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    Relazione semestrale DIA: gli accordi criminali dei cerignolani con la ‘Ndrangheta

    Non solo droga, armi e rapine. Lo smaltimento illegale dei rifiuti e l’infiltrazione nel settore dell’agroalimentare “business” sempre più redditizi per i clan locali

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    Organizzata e pervasiva. Può riassumersi in questi termini il ritratto della mafia cerignolana che emerge dall’ultima relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia. Secondo la DIA, rispetto agli anni ‘90 e ai primi anni 2000, «gli equilibri criminali a Cerignola sembrerebbero connotati dal superamento dei tradizionali assetti legati ai due principali clan PIARULLI e DI TOMMASO, una volta contrapposti e ora proiettati verso una ristrutturazione di quel tessuto criminale su nuovi rapporti di forza». Un nuovo ordine interno che ha permesso alla mala del centro ofantino, da un lato, di sviluppare la «capacità di assoggettare il locale tessuto criminale nonostante la molteplicità degli interessi di riferimento», dall’altro, di intessere rapporti con altri sodalizi criminali limitrofi.

    «A Cerignola – spiegano gli inquirenti –, la criminalità predatoria rappresenta un elemento di unione tra le organizzazioni attive nelle province di Foggia, BAT e Bari, generando così una intermedia dimensione delinquenziale tra micro e macro criminalità». In Capitanata, restano dunque solidi i legami con le famiglie Gaeta, di Orta Nova, e Masciavé, di Stornara. Nel capoluogo di regione «la criminalità locale sembrerebbe in rapporti anche con la malavita cerignolana, per quanto concerne la commissione di reati predatori». Con i gruppi criminali della “sesta provincia” invece si è creato un sodalizio incentrato sul traffico di stupefacenti: «Le indagini […] hanno “consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico di diversi soggetti, sia di nazionalità italiana capaci di trasferire ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti sull’asse Cerignola (FG)-Bisceglie (BAT), Bari, Oria (BR), che di nazionalità albanese». Ma non solo. Secondo la DIA, la mafia cerignolana può vantare rapporti e alleanze anche con le ‘ndrine calabresi. Una dinamica criminale preoccupante, già documentata con l’operazione “Keleos” del 2016 e che trova conferma nell’inchiesta “Polifemo”, che ha «disvelato un ambizioso progetto criminale tra un soggetto riconducibile alla cosca di ‘ndrangheta PELLE-GAMBAZZA di San Luca (RC) e un gruppo di pregiudicati cerignolani specializzati negli assalti a furgoni blindati e caveau legati, a vario titolo, ai clan PIARULLI-FERRARO e DI TOMMASO. Tra gli indagati figurano anche esponenti del clan un tempo facente capo ai ROMITO di Manfredonia (FG)».

    Oltre che nei già consolidati “business” del traffico di armi e stupefacenti e degli assalti ai portavalori, la mala locale starebbe operando nello smaltimento illegale di rifiuti. Si registra anche la ripresa del fenomeno del traffico di ecoballe provenienti dalla Campania che appariva interrotto alla fine del 2020: «Destano particolare preoccupazione i recenti rinvenimenti nei territori della Capitanata (in particolar modo quelli ubicati in agro di Cerignola, Cinque Reali Siti e Foggia) ed in parte in Molise (terreni confinanti con la provincia di Foggia), di ingenti quantitativi di rifiuti speciali abbandonati nelle campagne o in aree industriali in disuso». Si conferma inoltre la spiccata capacità della mafia cerignolana di inquinare il tessuto produttivo locale. Le indagini più recenti testimonierebbero anche un’insinuazione nel settore agroalimentare, che «rappresenta per la criminalità organizzata un efficace strumento per la sua affermazione nel territorio, interferendo così nel mercato immobiliare dei terreni agricoli e nella commercializzazione  degli alimenti con il controllo delle catene di supermercati e il condizionamento del prezzo dei raccolti, nonché nella gestione dei trasporti e dello smistamento delle produzioni».

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