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    Nasce a Cerignola l’associazione Adoces “Carlo Bruno”

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    “Dai poco quando doni ciò che hai. Quando doni te stesso, solo allora dai veramente”. Lo sanno bene Lucrezia, Annachiara, Tiziana, Valentina e tutti gli altri animatori della neonata associazione cerignolana Adoces Puglia “Carlo Bruno”. C’è una parola di sei lettere che incrocia le loro storie e che lega con un filo sottile la vita di ognuno di noi con quella di qualcun altro. Una parola spesso abusata ma svuotata del suo significato più autentico, che dovrebbe essere ripetuta ogni giorno come un mantra: “donare”. Donare la speranza ad un ammalato e una giusta informazione e opera di sensibilizzazione è ciò che si propone di fare l’Adoces, Associazione Donatori di Cellule Staminali Emopoietiche. Costituitasi già in Puglia nel 2011, su iniziativa di doMos Basilicata e grazie alla sensibilità di alcune persone impegnate nel volontariato ospedaliero, dalla precedente esperienza, nasce poche settimane fa l’Adoces Puglia “Carlo Bruno”, con sede a Cerignola. L’associazione ha come scopo principale quello di informare sulla possibilità di combattere la leucemia e altre neoplasie del sangue attraverso la donazione e il trapianto di cellule staminali da sangue midollare, periferico o da sangue placentare. La compatibilità genetica è un fattore molto raro e molte persone, che ogni anno necessitano di trapianto, non trovano un donatore tra consanguinei. Per coloro che non hanno un donatore consanguineo, la speranza di trovare un midollo compatibile per il trapianto è dunque legata all’esistenza del maggior numero possibile di donatori volontari tipizzati, dei quali cioè sono già note le caratteristiche genetiche, registrate in una banca dati. Adoces Puglia, anche in linea con la campagna di informazione portata avanti da alcuni anni dalla Federazione Italiana Adoces, a cui aderisce, è impegnata anche nella sensibilizzazione sulla donazione del sangue cordonale e per dare una corretta informazione sulla inutilità della conservazione per uso autologo. Un’opera di informazione e di sensibilizzazione preziosa in un territorio come il nostro.

    Un vastissimo fazzoletto di terra avvelenato da discariche abusive di rifiuti tossici, in cui le malattie tumorali, continuano a diffondersi come una peste e a mietere vittime. Troppe. Si conta che solo sul Gargano e in Capitanata i casi di leucemie mieloidi e tumori alla tiroide siano superiori del 50% alla media nazionale. Dal dolore e dalla rabbia, però, qualche volta nascono dei miracoli. Succede che nomi, volti e storie diverse si intreccino tra loro, impastandosi con lacrime e sorrisi, paure e speranze e che da incontri speciali si riescano a fare grandi cose. A testimoniarlo è Lucrezia Cirsone, neo Presidente di Adoces Puglia “Carlo Bruno”. A guardarla per la prima volta, si stenterebbe a credere che dietro i suoi occhi dolci e il sorriso sempre stampato sulle labbra, si nasconda un dolore atroce, il peggiore che un essere umano possa vivere: la perdita di un figlio. Dieci anni fa Lucrezia ha perso suo figlio Carlo, a causa di una leucemia rara. Da qui la scelta di intitolare in suo onore l’associazione. «Carlo -racconta- era un bambino solare, allegro, vivace. Amante della vita, con tanti sogni. Viene bruscamente catapultato in una realtà che un bambino di 12 anni a stento comprende ma di cui si fa carico coraggiosamente: la malattia. Quella malattia tremenda che spesso non lascia scampo, diagnosticata come tumore. Una cosa che spesso mi viene in mente è una domanda che il primario che aveva in cura mio figlio mi fece: Ma cosa avete nella vostra città che non va? Arrivano troppi ricoveri. Restai muta perché non sapevo. Ora, a distanza di anni, con l’Operazione Black Land, emergono cave di rifiuti e mi chiedo: Allora aveva ragione, aveva intuito bene il Primario? Ora vogliamo ancora stare zitti? Vogliamo non fare nulla? Svegliamoci. Troppe vittime ci sono”. Nel dolore si riesce a fare a meno di tutto tranne che della verità. Allora ci si ribella e ci si aggrappa alla vita con le unghie e con i denti. La rabbia, la commozione, si spogliano della loro retorica banalità e si trasformano in un progetto concreto per combattere la malattia: Adoces Puglia Carlo Bruno. “Dopo anni bui – confessa Lucrezia- ho capito che sarebbe stato inutile isolarmi nel mio dolore e che, anzi, condividerlo con gli altri, specie con altre famiglie che avevano vissuto lo stesso dramma, sarebbe stato terapeutico. Ho scelto, così, di rendere la mia storia personale una testimonianza preziosa per gli altri, denunciando quel muro di omertà, di insensibilità e di indifferenza contro cui ci si scontra quando si vivono tragedie simili. E non ci sarebbe stato modo migliore di continuare a far vivere Carlo, se non prendermi cura di altri bambini che come lui stanno combattendo la loro battaglia più importante, quella per la vita”.

