrar lo fiordaliso

    e nel vicario suo Cristo essere catto;

    Veggiolo un’altra volta essere deriso,

    veggio rinnovellar l’aceto e‘l fele,

    e tra vivi ladron essere anciso.

    Anche oggi la Sposa di Cristo è fatta oggetto di malintesi, e con lei il Successore di Pietro, il Papa. La Chiesa che stipula un concordato con uno Stato non cerca privilegi, ma la libertà di esprimere la propria fede, le proprie convinzioni sulla vita, sulla famiglia, sulla società, nel rispetto di una laicità che non annulla le differenze culturali, ma le fa convivere rispettosamente. La Chiesa che nutre gratuitamente i suoi tesori più cari, i poveri, nelle mense, nei dormitori, nei luoghi di recupero, non si sottrae ai suoi doveri economici, essendo oggetto di verifica e controllo agli occhi di tutti. La Chiesa che, vituperata nel Successore di Pietro, tende la mano a persone che si riconoscono in varie identità di genere, annuncia la Paternità del Signore a tutti. Cari fratelli, dalla Parola di Dio di oggi impariamo che il nostro Salvatore libera continuamente la Sua Chiesa, come ha fatto per Pietro. Impariamo anche che la comunità di Gerusalemme, mentre l’Apostolo era in catene, elevava al Signore una preghiera che è definita con un avverbio: “insistentemente”. È la nostra preghiera, unanime, serena e fiduciosa, che ci unisce intorno all’altare e ci fa sentire uniti nelle scelte di vita nel mondo, insieme a Pietro.

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