Si brancola nel buio e si infittisce il mistero intorno all’omicidio di Matteo Di Benedetto, 29enne del posto con precedenti, ferito nella notte di venerdì 22 settembre e deceduto il giorno successivo. La vittima dopo ore di agonia non ce l’ha fatta. Il 29enne era sottoposto all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per il reato di ricettazione, ed era a bordo di un’auto, in contrada Quarto, quando è stato raggiunto da due sicari ai quali non è riuscito a sfuggire. I colpi dei malviventi hanno raggiunto Di Benedetto all’addome. I primi soccorsi al Tatarella e il successivo trasferimento a San Giovanni Rotondo presso Casa Sollievo della Sofferenza per l’intervento non sono valsi a salvare la vita al giovane.
Ora però a preoccupare sono i contorni della vicenda non ancora chiari e i dettagli che via via emergono in un’indagine che gli inquirenti non esitano a definire complessa. Contrariamente a quanto emerso fin da subito la vittima non viaggiava da solo in auto la notte in cui i due sicari lo hanno raggiunto con un suv nero di grossa cilindrata. Di Benedetto era alla guida di un’autovettura non sua e probabilmente – ipotizza chi indaga – non era il vero destinatario dell’agguato. Con lui in auto sarebbero state presenti due persone, che sono riuscite a guadagnare in fretta la fuga. L’idea che non fosse il Di Benedetto l’obiettivo dei killers trova quindi ulteriori conferme: la presenza di altre persone e l’auto non di proprietà condurrebbero alla pista – una delle tante battute – dello scambio di persona. Questa l’ipotesi più accreditata ma non l’unica.
Se infatti l’obiettivo vero fosse, invece, il Di Benedetto, la questione potrebbe riguardare un possibile regolamento di conti. Il giovane 29enne cerignolano gestiva un pub nella vicina Margherita di Savoia e gli inquirenti vogliono vederci chiaro sia nella vita privata che lavorativa. Ulteriore tassello il fatto che chi ha sparato potrebbe non averlo fatto per uccidere. In più, oltre che su Cerignola, si indaga anche nel territorio di Margherita di Savoia per cercare possibili collegamenti con la criminalità salinara. In ultimo, anche i futili motivi sono al vaglio degli inquirenti: una banale lite degenerata, ad esempio.
Sono diversi gli uomini impegnati su un’indagine non semplice, anche perché risulta complicato far riferimento ad eventuali telecamere di videosorveglianza. Non sono molti gli occhi elettronici nella zona dove è avvenuto il fatto e la ricognizione su un quadrilatero a più ampio raggio non è cosa facile, considerato che non vi sarebbero neppure troppi dettagli sulla vettura dei killers. L’ora dell’agguato, in più, complica la possibile acquisizione di eventuali testimonianze.
La preoccupazione maggiore per chi indaga è da un lato che si sia tornato a sparare in un territorio – generalmente – non più fumantino come il resto della Capitanata, dall’altro che a quattro giorni dall’agguato non sia ancora chiaro il movente. (tratto da La Gazzetta del Mezzogiorno)