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    Gli affari della mafia cerignolana

    Dal traffico di droga e armi agli assalti a caveau e portavalori in tutto il Paese

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    E’ la mafia più ricca. La più affaristica. La più variegata per la capacità di diversificare e svariare nel campo criminale. Otto blitz da settembre a oggi, di cui 3 coordinati da procure “forestiere”, e una ottantina di arresti sono la cartina di tornasole. Traffici di droga? Cerignola c’è, grazie ai boss che a Milano sono parigrado dei capi della ‘ndrangheta e in Albania danno il tu ai grossisti. Spaccio al dettaglio? Non manca. Vendita di armi, compresi bazooka? Ha persino cataloghi da mostrare; i primi mitra Kalashnikov comparvero qui negli anni Novanta. Assalti a blindati e caveau? Richiestissima, pure fuori provincia, fuori regione (persino le ‘ndrine calabresi commissionarono un furto da 8 milioni in un caveau di Catanzaro), fuori dai confini italiani (il colpo da mezzo miliardo di euro sventato a Chiasso), con decine di commandi che seguono tecniche paramilitari nello svolgimento del lavoro. Riciclaggio di auto e tir rubati per rivendere le singole parti? Presente, e con possibilità di commercializzare i pezzi di ricambio on line in Europa e una concentrazione in loco di autoricambi e autodemolizioni che in percentuale non ha eguali in Italia. Maxi-furti in depositi e aziende in tutta Italia di pneumatici, generi alimentari, elettrodomestici e qualsiasi merce piazzabile gli sul mercato? Eccola, i ricettatori fanno la fila per incamerare la refurtiva. E per non farsi mancare nulla può contare anche sui rapinatori di banche e sui ladri-bombaroli che sventrano bancomat e postamat.

    Delle tre organizzazioni che compongono “la quarta mafia d’Italia”, le altre due sono “Società foggiana”  e clan garganici, la malavita organizzata cerignolana ha imparato dai propri “errori” pagati a carissimo prezzo negli anni Novanta con l’inchiesta “Cartagine”: 83 arresti il 17 giugno ’94, altrettante condanne a secoli di carcere, una decina di ergastoli. Indagine nata dalla guerra tra clan che lasciò morti e feriti tra le strade, e sfornò una mezza dozzina di pentiti.

    Una mafia che già in quegli anni rifuggiva da cerimonie d’affiliazione (“buone solo per farti scoprire e arrestare” raccontò un collaboratore di Giustizia) ma non da gesti cinematografici, come il bacio in bocca segno di morte che si scambiarono due nemici, giurandosi vendetta a chi avrebbe fatto prima a ammazzare l’altro. Da allora, e sono passati trent’anni, la conflittualità interna è sparita (proprio e grazie alla capacità di diversificare per cui chi tratta droga non va a svuotare caveau, chi cannibalizza auto e camion non mette il becco sui traffici di armi); gli omicidi di mafia in questi 3 decenni a Cerignola si contano sulle dita di una mano; collaboratori di Giustizia manco a parlarne; stop o quasi agli avvertimenti dinamitardi di natura estorsiva; e nel contempo controllo del territorio rimasto saldo; regole sempre ferree nel solco della…. tradizione col divieto di spacciare eroina in città, imposto sin dagli anni Ottanta/Novanta perché le piazze dello spaccio attirano eroinomani inaffidabili per la loro tendenza a spifferare tutto agli investigatori.

    La criminalità cerignolana – se pure un blitz antimafia da queste parti manca dai primi anni del nuovo secolo – fa affari con chiunque si presenti mostrando il contante per acquistare droga, armi, imparare il “know how” del riciclaggio del denaro sporco. Ma risponde “no” (e senza dire grazie) a chi chiede di schierarsi nelle guerre tra clan. Contrariamente a “Società foggiana” e mafia garganica che gli affari li siglano anche nel sangue, prestandosi killer. I criminali cerignolani non si immischiano nelle rivalità da regolare seminando morti. Non per questo violenza e protervia – emblematico il pestaggio di un cittadino come vendetta dopo un banale litigio di qualche giorno prima per questioni di viabilità, svelato dal blitz “Cocktail” del 16 marzo – sono abbandonate. Quelli fanno parte del Dna della parte criminale di una cittadina che, unica nel panorama provinciale, nel 2022 ha registrato un aumento dell’11.1% dei reati rispetto all’anno prima, mentre in Capitanata sono calati del 5.4%, e in particolare a Foggia del 4,3%; a Manfredonia del 5.6%; a San Severo del 16%; e a Lucera del 19%. Più reati, piccoli e grandi, perché qui la frase “il crimine non paga” non ha motivo di essere pronunciata. (TRATTO DA LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO, Redazione Cronaca)

    2 COMMENTS

    1. Come è bello infangare la propria città vero giornalaio? SI DOVREBBE PROVARE SOLO VERGOGNA! E’ vero a Cerignola esiste la criminalità NESSUNO LO NEGA ma mescolare nel torbido non fa altro che far gioire i criminali. Chi ha ideato questo articolo dovrebbe emigrare da Cerignola e andare a vivere in Africa