Fissata per il 5 giugno davanti al gup del Tribunale di Foggia Antonio Sicuranza l’udienza preliminare a carico di Giuseppe Rendina, 46 anni, bracciante di Trinitapoli, di cui il pm Alessio Marangelli chiede il rinvio a giudizio accusandolo del duplice omicidio premeditato di Gerardo Cirillo di 58 anni e del figlio Pasquale Davide di 27 anni, cerignolani uccisi a colpi di pistola il primo pomeriggio del 30 luglio 2022 nel campo di carciofi che gestivano insieme all’imputato nelle campagne tra Cerignola e Manfredonia. All’origine del delitto un debito di circa 20mila euro contratto da Rendina con Gerardo Cirillo. Il presunto omicida fu fermato il 3 agosto da Carabinieri e Polizia su decreto del pm Alessio Marangelli; 4 mesi dopo, il 26 novembre, chiese d’essere interrogato dal pm e confessò. Il difensore, l’avv. Paolo Ferragonio, chiederà al gup di escludere l’aggravante della premeditazione e processare con rito abbreviato Rendina per ottenere la riduzione di un terzo della pena. La contestazione dell’aggravante che comporta quindi in linea edittale l’ergastolo, è infatti ostativa alla richiesta di abbreviato: da qui la mossa difensiva. Se il gup dovesse concordare col pm sulla sussistenza della premeditazione, rinvierà a giudizio Rendina perché sia processato in corte d’assise; i familiari dei Cirillo si costituiranno parte civile con l’avv. Michele Pio Pierno.
Di Gerardo e Pasquale Davide Cirillo si persero le tracce il pomeriggio di sabato 30 luglio 2022: i familiari dopo inutili tentativi di contattarli, ne denunciarono la scomparsa al commissariato di Polizia di Cerignola, dicendo che alle 10.30 padre e figlio a bordo di una «Renault Captur» si erano recati in un terreno fittato dove avevano appuntamento con un loro collaboratore, tale Giuseppe (si tratterrebbe di Rendina secondo l’accusa). All’alba del 31 luglio, domenica, i cadaveri furono rinvenuti nel carciofeto: quello del figlio era nascosto sotto alcuni tubi per l’irrigazione, quello del padre a un centinaio di metri sempre occultato da tubi. L’autopsia accertò che erano stati uccisi a colpi di pistola.
Le indagini puntarono su Rendina che venne fermato 3 giorni dopo anche sulla scorta di un’intercettazione: all’epoca del duplice delitto il bracciante era intercettato (il suo telefonino funzionava come un registratore sostanzialmente) perché sospettato d’aver ucciso il 12 marzo precedente nelle campagne di Zapponeta l’agricoltore Giuseppe Ciociola, delitto ancora irrisolto. Fu così registrato alle 15.37 del 30 luglio l’esplosione di un colpo di pistola; e mezz’ora dopo alle 16.11 le implorazioni di Gerardo Cirillo: «Ho buttato tutte le cose, Giusè non dico niente a nessuno, Giusè noooo» e poi lo sparo. Secondo la ricostruzione dell’accusa, Rendina prima sparò a Pasquale Davide Cirillo e quando il padre tornò nell’azienda ammazzò anche lui.
Rendina nell’interrogatorio in cui confessò al pm, disse d’aver contratto un debito di 20mila euro per esigenze familiari con Gerardo Cirillo con l’intesa che l’avrebbe saldato dopo aver venduto il raccolto di carciofi; poi il creditore gli chiese di saldare tutto in poche ore, sostenendo che i soldi prestati non erano suoi ma di terze persone che ne chiedevano la restituzione. Gerardo Cirillo il giorno del delitto si allontanò con l’auto dicendo al figlio di rimanere con Rendina, stando alla versione difensiva: quando poi il padre preannunciò il ritorno nel carciofeto, Rendina sparò a Pasquale Davide Cirillo credendo di averlo ucciso; poco dopo sopraggiunse il padre Gerardo con l’auto e in quel frangente il figlio benché ferito uscì dalla casupola dove era stato colpito. A quel punto Rendina sparò ancora al più giovane dei Cirillo e quindi al genitore che tentava la fuga.
Redazione Cronaca
La Gazzetta del Mezzogiorno