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    Bruno Contrada torna in libertà

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    Primo giorno di libertà dopo otto anni di detenzione. A 81 anni Bruno Contrada torna ad essere libero per fine pena. L’ex funzionario del Sisde era stato condannato per condannato a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa il 25 febbraio 2006, dopo essere stato assolto dalla corte di appello il 4 maggio 2001. Ha poi usufruito dei benefici di legge che in particolare prevedono un bonus sulla pena da espiare di 45 giorni ogni sei mesi in caso di buona condotta.

    Le accuse dei boss Tra i primi ad accusarlo di lavorare a braccetto con Cosa nostra fu il boss Gaspare Mutolo ma ci sono anche Tommaso Buscetta, Salvatore Cancemi e Giuseppe Marchese. Nel maggio del 2007 la Cassazione rese definitiva la condanna. Tra i colleghi di Contrada che diffidarono di lui, c’era anche Boris Giuliano, il capo della squadra mobile di Palermo assassinato dalla mafia.

    La vicenda giudiziaria Contrada diventò investigatore di punta dell’antimafia e più volte ricoprì il ruolo di capo della squadra mobile di Palermo negli anni Settanta. Dirigente poi della Criminalpol, capo di gabinetto dell’Alto commissariato antimafia e, tra gli uomini più importanti del Sisde. L’accusa dei ‘pentiti’ fu quella di passare informazioni a Cosa nostra e di avere consentito la fuga di pericolosi latitanti, come il boss Totò Riina. Arrestato la prima volta il 24 dicembre 1992 e detenuto in carcere fino al 31 luglio 1995, dal 10 maggio 2007 al 24 luglio 2008 rimase nel carcere militare a Santa Maria Capua Vetere; dal 24 luglio 2008 la detenzione agli arresti domiciliari nella sua abitazione di Palermo per il suo grave stato di salute. A giugno scorso la Cassazione, ancora una volta, aveva detto ‘no’ alla richiesta di revisione del processo. Oggi la libertà dopo aver chiuso tutti i conti con la legge. «Si accerterà e proverà che ho servito fedelmente lo Stato e le sue Istituzioni – ha ripetuto in questi anni Contrada -. Ma probabilmente quel giorno lo vedranno i miei figli e nipoti. Chi combatte la mafia rischia il fango».

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