Anche la giornata conclusiva della XIV^ Fiera del Libro di Cerignola registra un gran numero di visitatori a Palazzo Fornari, sia tra gli stand che in platea, confermando come la kermesse organizzata da Oltrebabele sia un appuntamento sentito e partecipato dalla comunità cittadina. «L’edizione di quest’anno ci lascia un bilancio positivo. Oltrebabele cerca di soddisfare le aspettative di un pubblico ormai affezionato e allo stesso tempo eterogeneo – afferma ai nostri microfoni la presidente di Oltrebabele, Margherita Cinquepalmi -. Con Di Battista, Galimberti, La Torre e Zecchi crediamo di aver organizzato un parterre di livello perché il pubblico ha risposto in maniera positiva e propositiva». Le fa eco l’Assessore alla cultura Rossella Bruno, che sottolinea l’importanza del ritorno della Fiera a Palazzo Fornari: «I cerignolani avevano voglia di tornare in questa location. La pioggia non ha bloccato la Fiera, anzi tutti gli appuntamenti, anche quelli “minori”, sono stati sempre partecipati e questo rappresenta un successo enorme per la nostra città».
LA SCUOLA VISTA CON GLI OCCHI DI D’ANDREA E LE POESIE DEGLI ALUNNI DELLA “DI VITTORIO-PADRE PIO”
In mattinata protagonista è il mondo della scuola. Si comincia con la presentazione de “Il supplente. Un anno in Romagna” (Pegasus Edition), ultima fatica letteraria di Nicola D’Andrea, pedagogista e docente di lettere presso l’Istituto “Carducci-Paolillo” di Cerignola, ma anche autore e poeta. Nel suo romanzo, D’Andrea, ispirandosi alla sua esperienza personale, racconta la storia di Domenico Loiodice, giovane laureato in lettere e docente precario in una scuola media della Riviera romagnola. Un racconto che rappresenta uno spunto di riflessione sulla vita e il lavoro di un supplente al giorno d’oggi, e sul ruolo dell’insegnante, non solo come formatore, ma come educatore delle nuove generazioni. Subito dopo diventano protagonisti del palco di Palazzo Fornari gli alunni dell’Istituto “Di Vittorio-Padre Pio”, che hanno declamato delle poesie da loro composte e raccolte in “Il mio mondo è una poesia. Viaggio in versi alla scoperta di sè” (La Plume), primo volume della collana “Poetinfiore”. Curato dalla docente di lettere dott.ssa Tea Paolicelli, il progetto «è nato nel corso di laboratori teatrali organizzati dalla scuola, nel corso dei quali, attraverso giochi e progetti, i docenti hanno avviato alla scrittura i propri alunni, donando loro un’opportunità per esprimersi e raccontare qualcosa di loro».
CERIGNOLA, TRA STORIA E FUTURO
Si passa poi alla storia e alla cultura cerignolana, con la presentazione dei volumi di Domenico Carbone, “Il quaderno di Storia e delle Storie”, e di Franco Conte, “Memorie di guerra. Cerignola 1940-1945”. Due lavori che, con un linguaggio che concilia quello della narrazione e della storiografia, raccolgono e raccontano storie, persone e luoghi del nostro territorio. Cerignola e la sua storia sono stati protagonisti anche del talk promosso dall’Associazione “Il Titolo”, sul tema “Marketing territoriale, obiettivi e strategie”, nel corso del quale si è discusso su come la rievocazione di eventi storici, come la Disfida di Barletta e la Battaglia di Cerignola, possano costituire un viatico per la promozione culturale e turistica locale.
