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    Cerignola, la street art di Bifido colora Torricelli

    Ma l’artista lancia un appello all’Amministrazione: “Siate più incisivi nelle periferie”

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    Siamo nel rione Torricelli, più precisamente in Via Urbe, alle spalle del Cercat. Le auto si fermano e i passanti naso all’insù si domandano cosa ci faccia un ragazzo imbracato a venti metri d’altezza mentre armeggia con colla, pennelli e carta da parati sulla parete di una casa popolare. Quel ragazzo è Luca, in arte Bifido, street artist di Caserta che da anni gira l’Italia e l’Europa realizzando murales nelle zone 167 delle grandi città e nei piccoli borghi abbandonati che, come una tela, si prestano alla fantasia dell’artista che li trasforma in opere d’arte. È arrivato a Cerignola nell’ambito dell’iniziativa “Fart-Fatti urbani”, promossa dall’Assessorato alle Politiche Giovanili di Cerignola e dall’Associazione AAD Arte Architettura Design e sta realizzando un murales nell’estrema periferia nord di Cerignola. “Lavoro con la tecnica del paste up – ci spiega Luca – che consiste nell’incollare sulle pareti dei palazzi dei poster sui quali sono raffigurati delle foto che scatto nel mio studio”. Mano a mano che con pazienza e delicatezza Luca srotola e incolla i poster comincia a definirsi un’immagine e i curiosi provano ad azzardare ipotesi sul soggetto e fanno commenti. “La maggior parte dei miei soggetti sono bambini perché sono ingestibili sotto un certo punto di vista e questa cosa mi piace molto. Tuttavia faccio fare loro cose che appartengono al mondo degli adulti”.

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    I tasselli di questo enorme puzzle iniziano a comporsi e sulla parete compaiono due bambini che lottano, uno è un putto, l’altro sta cercando di afferrarlo per le ali: “È la metafora dell’insoddisfazione umana che si trasforma in rabbia nei confronti del divino da cui ci si sente abbandonati”. La rabbia, l’insoddisfazione e il senso di abbandono sono anche le sensazioni che si respirano tra le strade ed i palazzi della periferia: “Trovo questa immagine molto adeguata al contesto. L’angelo non rappresenta solo il divino ma anche lo Stato che in zone come queste è quasi completamente assente”. Proprio in queste situazioni sempre più spesso si ricorre alla street art come opera di rigenerazione urbana, ma, come afferma lo stesso Bifido con un po’ di malinconia e disincantata rassegnazione, da sola non serve quasi a niente: “Anche se questo è il mio lavoro sono abbastanza scettico sulla sua portata. Le persone che abitano qui hanno bisogno di questo, ma soprattutto di altro. L’opera d’arte sul muro è bella ma se i residenti devono vivere senza i servizi primari il mio lavoro rimane fine a se stesso. Incontrare questa opera quotidianamente magari può far star meglio, ma le opere di rigenerazione urbana dovrebbero essere integrate da interventi che vadano oltre l’aspetto estetico”.

    Tuttavia, se si vuole guardare un lato positivo, la street art funziona come una sirena che suona nella notte smuovendo le coscienze della comunità: “L’opera può far avvicinare al quartiere gente che non è di qui spingendo l’Amministrazione a migliorare l’ambiente circostante”. Anche se è veramente triste pensare di portare servizi per esaltare un’opera d’arte prima che per migliorare la vita delle persone. L’opera di Bifido è una macchia vivida di colore che spezza la monotonia talvolta complicata della vita di periferia, ma perché, come chiede l’artista, non rimanga una cattedrale in un deserto di polvere e cemento è necessario che prima o poi anche chi è chiamato ad amministrare decida di “sporcarsi” le mani.

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