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    Capitanata regina delle province pugliesi

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    La Provincia di Foggia non si scioglie. Anzi, perfino, raddoppia. Adesso c’è il “la” anche della Regione Puglia, che nella seduta del consiglio regionale dedicata all’esame della riforma delle Province ha dovuto ammettere che non ci sono margini né tecnici né politici per affrontare il nodo della Bat. Il che significa che stando così le cose, la provincia ofantina dovrà essere incorporata alla provincia di Foggia. Va detto anche che le possibilità che ciò accada sono piuttosto remote, perché la stragrande maggioranza dei comuni che fanno capo alla Bat hanno detto “no” a questa ipotesi, con la sola eccezione di San Ferdinando. Questi comuni hanno adesso la possibilità di chiedere di venire ricompresi nella “provincia metropolitana” di Bari, ma sarebbe un pastrocchio mai visto, in quanto avremmo una città metropolitana che si estenderebbe da Margherita di Savoia a Fasano (comune attualmente nel Brindisino, ma che ha già fatto sapere di voler passare a Bari), con la possibilità che sia soltanto il sindaco di Bari a governare, oltre che il comune della città capoluogo, questo mostra territoriale. La sensazione è che, nonostante la decisione di non decidere del Consiglio Regionale pugliese, i giochi siano ancora del tutto aperti, e che la classe politica e dirigente della provincia di Foggia, che fino ad oggi è rimasta piuttosto defilata sul tema, debba farsi avanti e dire la propria, di fronte ad una prospettiva di riordino istituzionale che per la provincia di Foggia può aprire nuove ed interessanti prospettive, ma che potrebbe anche risolversi in una beffa.

    Per capire l’importanza della posta in palio, è necessario fare un passo indietro, a qualche mese fa, e precisamente alla prima griglia di parametri che il Governo ha messo a punto per determinare le province da tagliare. Quella iniziale prevedeva tre criteri, quella finale due: ma ci soffermeremo sulla prima ipotesi perché è quella che dà maggiormente conto di cosa rappresenti la Capitanata nello scacchiere regionale pugliese e come il suo “peso specifico” sia spesso sottovalutato, dalla classe dirigente regionale. Allora, la prima ipotesi di “cura dimagrante” pensata dal governo Monti prevedeva l’applicazione di tre parametri: la popolazione (almeno 350.000 abitanti), la superficie (almeno 3.000 chilometri quadrati) e il numero dei comuni (oltre i 50). Alla fine è stato stralciato il terzo parametro, ma – ripetiamo – quel che ci preme adesso è vedere come funzionava il sistema a tre parametri.

    IN PUGLIA SOLO LA CAPITANATA POSSIEDE TUTTI I REQUISITI
    Per avere la conferma dello “status” di provincia occorreva possedere almeno due dei tre requisiti. Ma la Capitanata li detiene ad abundantiam, tutti e tre: la popolazione ammonta a 627.007 unità, la superficie a 6.966 chilometri quadrati e i Comuni a 61. Il dato statistico più impressionante è quello che riguarda la superficie: si sapeva da tempo che la Capitanata figurava ai primissimi posti della graduatoria nazionale, ma il calcolo non era stato aggiornato alla luce dei diversi rimaneggiamenti che le Province hanno subito negli ultimi tempi, a causa dell’istituzione di nuovi enti intermedi. Lo stesso Ente di Palazzo Dogana ha perduto tre comuni, cedendoli alla Bat. Nonostante questi rimaneggiamenti territoriali, anzi, proprio in forza di questi, la Capitanata è divenuta la prima provincia d’Italia quanto ad estensione territoriale (al netto delle province autonome, perché la più grande tout court è Bolzano). Insomma, li possiede proprio tutti e a questo punto doveva (e dovrebbe…) ostentarli i galloni per vedere confermato quel prezioso ruolo di raccordo tra un territorio così vasto, una popolazione così consistente ed una così articolata rete istituzionale che ha fatto parlare molti osservatori della Capitanata come di un’autentica provincia regione.

    FOGGIA MEGLIO PERFINO DI BARI E DI LECCE
    La Capitanata stabilisce anche un altro record, che dovrebbe far attentamente pensare tanto la classe dirigente regionale quanto quella provinciale, su come la Puglia settentrionale non sia stata tenuta nella dovuta considerazione fino ad oggi, e come proprio la riforma delle Province possa finalmente cambiare le carte in tavola. In Puglia, è soltanto Foggia a possedere contemporaneamente tutti i tre requisiti. Bari non possiede quello dei Comuni (solo 41), Lecce “cicca” invece il parametro relativo alla superficie (solo 2.759 chilometri quadrati). Le Province di Barletta (più precisamente, la Bat), di Brindisi e di Taranto posseggono soltanto il requisito della popolazione ma non gli altri due.