SARA CIAFARDONI: LA RAGAZZA CHE SCRIVE
L’ospite di prima serata è Sara Ciafardoni, giovanissima scrittrice e bookstagrammer cerignolana, considerata un astro nascente della narrativa per ragazzi. Affetta sin dall’età di otto anni da una grave malformazione al midollo spinale, Sara ha trovato nella scrittura una finestra per liberare tutta la sua creatività e la gioia di vivere, che neanche la malattia riescono a fermare: «E’ una vera e propria arma – racconta l’autrice –. In un mondo che corre, la scrittura permette di fermarci. Quando scrivo non lo faccio mai con l’obiettivo primo di pubblicare, ma perché mi da l’opportunità di conoscermi meglio e di riconnettermi con me stessa». Ciafardoni ha presentato al pubblico di Palazzo Fornari “La ragazza che scrive” (Mondadori), romanzo ispirato alla sua esperienza di vita. In un periodo della sua vita connotato dalla fragilità, la giovane protagonista (Luce) crea un suo personaggio immaginario che prende vita nelle pagine di un libro; esattamente come l’autrice ha fatto con sé. «Ho iniziato a scrivere questo libro quando anche io ho dovuto imparare ad accettarmi. Ho dovuto fare un impianto al midollo, e quindi ho iniziato a dialogare con il mio corpo che stava cambiando. Lucia alla fine riesce a trovare la propria strada, io invece sto ancora facendo il mio percorso, ma per portarlo a termine ho la speranza e la gioia che mi date». La morale che Sara vuole consegnare col suo romanzo è che le avversità, anche quelle che appaiono insormontabili, possono essere trasformate in un occasione di crescita: «Per affrontare il dolore non serve a cacciarlo o fare finta che non sia successo niente. Deve essere un compagno, qualcuno con cui convivere. Purtroppo tutti dovremo prima o poi vivere un periodo di dolore, ma ci permette di vedere il bello nelle cose. Ho vissuto così tanto dolore che adesso ho bisogno di cercare le cose belle, nelle piccole cose. Il dolore quindi può diventare un’arma che ci permette di scoprire la bellezza».
FRANCO LA TORRE: L’ANTIMAFIA TRADITA. RITI E MASCHERE DI UNA RIVOLUZIONE MANCATA
La Fiera del Libro si conclude con il dialogo tra Franco La Torre – attivista e cooperante internazionale, figlio dell’Onorevole Pio La Torre, “padre” della legislazione antimafia e vittima di Cosa Nostra – e la dott.ssa Patrizia Rautiis, Sostituto Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Bari. Prendendo le mosse dal suo saggio intitolato “L’antimafia tradita. Riti e maschere di una rivoluzione mancata” (Zolfo Editore), Franco La Torre ha raccontato l’esperienza, l’impegno e il sacrificio di suo padre, ma soprattutto ha affrontato il tema della crisi dell’antimafia oggi, la cui evoluzione, secondo La Torre e Rautiis, non sempre è stata lineare e limpida. «L’Italia non è solo l’unico paese che ha una legislazione antimafia, ma è anche la sola nazione in cui esiste un’antimafia civile – spiega La Torre -. Questo straordinario afflato a me oggi appare tradito, perchè c’è il rischio che il patrimonio fatto da tante associazioni vada perso, perchè siamo troppo frammentati. La divisione fa male all’antimafia, perchè c’è bisogno di un noi per sconfiggere un potere così forte, che sopravvive ancora oggi nonostante la fortissima repressione dello Stato». Le divisioni non sono solo l’unico problema dell’antimafia sociale, c’è anche il pericolo che essa stessa venga infiltrata dalla criminalità organizzata: «Qualcuno ha capito che sull’antimafia ci si può costruire una carriera con la quale nascondere i propri business illeciti. Questo è accaduto col celebre caso di Antonello Montante, un imprenditore che si è costruito un’immagine di paladino della legalità mentre tesseva una rete di potere e corruzione». Di fronte a una crisi dell’antimafia “istituzionale”, secondo la dottoressa Rautiis serve che i “comuni” cittadini facciano loro stessi, isolando il “mondo di mezzo” connivente con la mafia: «Nessuna mafia può sopravvivere senza la connivenza di chi gli sta attorno, per questo si infiltra in qualsiasi modo nel tessuto sano della società, anche in quella che la contrasta. Il che è grave, perché in Italia non accettiamo che le “persone per bene” possano essere conniventi, ma la cronaca giudiziaria ci racconta proprio questo. C’è la mafia, che è un reato, e la mafiosità, l’essere omertosi e il piegarsi ai tentativi di corruzione. Di fronte a tutto ciò, i cittadini devono avere il coraggio di parlare in pubblico della criminalità organizzata. Solo così la si mette all’angolo prevenendone le infiltrazioni, prima ancora che debba intervenire la magistratura».