Ha riscosso una vasta partecipazione l’incontro con don Maurizio Patriciello – il parroco del quartiere “parco verde” di Caivano (Napoli) che ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale la oggi tristemente nota “Terra dei fuochi” – tenutosi nella serata di venerdì 1° dicembre nel nuovo salone “Monsignor Nicola Lanzi”, presso l’oratorio della Parrocchia Sant’Antonio da Padova a Cerignola. Nell’evento, dal titolo «Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia», il sacerdote campano ha coinvolto gli astanti in un percorso attraverso diversi temi.
Con gli onori di casa del parroco don Carmine Ladogana, si è partiti dalla “Chiesa in uscita” tanto auspicata da Papa Francesco: «Se nessuno di noi esce dal proprio recinto, il mondo si blocca», afferma don Patriciello che, ricordando i suoi trascorsi da paramedico, aggiunge: «La Chiesa dev’essere come un ospedale da campo, pronta ad essere smantellata per portare le proprie cure da un’altra parte». L’emergenza ambientale è un altro tema saliente, con il male diffuso causato dalla Terra dei fuochi e che recentemente ha strappato via un nipote proprio al parroco di Caivano. «Questo è un problema enorme che dimostra tutta la stoltezza dell’uomo. La camorra ha permesso agli industriali criminali del Centro e del Nord di ucciderci!» denuncia don Patriciello, il quale ricorda un incontro sul tema con l’amico don Nunzio Galantino: «Mi disse che in questo territorio avete un problema simile e che bisognava anche qui alzare la voce e darsi da fare».
«Avere fame e sete di giustizia ha oggi lo stesso significato di duemila anni fa, quando Gesù pronunciò queste parole», è quanto afferma don Patriciello a lanotiziaweb.it. «In ogni epoca – prosegue – ci sono battaglie, guerre, soprusi, persone che soffrono per le ingiustizie e per la prepotenza degli altri. C’è bisogno di un popolo di persone, soprattutto della Chiesa e dei figli di Gesù, che si facciano loro portavoce, che portino avanti le loro istanze, le loro proteste, i diritti che non sanno di avere». Sull’essere parroco in una realtà complessa, spiega come «quello che sta succedendo a Caivano è oggi forse la risposta più bella. Si era detto che lì lo Stato non c’è, e ad affermarlo è stato addirittura il Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, ed è tutto dire. Poi però lo Stato si è fatto presente, qualcosa di buono sta succedendo. C’è stato il “decreto Caivano” (legge entrata in vigore il 15 novembre scorso, ndr), che è un programma che la Presidente del Consiglio ha detto di voler estendere a tutte le periferie d’Italia. È bello che il parroco di un quartiere si sia fatto portavoce di gente che non ha voce. È bella anche la comunione che si è creata fra me, Ministro della Chiesa Cattolica, e sia il governo in carica che governi precedenti».
Infine, don Maurizio Patriciello ha affrontato, senza mezzi termini, lo spinoso tema dell’efferata violenza giovanile. Si sono moltiplicati negli ultimi mesi i casi che hanno sconvolto l’opinione pubblica del Paese, dal femminicidio di Giulia Cecchettin alle violenze consumatesi su minorenni a Palermo e proprio Caivano: «Lo stupro di Caivano è allo stesso tempo molto più banale e molto più grave di quanto si possa credere. Non è stata la violenza di un adulto pedofilo su una bambina di 9 anni, ma il perpetrarsi di atti di sessualità compiuti da giovanissimi. Ho detto in questi mesi, diverse volte, che tutto ciò che riguarda i bambini chiama in causa gli adulti. Dove hanno potuto vedere, bambini di 9-10 anni, certe cose? Dai loro telefonini, dove scoprono la pornografia. Chi fa pornografia? Gli adulti. Chi fa affari sulla pornografia? Gli adulti. Chi è consumatore di pornografia? Gli adulti. Poi gli stessi adulti si scandalizzano quando i loro bambini fanno queste robacce, precipitano in un baratro spaventoso. Ho chiesto al Ministro per la famiglia, Eugenia Roccella, un intervento a riguardo. Qualcosa è stato ottenuto, è ancora poco, ma l’istituzione a breve del parental control sui telefonini è un inizio. Le multinazionali del porno – conclude il parroco –, i pornoattori, le pornoattrici sono chiamati anche loro ad un esame di coscienza. Non ho avuto timore, pur sapendo che me ne avrebbero dette di tutti i colori, di chiedere l’intervento degli stessi pornoattori, per far sì che quello che fanno per lavoro almeno non finisca nelle mani dei bambini».