    NECESSARIO PREPARARSI PER LO SMEMBRAMENTO DELLA BAT
    Per Palazzo Dogana si prospetta insomma un futuro importante, in quanto l’ipotesi di un accorpamento della Bat sembra sempre più verosimile, seppure con i problemi che abbiamo evidenziato all’inizio. Altri sconvolgimenti potrebbero arrivare dall’altra grande novità che attende le province, ovvero la radicale trasformazione che si prospetto per il sistema elettorale che sarà di secondo livello. In questo caso, non si tratta di un semplice progetto ancora in fase di studio, ma di un vero e proprio disegno di legge, che disciplina le modalità di elezione di secondo grado dei Consigli provinciali e dei Presidenti della Provincia. Il nuovo modello elettorale provinciale è di tipo proporzionale, fra liste concorrenti, senza la previsione di soglie di sbarramento e di premi di maggioranza. Ma i cambiamenti più rilevanti riguardano l’elezione contestuale del Consiglio provinciale e del suo Presidente; l’elettorato passivo riservato ai Sindaci e consiglieri, il che significa che sono eleggibili alla carica di presidente della Provincia o consigliere provinciale soltanto i sindaci e i consiglieri comunali. Le cariche di Presidente e Consigliere provinciale saranno, per questa ragione, compatibili con quelle di Sindaco e Consigliere comunale, ma sarà vietato il cumulo degli emolumenti.

    IL REBUS DEL NUOVO SISTEMA ELETTORALE
    Che significa tutto questo in termini politici? Per il momento è impossibile stabilirlo, visto che il disegno di legge non chiarisce alcuni aspetti tutt’altro che secondari, a cominciare da quando esso entrerà effettivamente in vigore, e se la data di elezione del nuovo consiglio comunale coinciderà con quella dei consigli comunali in scadenza. Probabilmente no, proprio per dare modo ai consigli di rinnovarsi, e di rinnovare così la platea degli “eleggibili”. Ma c’è un altro nodo da sciogliere, di non poco conto. La legge prevede una drastica cura dimagrante anche per i consigli comunali, che si adeguano alla nuova aritmetica consiliare man mano che si rinnovano. Se si dovesse votare per il nuovo consiglio provinciale alla sua naturale scadenza (la primavera del 2013) accadrebbe che la platea dei grandi elettori sarebbe composta da una modesta quota di consigli comunali che si sono già rinnovati secondo le nuove regole (e che sarebbero pertanto penalizzati) e da una quota più cospicua di consigli eletti secondo le vecchie regole. Ad ogni modo, sembra evidente che il nuovo meccanismo, privilegiando le amministrazioni comunali, introduca nuovi rapporti sia forza, sia dal punto di vista politico, che da quello, per così dire, geopolitico. Per quanto riguarda il primo aspetto, perfino i più collaudati ingegneri della politica evitano di azzardare previsioni su come possano comporsi le nuove maggioranza di Palazzo Dogana. Da un pezzo non esiste più un quadro politico omogeneo in provincia di Foggia, e per giunta gli assetti dei consigli comunali sono un pulviscolo di liste civiche di incerta collocazione politica. Sarà una bella sfida, su cui graverà l’orientamento dei centristi, destinati – mai come in questa occasione – a fungere da ago della bilancia.

    PER I MONTI DAUNI UNA GRANDE OPPORTUNITÀ
    Ma la sorpresa più grande potrebbe giungere dal livello geopolitico. Se da un lato i consigli comunali con il maggior numero di elettori sono quelli delle città della Pentapoli (Foggia, Manfredonia, Cerignola, San Severo e Lucera), dall’altro la zona che concentra il maggior numero di (piccoli) comuni (21 su 61) è quella dei Monti della Daunia. I piccoli comuni, nel nuovo scacchiere elettorale che si va profilando, sembrano destinati ad avere più di una voce in capitolo, anche perché sentono molto il tema, cruciale per la Capitanata, delle aree interne a rischio desertificazione e non azzardato ipotizzare una “lista dei piccoli comuni”, semmai trasversale, anche in considerazione del fatto che i sindaci hanno dato prova di sapersi mobilitare tutti insieme, al di là delle proprie appartenenze politiche, per raggiungere obiettivi comuni, quanto mai attuali visto che la riforma delle Province pare sia destinata ad allocare agli enti intermedi tute le funzioni di area vasta e che il destino dei piccoli comuni sta proprio nella capacità con cui essi riusciranno a sentirsi area vasta. Il nuovo sistema elettorale sembra insomma aprire prospettive nuove per l’ente di Palazzo Dogana ma anche per tutto il territorio. La nuova prospettiva che si sta aprendo per l’Ente Provincia potrebbe rappresentare, soprattutto per la Capitanata e per la sua intrinseca natura di “provincia regione” una grande opportunità. Speriamo che la classe dirigente ne sia all’altezza.

    Tratto da “Lettere Meridiane” – di Geppe Inserra

    1 COMMENT

    1. Mi spiace per Trani, Barletta e andria dovessero finire in una provincia degradata e povera come quella di Foggia! Auguro ai cittadini di queste città di trovare accoglienza anche presso Potenza , ma Foggia …no!

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