    Con questo spirito, Lucrezia, negli anni, collabora attivamente con associazioni a sostegno dell’oncologia pediatrica come “Un mondo a Colori”, “Arcobaleno Marco Iagulli”, e contribuisce proficuamente alla realizzazione di maratone solidali come “Donare la Speranza aiuta a vivere” e “Un Panzerotto x un Sorriso”, mettendo sempre a disposizione la sua umanità e il suo impegno. Qualche mese fa, lungo il suo cammino avviene un incontro speciale, uno di quegli destinati a lasciare una traccia profonda. “Qualche tempo fa -racconta Lucrezia- ho conosciuto, dapprima virtualmente e poi di persona, Giuseppe D’Alessandro, una delle anime di DoMos Basilicata. Una persona speciale che nella vita ha combattuto coraggiosamente contro la malattia, senza perdere mai il sorriso e l’amore per la vita. E’ stato proprio lui a credere subito in me, a incoraggiarmi e a coinvolgermi nel progetto Adoces Puglia. Mi ha teso la mano e mi ha detto: ‘Abbiamo bisogno di te’. Non potevo dire di no. La sua forza spirituale è stata talmente forte da contagiare tutti noi, senza paura”. E’ così che Lucrezia si mette subito a lavoro e decide di raccogliere attorno a sè un gruppo solido e compatto. Contatta per prime Tiziana, Valentina e Annachiara, le vecchie compagne di scuola di Carlo, delle ragazzine diventate donne, che hanno conosciuto e amato Carlo, accompagnandolo per mano durante la malattia, fino alla morte e suo nipote Andrea. “Chi meglio di loro avrebbe potuto aiutarmi in questa sfida?”- dice Lucrezia.

    “Carlo si è trovato catapultato a soli 12 anni in una dura realtà ma l’ha vissuta da uomo e con dignità – raccontano Tiziana Traversi, componente del Consiglio direttivo di Adoces Puglia e Valentina Biancardi, Tesoriere-. Per noi non è stato solo un compagno di scuola, ma un maestro di vita. Dopo la sua morte non ci siamo più allontanate dalle corsie degli ospedali, dal mondo della malattia, un po’ perchè la vita ha continuato a trascinarci in questa direzione, un po’ perchè crediamo che debba riguardare tutti. Abbiamo sempre cercato, nel nostro piccolo, di dare il nostro contributo e questo grazie a Lucrezia che non smetteremo mai di ringraziare perchè con il suo esempio ci ha arricchito. Carlo ci ha insegnato che non è importante quanto tempo ci viene concesso su questa terra ma come lo trascorriamo. Seguendo le sue orme, vogliamo continuare ad essere vicine a chi vive la malattia e a dare il nostro supporto materiale e psicologico. Qualche giorno fa Carlo avrebbe compiuto 23 anni -aggiungono-. Siamo sicure che lui sia orgoglioso della sua mamma e che possa continuare a vivere in questa associazione e nelle sue opere. Tutto questo grazie a persone speciali come Giuseppe D’Alessandro, Antonio Lombardi e Rosa Viola di DoMos Basilicata che ci hanno coinvolto nel progetto Adoces Puglia. Quanto amore ha seminato Carlo! Quanto ancora ne sta seminando a dieci anni dalla sua scomparsa!”. Toccante anche la testimonianza di Annachiara Diciomma, Segretario dell’Associazione. Anche lei una delle più care amiche di Carlo, è una donatrice di midollo osseo. Qualche anno fa, ha vissuto da vicino la malattia della cuginetta, affetta da una grave forma di leucemia curabile solo con il trapianto di midollo. Lei, per fortuna, ce l’ha fatta. “Una mattina ero nel reparto di oncologia pediatrica di San Giovanni Rotondo, dove la piccola era ricoverata -racconta-. Non stava per niente bene in quel periodo, la malattia era incalzante e i tempi stringevano. I suoi occhi imploravano aiuto. In quel reparto gli occhi di tutti quei bambini parlano da soli. Sono stanchi, impauriti, urlano una disperata voglia di vivere. Non sopportavo più il peso della mia impotenza. Così d’impulso, mi sono iscritta al Registro Italiano di Midollo Osseo. Dovevo fare qualcosa, dovevo rendermi utile. Quando ho ricevuto la chiamata del centro trasfusionale di San Giovanni Rotondo per approfondire lo studio del DNA per una probabile compatibilità, ero spaventata, ma mi sentivo rinata. Dopo poco meno di un mese, una nuova chiamata: ‘Annachiara sei compatibile al 100% con un paziente’. Non dimenticherò mai il giorno dell’intervento. Ero agitata ma ero animata da una forza immane. Io non ho fatto altro che assecondarla e lasciarmi trascinare. Il destino di una vita umana era nelle mie mani, non c’era tempo per la paura. Da quel giorno la mia vita è cambiata. Io sono cambiata. Donare il midollo significa generare nuova vita, regalare una seconda opportunità. E istituire questa associazione insieme a Lucrezia è stato un dono di Dio. L’ennesima sfida da accogliere con amore e con coraggio”. “L’amore genera amore” diceva San Giovanni. E’ questo il miracolo della vita che Lucrezia, Annachiara, Tiziana e Valentina hanno vissuto e stanno facendo rivivere. Perchè donare gli organi è un gesto di grande umanità. Significa compiere un dono prezioso che può rappresentare l’unica possibilità di vita per molte persone. Gli ammalati di cancro giocano la loro partita come mediani di centrocampo. Tosti, corrono fino al 90′ minuto e anche oltre, senza arrendersi mai. Prendiamo esempio da loro. Sosteniamoli. Trapiantiamo felicità.

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