Non ci sono solo i camionisti pronti allo sciopero, il caro carburanti con il balzo dei prezzi del gasolio agricolo ha fatto esplodere i costi orari delle lavorazioni, per cui si spengono le serre e si fermano i trattori nei campi e i pescherecci alle banchine. E’ quanto denuncia Coldiretti Puglia, con il prezzo del gasolio agricolo schizzato mediamente del 115% rispetto a prima dello scoppio della guerra. L’allarme di Coldiretti e CAIagromec, la confederazione degli agromeccanici, in riferimento alla corsa dei prezzi dell’energia, dal gasolio all’elettricità dal gas alla benzina, pesa dai campi alle tavole, passando per logistica e trasporti, con i costi di lavorazione dei terreni cresciuti dal 25% al 100% in più per le normali operazioni nei campi come aratura, rullatura, erpicatura, raccolta e altre lavorazioni, una emergenza proprio alla vigilia delle semine primaverili per garantire la produzione di mais, girasole e soia per l’alimentazione degli animali mentre in autunno le lavorazioni serviranno per il grano duro per la pasta e quello tenero per la panificazione, in una situazione sugli scaffali arrivano i primi razionamenti per le difficoltà all’importazione derivate dalla guerra in Ucraina.
Si stanno spegnendo le serre in Puglia – insiste Coldiretti Puglia – a causa del boom dei costi energetici e del carburante, con gli agricoltori che stanno abbassando le temperature per produrre ortaggi, fiori e funghi coltivati. La produzione agricola e quella alimentare in Puglia assorbono oltre il 10,3% dei 5,578 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep) all’anno dei consumi totali. I rincari dell’energia – sottolinea la Coldiretti regionale – hanno dunque un impatto devastante sulla filiera, dal campo alla tavola, in un momento in cui con la pandemia da Covid si è aperto uno scenario di accaparramenti, speculazioni e aumenti dei prezzi di beni essenziali che deve spingere il Paese a difendere la propria sovranità alimentare. L’effetto dell’incremento del prezzo medio del gasolio – spiega Coldiretti regionale – si sta abbattendo come una tempesta sull’attività dei pescherecci. Fino ad oltre il 70% dei costi che le aziende ittiche devono sostenere attualmente è rappresentata, infatti, proprio dal carburante. Con gli attuali ricavi la maggior parte delle imprese – spiega Coldiretti Impresapesca – non riesce a coprire nemmeno i costi energetici oltre alle altre voci che gli armatori devono sostenere per la normale attività. Per Coldiretti bisogna intervenire sul caro gasolio che rischia di fermare i trattori nelle campagne aumentando la dipendenza dall’estero per l’importazione di prodotti alimentari quando si deve puntare ad aumentare la propria produzione di cibo recuperando lo spazio fino a oggi occupato dalle importazioni che, come dimostrano gli avvenimenti degli ultimi anni, sono sempre più esposte a tensioni internazionali e di mercato che mettono a rischio la sovranità alimentare del Paese.
Nella programmazione a lungo termine diviene necessario creare sinergie tra le risorse della Pac e quelle del Pnrr che puntino a rafforzare la ricerca in campo agricolo – aggiunge Coldiretti – diffondere le tecniche di agricoltura di precisione e conservativa, provvedere a infrastrutture logistiche per ridurre tempi e costi, anche ambientali, dei trasporti, sperimentare subito in pieno campo le TEA. Con il caro benzina – sottolinea Coldiretti Puglia – crescono poi le spese di trasporto con l’85% delle merci viaggia su gomma. In questo scenario pesa il deficit logistico italiano per la carenza o la totale assenza di infrastrutture per il trasporto merci, che costa al nostro Paese oltre 13 miliardi di euro, con un gap che penalizza il sistema economico nazionale rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea. In Italia il costo medio chilometrico per le merci del trasporto pesante è pari a 1,12 euro a chilometro, più alto di nazioni come la Francia (1.08 euro a chilometro) e la Germania (1.04 euro), ma addirittura doppio se si considerano le realtà dell’Europa dell’Est come la Lettonia, la Romania la Lituania e la Polonia secondo l’analisi di Coldiretti su dati del Centro Studi Divulga (www.divulgastudi.it). Gli effetti dell’invasione russa si riflettono – sottolinea Coldiretti – direttamente sulla produzione alimentare, soprattutto a causa dei rincari dei fertilizzanti, legati agli aumenti del gas ma anche alle mosse di Putin che ha deciso di imporre il divieto all’esportazione di nitrato di ammonio, prodotto fondamentale per la concimazione del grano, di cui rappresenta da solo circa un quarto dei costi complessivi di coltivazione. Una decisione assunta per mettere in difficoltà la produzione europea di cereali, fortemente dipendente dalle materie prime estere.
La conseguenza è una riduzione generale – spiega Coldiretti – della disponibilità sui mercati che, oltre a far schizzare in alto i prezzi con rincari di oltre il 170% (da 250 euro/tonnellata a 670 euro/tonnellate), mette di fatto a rischio la produzione europea di grano, a partire da quella italiana. Il nitrato di ammonio viene, infatti, a mancare proprio nella fase decisiva per la crescita delle spighe, diminuendo inevitabilmente la produttività con il taglio dei raccolti. Il risultato è che il 30% delle imprese agricole è costretta a ridurre i raccolti, secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’, con una situazione insostenibile che mette a rischio le forniture alimentari e, con esse, la sovranità alimentare del Paese che è già obbligato ad importare il 64% del grano per il pane, il 44% di quello necessario per la pasta, ma anche il 16% del latte consumato e il 49% della carne bovina e il 38% di quella di maiale. Senza dimenticare il mais e la soia fondamentali per l’alimentazione degli animali e per le grandi produzioni di formaggi e salumi Dop, dove con le produzioni nazionali si riesce attualmente a coprire rispettivamente il 53% e il 73%, secondo l’analisi del Centro Studi Divulga.